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recensioni
SECONDA PARTE DEL REPORT DI EOLO SU CONTEMPORANEO FUTURO
A CURA DI ROSSELLA MARCHI

Guarda le foto di Massimo Bertoni

Eccoci alla seconda parte delle recensioni del Festival di Roma.

OZZ - della mancanza e dello stupore – Kanterstrasse
Questo spettacolo nasce da un progetto digitale interattivo nel quale il celeberrimo classico “Il mago di Oz” di L.F. Baum viene raccontato lasciando al pubblico la possibilità di selezionare le alternative che fanno proseguire la storia in un modo anziché in un altro. Noi abbiamo assistito invece ad una originale versione teatrale che ci ha regalato 50 minuti esilaranti e surreali in cui l’opera viene “tradita”, come accade a qualsiasi opera nel momento stesso in cui viene riproposta. Dorothy è una ragazza che si trova nel libero stato di Oz e disperatamente cerca di ritornare a casa: il suo triste e grigio Kansas. Prima di cominciare il suo viaggio incontrerà una improbabile Strega del Nord che le indicherà la via: dovrà raggiungere la città di Smeraldo e trovare il Mago di Oz a cui potrà chiedere di tornare a casa. Nel suo viaggio troverà altri bizzarri protagonisti che viaggeranno insieme a lei: uno spaventapasseri completamente privo di cervello, un uomo di latta munito di chitarra elettrica senza un cuore, un leone a cui manca il coraggio. Ognuno di loro ha un motivo per andare alla città di Smeraldo: trovare il Mago di Oz e chiedere, rispettivamente, cervello, cuore e coraggio. Si mettono così in cammino e passo dopo passo si raccontano e si conoscono cominciando a fidarsi uno dell’altro. Ed ecco finalmente che arrivano a Smeraldo. Al cospetto del Mago di Oz che si mostra inizialmente in tutto il suo mistero si presenta Dorothy a cui il mago chiede di uccidere la terribile Strega dell’Ovest prima di esaudire la sua richiesta di tornare nel Kansas. Ma dopo aver eseguito la missione ed essere tornata dal Mago di Oz per ricevere la sua ricompensa, per un imprevisto il potente mago si rivela per quello che è: null’altro che un uomo. Racconta infatti di essere atterrato su una mongolfiera e di essere stato immediatamente adorato dagli abitanti di Smeraldo che lo hanno creduto in possesso di poteri speciali. Ma l’unico potere che ha il nostro mago non sarà altro che dare a coloro che chiedono quello che già hanno: il cervello? E’ solo frutto dell’esperienza! Il coraggio? Al leone manca solo la fiducia in sé stesso! Ognuno di noi ha già dentro di sé quello che cerca: deve solo scoprire in quale angolo del nostro essere si sia nascosto. Uno spettacolo che frequentemente strappa la risata, con un ritmo forsennato, aiutato dalla surreale e intelligente scrittura di Simone Martini che ne firma anche la regia e dall’utilizzo sapiente delle musiche che bene si sposano agli scenari psichedelici che i nostri bravi protagonisti, Simone Martini, Alessio Martinoli ed Elisa Vitiello, agiscono. Una drammaturgia interessante, chiave contemporanea di un classico che continua ad offrire spunti creativi e di riflessione.

KAFKA E LA BAMBOLA VIAGGIATRICE – Teatrodelleapparizioni
Accade a volte che la Bellezza scenda giù sulle guance, scorra sul collo ed arrivi al cuore. E poi dal cuore riparta, formi un nodo alla gola e si sciolga, nuovamente, negli occhi. Senza soluzione di continuità. Produzione CSS di Udine affidata, ancora una volta, al Teatrodelleapparizioni. “Kafka e la bambola viaggiatrice” spettacolo per tutti dai 7 anni, è tratto dall’intenso racconto di Jordi Sierra i Fabra riadattato da Valerio Malorni e Fabrizio Pallara. La storia prende spunto da un aneddoto che si racconta sul celebre scrittore: nel 1923 Kafka infatti avrebbe incontrato nel parco Steglitz di Berlino una bambina, disperata per aver perso la sua bambola. Per alleviare quel dolore s’inventerà di essere il postino delle bambole e racconterà ad Elsi, con questo nome l’autore del racconto ha battezzato la bambina, che Brigida, questo il nome della bambola, non è sparita ma è, semplicemente, partita per conoscere il mondo. A riprova di questo darà appuntamento ad Elsi per il giorno dopo promettendole di consegnarle la lettera che Brigida ha spedito per lei. Kafka diventa così davvero il postino della bambola e scrive ogni giorno le lettere che Brigida indirizza alla bambina per spiegarle sia i motivi della sua partenza che raccontarle la meraviglia di tutte le città che incontra. S’intesse così una relazione profonda e particolare tra Kafka ed Elsi che porterà la bambina, si scoprirà poi, a “stare al gioco” dello scrittore con grande riconoscenza. Tutto lo spettacolo è un viaggio dentro e fuori in cui Kafka, un Valerio Malorni di straordinaria bravura, conduce Elsi, una bellissima marionetta ad opera di Ilaria Comisso animata da un’intensa Desy Gialuz, alla scoperta del mondo e all’esplorazione del dolore della perdita come di qualcosa che attiene alla natura stessa della vita. I viaggi di Brigida raccontati nelle lettere di Kafka, evocati dalle struggenti e bellissime immagini video di Massimo Racozzi, scorrono alle spalle dei nostri protagonisti seduti sulla panchina del parco che, lettera dopo lettera, si nutrono della relazione tra due esseri umani così differenti per età e per periodo della vita: una in divenire e l’altra verso il tramonto. Eppure quella relazione non solo è possibile ma è, incredibilmente, necessaria. Ed è proprio assistendo allo svilupparsi di questa relazione che possiamo raccogliere una riflessione più ampia che affiora dallo sguardo: si può riconoscere la spinta alla crescita che lega l’adulto all’infanzia e viceversa, che spinge entrambi a relazionarsi, a trovare istintivamente un terreno comune in cui crescere, in cui la cura, l’attenzione per l’altro si trasformi in qualcosa da prendere e conoscere per sé. Quello che colpisce e commuove delle azioni di Kafka non è la sua generosità nei confronti di Elsi ma come la bambina sia, per lo scrittore, motore di nuove meraviglie che, di conseguenza, accompagnano e alleviano il dolore della bambina. A sua volta Elsi sa che le lettere che riceve non sono scritte dalla sua bambola ma sta al gioco, proprio come gli spettatori bambini fanno quando assistono ad uno spettacolo teatrale, perché attraverso quel gioco e quella relazione cresce ed esperisce. Ed è questo che sembra voler suggerire la divisione dello spazio scenico con la scelta di dedicarne una parte alla casa di Kafka che ci racconta cosa succede nella vita dello scrittore una volta tornato a casa dal parco dopo gli incontri con la bambina, mentre scrive le lettere e nel rapporto con la moglie. La Bellezza nutre ed è frutto di un atto di ricerca del bello per sé stessi. Ed è quando questo avviene all’interno della relazione che accade la magia. Un delicato dono questo spettacolo che quasi, alla fine, ci si solleva dalla poltrona con i piedi a qualche centimetro da terra, con gli occhi riconoscenti e pacificati. Una regia capace di dare il perfetto accento emotivo senza mai esagerare, rimanendo sull’orizzonte del verosimile e non abbandonando mai lo spettatore. Fino ad una fine che non finisce perché troppo grandi finestre ha aperto negli occhi e nel cuore.

RAUTALAMPI – Garofoli/Nexus
Progetto finalista del Premio Scenario Infanzia 2018, “Rautalampi” è il paese finlandese nel quale è ambientata la favola rom di Licia, bambina che vive nel campo nomadi e che traccerà il suo percorso di crescita e di evoluzione attraverso la boxe. Quello che vediamo in scena è uno spettacolo che utilizza in modo davvero interessante molteplici linguaggi, dalla narrazione alla performance all’audiovisivo ma quello che è più interessante ancora è che lo spettacolo sembra il divenire di una scrittura scenica, quasi come se i protagonisti in scena, gli efficaci Laura Garofoli, Nedzad Husovic e Nexus, creassero in quel momento il racconto stesso. Ed invece è tutto sapientemente congeniato per portare lo spettatore nell’esperienza da cui nasce lo spettacolo. Uno spettacolo che è insieme una favola ma anche un documentario che porta al suo interno tutta l’esperienza e le biografie ma anche le autobiografie raccolte nel laboratorio biennale condotto da Nexus e Nedzad con bambine e ragazze del campo rom di via Salone a Roma. Le loro storie s’intrecciano con quella della protagonista: Licia è infatti una grande anima che dentro di sé racchiude le anime di tutte le bambine e ragazze rom di cui incarna le storie nel loro rapporto con la società, con la famiglia, con la scuola. Sarà proprio attraverso la boxe che la nostra protagonista segnerà il suo percorso di crescita e di autodeterminazione. La storia di Licia quindi viene profondamente potenziata grazie all’utilizzo sapiente in scena del materiale biografico raccolto (racconti, registrazioni audio, video etc.) che, raccontando la vita quotidiana di una ragazza rom nel suo rapporto con gli insegnanti, con il mondo del lavoro e con la società in genere, rende straordinariamente efficace la storia cornice di Licia. Nexus conduce il gioco: in scena vediamo il regista, il drammaturgo e l’attore. Non nasconde nulla ma anzi fa del suo creare in scena il punto di forza che porta lo spettatore in una posizione che egli sente quasi privilegiata. E noi riteniamo che quella posizione in cui questo spettacolo riesce a mettere lo spettatore sia molto importante per un pubblico di ragazzi al quale questo lavoro si rivolge: nonostante le diverse esperienze si può riconoscere una rabbia costruttiva comune, un desiderio pieno di energia che spinge e scalpita per trovare la propria forma e la propria identità. “Rautalampi”, nel raccontare senza fronzoli la difficile realtà dei ragazzi rom, trova anche il modo per incanalare la spinta vitale che da essa nasce e che rende universale e riconoscibile il simile sentire.

GIRA GIRA, danza la vita – Teatri Imperfetti/Maria Ellero-Déjà Donné
Spettacolo di danza per bambini dedicato ai più piccoli dai 2 anni, la nuova produzione di Teatri Imperfetti/Maria Ellero e Déjà Donné ma, come succede quando uno spettacolo è fatto ad arte o, meglio, è fatto d’arte, anche un pubblico più adulto può ritrovare il proprio mondo emozionale. Un mondo tondo e bianco dove al centro troviamo un uovo/fagotto da cui nasce una Dea Bimba, la splendida Vittoria Franchina, che gira e gira alla scoperta del mondo in cui si trova. Ma ciò che illumina questo spettacolo e che fa emergere la riflessione è come l’atto di scoprire divenga contemporaneamente anche quello di creare. Ed è così che allo spettatore/essere umano viene restituita quella potenza creatrice che lo caratterizza che il bimbo riconosce immediatamente e che l’adulto riscopre, con un sorriso perché forse aveva dimenticato, di avere. La nostra protagonista ha in mano tutti gli elementi e tutti i colori ed è in grado così di creare il mondo. Così tutto diviene perché lei lo sogna e lo pensa. E’ straordinario come le coreografie di questo spettacolo di Virginia Spallarossa e Maria Ellero, la regia, sempre della Ellero, e le musiche originali di Sergio Altamura riescano a trasmettere la semplicità della forza primigenia. Il processo creativo di conoscenza/creazione del mondo passa semplicemente attraverso la Vita e al suo essere istintivamente viva-ce. E dopo aver creato con bellissime, finissime sabbie colorate gli elementi e gli animali i bambini sono invitati a spostarsi dalla platea nel mondo tondo contornato di piccoli sacchetti bianchi ognuno dei quali contiene ogni sorta di animali ed oggetti, pensati da Mirella Salvischiani. Ed è così che ogni Dio Bimbo e ogni Dea Bimba con il proprio giocare diviene forza creatrice, dono di senso.

MOMO, il dio della burla – Teatro Medico Ipnotico
La baracca del Teatro Medico Ipnotico ci porta questa volta sulla giostra della settimana. Momo, figlio di Hypnos e Notte e Dio della burla, caduto dall’Olimpo sulla terra per aver canzonato gli Dei, va a vivere in baracca e racconta la scansione dei giorni della settimana quasi come fosse, per l’appunto, una giostra. Un testo originale scritto da Patrizio Dall’Argine che rispecchia il peculiare lavoro sui testi a cui ci ha abituato questa compagnia. Questo spettacolo ha avuto una gestazione di quasi tre anni che ne ha visto numerose versioni e, come accade nel lavoro peculiare di questa compagnia, si è modificato nel corso del tempo grazie allo scambio e all’interpretazione dello sguardo del pubblico da parte dell’autore. Il testo in questo caso è poco più di un canovaccio che, in quanto tale, prevede un gran lavoro di improvvisazione. L’interazione con il pubblico infatti è davvero una parte fondante. Il nostro burattinaio, Patrizio Dall’Argine, getta un ponte tra palco e platea che risulta essere fondamentale alla buona riuscita dello spettacolo. Il linguaggio quindi, pur mantenendo tutti i canoni della tradizione, apre così scenari interessanti perché le storie che racconta non sono conosciute e regalano sorprese. Così i personaggi che vediamo, incantevoli marionette costruite da Patrizio Dall’Argine e Veronica Ambrosini, sono personaggi che conservano qualche tratto della tradizione ma sono anche figure contemporanee che ben riconosciamo. Le tematiche affrontate sono anche politicamente schierate chiaramente: come per esempio la scena in cui Schizzo, un meccanico pieno di piercing per l’appunto “schizzato”, intento a guardare il cielo in attesa dell’arrivo degli alieni, viene leso nella dignità da parte di 3 guardie che, a turno, gli porteranno via la cresta, un occhio e la lingua con pretesti assurdi e trincerandosi dietro alla legge. Il sopruso è palese come anche il punto di vista del burattinaio: chi ha il potere non sempre è limpido ma anzi può abusarne e tutti devono mantenere senso critico anche quando l’ingiustizia viene da chi dovrebbe combatterla. E per questo Momo, dopo aver trovato Schizzo ridotto in quelle condizioni, troverà le tre guardie e le colpirà con una gran bastonata. Non risparmia nulla il nostro burattinaio, le scene degli incontri di Schizzo con le guardie sono crude, senza appello e chiedono indirettamente al pubblico di schierarsi. E questo è quello che effettivamente succede grazie ad una sapiente conduzione del gioco da parte del nostro protagonista. Questa ricerca continua di attualizzazione del concetto di popolare apre una breccia importante con il pubblico nella visione di questo spettacolo, stimola riflessioni e al contempo diverte, come accade per gli spettacoli ben fatti, sia i piccini che gli adulti.

ROSSELLA MARCHI

Le fotografie di Massimo Bertoni erano presenti nella prima parte del report.