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VISIONI DI FUTURO ..VISIONI DI TEATRO ......2018
VISIONI DI VISIONI CON UN 'INTERVISTA A BRUNO CAPPAGLI.

Dal 23 febbraio al 4 marzo 2018 il Teatro Testoni Ragazzi di Bologna ha ospitato la quattordicesima edizione del primo festival di teatro ragazzi della stagione, “Visioni di futuro, visioni di teatro…” .

Dieci giorni dedicati al teatro per i bambini da uno a sei anni proveniente da tutto il mondo con 25 spettacoli presentati in 50 repliche da 21 compagnie (13 straniere, di cui quattro provenienti da India, Singapore e Giappone) 13 laboratori per educatori e insegnanti sul rapporto tra arte ed educazione, 4 conversazioni e 2 conferenze con diverse prime nazionali, debutti, presentazioni di studi e un ampio spazio dedicato alla danza.


Il 23 e 24 febbraio il festival ha ospitato due momenti dincontro tra il network Small Size e il nascente The Young Dance Network. Due giornate, fra laboratori e meeting, riservati a 20 artisti professionisti selezionati tramite una call internazionale da Young Dance Network, nuova associazione artistica internazionale per chi opera nella danza per l’infanzia.

Le conferenze hanno proposto riflessioni sull’approccio educativo alla scienza con “L’Infanzia, l’arte e la matematica” e sul tema delle pari opportunità educative e culturali con Alterità e Diversità, in collaborazione con l’Istituzione Educazione e Scuola del Comune di Bologna.

Quattro gli incontri “Scientifico! Un percorso di coproduzione,Un rete latino-americanasulla volontà di istituire un network per la prima infanzia in Centro e Sudamerica,Wide Eyes, il racconto di unesperienzasul progetto europeo Small Size eBaby theatre in Giapponesulla storia e lo sviluppo del teatro per la prima infanzia in Giappone .

Anche quest’anno tornano le co-produzioni Wide Eyes, azione del progetto Small size, performing arts for early years. per la diffusione del teatro per i più piccoli finanziato dal programma Creative Europe dell’Unione Europea. Le quattro produzioni, provenienti da Austria, Germania, Italia e Svezia, partono dall’esigenza comune di raccontare la poetica dello stupore e lo sguardo dei bambini, dopo anni di ricerca in comune fra le compagnie.

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Nei due giorni di permanenza al Festival abbiamo visto per la prima volta uno degli spettacoli più segnalati della stagione precedente Una storia sottosopra” dei padroni di casa della Baracca con Andrea Buzzetti e Carlotta Zini, dove due personaggi che abitano su piani diversi in un caseggiato, realizzato con abilità inventiva attraverso un semplice trabattello, senza mai incontrarsi, ognuno di loro con interessi diversi,riescono a relazionarsi finalmente tra loro attraverso la fuga di un gatto. Una fuga ricreata attraverso ambienti ridisegnati nel vero senso della parola con maestria da Enrico Montalbani per uno spettacolo senza parole di grande lievità che ci ricorda tanto il maestro Tatì. (Dello spettacolo ci parla più avanti anche Giusi Quarenghi)

Secondo noi ancora da registrare invece,al suo debutto, la nuova creazione per i piccolissimi degli Eccentrici Dadarò  “ Baby terrasu testo e regia di Susanna Baccari, che intende trasportarci in un tempo lontanissimo, dove la terra non era ancora la terra, un tempo e un luogo misterioso agli inizi del mondo, un universo in cui i piccoli possono immergersi e perdersi.

Lo spettacolo vive soprattutto sull' atmosfera creata dai bellissimi oggetti e scene di Marco Muzzolon e sulla vivacità gestuale di Simone Lombardelli e Umberto Banti, componenti però non ancora capaci, per ora, di costruire una drammaturgia in cui tutti gli elementi posti in scena possano avere un'effettiva coerenza, rispetto al bellissimo tema scelto.

Ci è molto piaciuto, dopo averne visto lo studio ancora in fieri a Mantova, che qui ha tenuto conto delle osservazioni proposte in quell'occasione ” Dall'altra parte” di Associazione 0432/ScarlattineTeatro-Campsirago Residenza. Parafrasando le nostre impressioni di allora …. “ Martina Monetti, ideatrice del progetto.... E' lei, infatti, bianca essenza ammaliatrice a condurci dall'altra parte, mentre Anna Fascendini e Giulietta Debernardi si muovono in un cerchio dantesco, attorno al quale si siedono, incuriositi i bambini. E' la terra a fare da protagonista, che ci ricorda che lì, alla fine, riposeremo. E sono le dolci ed eteree parole di Giusi Quarenghi che navigano sopra di essa accompagnate dalla danza e dai movimenti delle due performer ad accompagnare i bambini verso il senso profondo della vita e della morte. Ecco poi un telo leggero che percorre la scena dove prendono vita le ombre, ombre che come in Orfeo ed Euridice, hanno paura di separarsi, nella speranza che un giorno possano ricongiungersi. Perchè ciò che muore non va' mai perso, continua ad esserci nel ricordo di chi rimane, perchè vita e morte fanno parte di un ciclo continuo, inarrestabile di cui la nuda terra è testimone....... Tutti insieme alla fine i bambini si tengono per mano e uno ad uno aggiungono terra alla terra in un rito di condivisione che annulla il dolore.( Dello spettacolo ci parla più avanti anche Nicoletta Cardone Johnson )

Ecco poiImmer./per sempre degli austriaci Toihaus Theater su ideazione e regia di Myrto Dimitriadou con Andreas Simma, Yoko Yagihara e Yorgos Pervolarakis su musiche di Yoko Yagihara, Yorgos Perovlarakis e Gudrun Raber-Plaichinger che spinge gli spettatori di tutte le età disseminati per tutto lo spazio scenico a riflettere sulle grandi domande : perché le arance sono arancio e il cielo è blu? E che colore dovrebbe avere il vento? Dov’è la metà dell’Oceano?Qualcuno sa quanti sono i granelli di sabbia? E cosa c’è dietro la collina? Domande poetiche, senza risposta, ovviamente, che stimolano attraverso le microazioni dei tre performer e delle musiche in scena a riflettere poeticamente su tutto quello che si muove intorno a noi. (Di questo spettacolo ci parlerà Giusi Quarenghi) Ecco poi Kokers ( Tubi) degli olandesi Dadodans/Gaia Gonnelli dove i due performer danzano tra tubi di carta di tutte le dimensioni, creando intrecci tra loro di relazioni e di emozioni.


MARIO BIANCHI


VISIONI DI VISIONI

Abbiamo chiesto a due operatrici, Nicoletta Cardone Johnson di Spazio Teatro 89 di Milano  e Rossella Marchi del Brancaccino di Roma e alla scrittrice e poetessa Giusi Quarenghi di regalarci le loro libere impressioni su alcuni spettacoli proposti al Festival.


I COLORI DELL'ACQUA

di Roberto Frabetti con Giada Ciccolini e Sara Lanzi

luci: Giada Ciccolini e Andrea Buzzetti costumi: Tanja Eick scenografie: Barbara Burgio e Luca Pomi regia: Andrea Buzzetti produzione: La Baracca - Testoni Ragazzi


Parlare dei colori: un argomento classico soprattutto per i piccolissimi. E come non parlare dell'arcobaleno che – fra primari e secondari – di colori ne contiene tanti? Dunque: presentiamo l'arcobaleno. Ma questa volta i colori e soprattutto le emozioni che suscitano, presentati al pubblico anche attraverso movimenti coreografici - la danza sta avanzando a grandi passi negli spettacoli soprattutto per l'infanzia - sono collegati all'acqua che via via, magicamente agitata dalle due interpreti, si colora di arancio, rosso, azzurro, viola,...

Essenziali ed efficaci scenografia e costumi, totalmente bianchi. La prima è un giardino con alberi stilizzati che, a poco a poco, si caricano di sacchetti di acqua colorata e degli oggetti che classicamente simboleggiano i colori ( un'arancia, l'insalata, un pomodoro). I secondi permettono alle attrici di giocare con la luce e mostrare su di essi – all'inizio ed nella conclusione dello spettacolo - lo spettro della luce: l'arcobaleno. Poche parole, movimenti fluidi, luci e colori morbidi, accolgono ed accompagnano gli spettatori nella scoperta dei colori. Momenti divertenti (il verde e l'insalata “brucata”), momenti di maggiore emozione (il rosso ed il cuore-pomodoro ) e momenti di gioco (l'azzurro e il volo delle piume) si alternano adeguatamente, suscitando attenzione nel pubblico dei piccoli e piccolissimi. Uno spettacolo equilibrato nei toni e nella durata, piacevole per tutti. “I Colori dell'Acqua” è una produzione storica della Baracca, ma la rivisitazione ne ha fatto uno spettacolo completamente nuovo, che di quello precedente ha mantenuto solo il rapporto acqua-colori.


DALL'ALTRA PARTE

produzione 0432 Associazione culturale e Scarlattineteatro-Campsirago Residenza

da un’idea di Martina Monetti | di Giusi Quarenghi, Martina Monetti, Giulietta De Bernardi, Anna Fascendini | con Martina Monetti Anna Fascendini, Giulietta Debernardi | drammaturgia Giusi Quarenghi | musiche originali Leo Virgili | costumi di Lorella Bellelli


Ci sediamo, entrando in punta di piedi, ai margini di un cerchio di terra che contiene, al centro, altra terra: quasi spettatori partecipi di un rito magico. Subito la terra è gioco: sparpagliata, gettata in aria, impastata con le mani, usata per rotolarsi (e come ci giocheranno i bambini alla fine!).Terra dalla quale nasce la vita e che è coperta, casa, a chi la vita non ha più. Ed ecco la ritualità che arriva proprio dalla terra, consegnata via via a ciscuno perché la depositi sul mucchio, come nel classico gesto dell'inizio di una sepoltura: un gioco per i piccoli, un simbolo più profondo per i più grandi presenti. In scena tre donne, quasi a ribadire l'importanza della donna nella vita. Donne che narrano la vita e la morte, con la dolcezza delle parole meravigliose e quasi magiche di Giusi Quarenghi; parole (poche) che sottolineano e guidano gesti, azioni e sguardi che mostrano amore per la vita e dicono che la morte non è che una parte di essa.

Difficile parlare della morte nel nostro tempo: un tempo che la nega, così come nega malattia e vecchiaia, relegandole in luoghi appartati, lontano dai viventi. Qui si ha il coraggio ed il pregio di parlarne: con serenità. E con l'attenzione che si deve porre nel presentare un argomento delicato a spettatori delicati, quali sono i bambini.

Un raro spettacolo dove movimento e parole sono poesia, e fluiscono, contaminandosi, senza soluzione di continuità. Dove la vita è terra e parola lanciata, che rimbalza da essere vivente ad essere vivente. Ma la parola è anche il legame con l'altrove, l'aldilà. La parola è (anche) un nome. Ed il finale ricorda l'importanza del non dimenticare IL nome, QUEL nome, quello di chi non c'è – apparentemente – più, di chi è andato “Dall'altra parte”, ma che (come presso gli antichi) rimane vivo fino a che qualcuno ne rammenta il nome.

Per bambini di tutte le età della vita.


NICOLETTA CARDONE JOHNSON



LA UN METRU DE TINE

Compagnia Theatrul Ion Creanga (Romania)


Quanto misura una relazione? “La un metru de tine” ci ha raccontato che una relazione misura 5 metri di….metri! Cinque bianchi “metri” pieghevoli da carpentiere sono infatti tutto quello che questa compagnia rumena, con la regia di Andrea Buzzetti, ha utilizzato per raccontarci la storia di un passaggio interiore: il cambiamento che l’incontro con l’altro porta in ognuno di noi. “La un metru de tine – A un metro da te” ha indubbiamente una grande qualità: quella di poter leggere attraverso la relazione tra i due bravi danzattori, Madalina Dorobanțu e Tudor Morar, l’assunto base di ogni relazione: il percorso di crescita che l’incontro con un altro essere umano porta con sé. I due personaggi potranno dunque essere due amici, due amanti o addirittura padre e figlia a seconda dell’occhio che li guarda agire la scena. Questa è, a nostro avviso, una caratteristica di notevole interesse dello spettacolo : rendere universale l’assunto da cui parte senza legarlo ad un tipo di relazione specifica. Lo spettacolo si apre con Lei raggomitolata su se stessa all’interno di un quadrato formato dai 5 metri a terra. Non c’è possibilità di uscire da quella casa/gabbia che rende tutto spento ma che è comunque pur sempre un porto sicuro. Sarà necessario l’arrivo di Lui, che con un solo gesto aprirà quella gabbia e convincerà Lei ad esplorare ciò che c’è al di fuori del conosciuto. Con grande dolcezza e sfruttando la delicatezza e la poesia del linguaggio della danza, li vedremo correre insieme e costruire un rapporto di fiducia e affetto, trasformando con grande abilità quei 5 metri prima in un palloncino, poi in un cavallo che lui porta al trotto e in una farfalla che si posa sulla spalla e, successivamente, in un ombrello per ripararsi dalla pioggia. La grande tenerezza con la quale Lui accompagna e protegge Lei nelle sue scoperte ci fa propendere maggiormente per interpretare la relazione come paterna e filiale, soprattutto considerando il momento della crisi: dopo aver vissuto tutte queste esperienze insieme infatti, Lui decide che sia arrivato il momento di andare e lasciare dunque che Lei, ormai cresciuta, continui da sola il suo cammino. Non sarà così semplice però abituarsi all’abbandono: la scena che lo vede andar via è straziante e in principio Lei non riuscirà proprio consolarsi. Ma il senso della crisi è proprio quello di rivelarsi come occasione, come ci suggerisce il suo significato etimologico. Ed ecco che Lui ricompare giusto il tempo necessario a renderla consapevole della crescita avvenuta: l’ombra di Lei sul fondale è finalmente grande e lascia indietro quella di Lui che, sempre più piccolo, viene finalmente lasciato andare. La solitudine ora non sarà più quella piena di paure dell’inizio ma una solitudine che ha acquisito consapevolezza e strumenti per poter essere affrontata e diventare nuova base di conoscenza ed entusiasmo per ciò che verrà. Ma le maglie dell’interpretazione non sono così stringenti: questo spettacolo parla anche della perdita e del suo superamento grazie alle proprie forze ma soprattutto al ricordo e alle cose belle che la relazione finita stessa ha lasciato. Ed è così che lo spettacolo riesce nel magico intento di coniugare la semplicità del racconto alla complessità degli argomenti della crescita e della perdita. E, da spettatori, ci sorge spontaneo un pensiero: è proprio facile ricevere un dono quando gli artisti hanno proprio il desiderio di farlo.


ROSSELLA MARCHI


VISIONI, festival internazionale di teatro e cultura per la prima infanzia: bel titolo e bel sottotitolo, onorevoli (qui è pertinente) e soprattutto onorati, nella rassegna curata da La Baracca – Testoni Ragazzi di Bologna.

Eolo mi ha chiesto di scrivere di uno degli spettacoli che ho visto; saranno due (come il primo amore di Vivian Lamarque…).


Dirò di UNA STORIA SOTTOSOPRA (di Andrea Buzzetti, Carlotta Zini e Enrico Montalbani, coproduzione La Baracca e Wide Eyes), dell’incanto mattutino che me ne è venuto e che mi ha poi accompagnato per l’intera giornata. La ragione dell’incanto sta nella leggerezza e precisione con le quali Buzzetti e Zini subito trovano e fino alla fine tengono, come un filo d’aquilone sapientemente guidato dal gioco di mano e di vento, la misura più difficile e più necessaria quando si pensa/fa qualcosa per la prima infanzia: quella tra prevedibilità e imprevedibilità, ad accendersi e calibrarsi reciprocamente. I piccoli cercano stupore e conferma insieme, qb dell’uno e dell’altra; uno solo dei due elementi li prende a intermittenza e li perde per strada. Il passo doppio, invece, fa la danza; e funziona magnificamente, in omaggio al jazz cantato di Satchmo in scena dall’inizio alla fine, anche il ‘rubato’, con gioco tra imprevedibile e imprevedibile sempre in levare, leggero, soave, sorridente. La storia è così semplice e quotidiana da essere vera, vera al punto da mettere sottosopra le giornate, la vita, il mondo, rendendoli via via sorprendenti, buffi, amabili. Il gatto rosso disegnato su carta, così magrittianamente in equilibrio tra esserci e non-esserci, perso e cercato a lungo, si rivela alla fine essere là, dove ci si aspetta che sia, dato che di gatto si tratta, ma anche dove non si è sicuri che sia, dato che di gatto si tratta… perché così sono, gatti e bambini, prevedibili e imprevedibili allo stesso tempo, con il dono e la capacità di essere e non essere dove sono, dove crediamo siano…

La scenografia si accontenta e giova di una struttura metallica, pinze e fogli di carta, da aprire, ripiegare, stendere e riavvolgere per fare paesaggi e racconto, sempre tra conferma e stupore. Andrea Buzzetti e Carlotta Zini sono perfette sagome emotive e narrative, dalla testa ai piedi, al punto che mi sono ritrovata a chiedermi se non fossero disegnati anche loro…


Il mio primo amore erano due…

SEEDS OF MUSIC (di Youichi Usami, con Maho Harada, Masatoshi Harada e Miki Kawanaka, Yamano-Ongakusya di Kawasaki), che coraggiosamente cerca i piccolissimi, dai due anni in giù. Trentacinque minuti per ritrovare la traccia dell’inizio, raccoglierci, ripercorrere il funicolo che ci lega alla vita, ritrovare la placenta, matrice segreta… e rinascere, colmi di pace e di piccole domande cantate, che tali amano rimanere, domande e cantate, perché all’inizio era, e rimane il respiro, anche delle cose, ed è musica.


Il mio primo amore, in realtà, sono tre…

IMMER, piccola finestra teatro-musicale sull’infinito (di Myrto Dimitriadou, con Andreas Simma, Yoko Yagihara e Yorgos Pervolarakis, Toihaus Theater di Salisburgo): un nucleo poetico che pulsa e scorre, intrecciando suoni, gesti, lingue, giochi, petali, sabbia, stelle, numeri, tempo di attimi e tempo profondo, ricordi e domande, domande, mai chiuse, mai consegnate al silenzio, perché sempre aperte e vive, a sollecitare pensieri nuovi: di che colore è il vento? Quanti sono i granelli di sabbia? Dov’è la metà dell’oceano?... Si può andar matti a cercare le risposte; si è perduti se non si prova a cercarne almeno qualcuna…

GIUSI QUARENGHI



PER CONCLUDERE ABBIAMO VOLUTO FARE UNA PICCOLA INTERVISTA A BRUNO CAPPAGLI, NEO DIRETTORE ARTISTICO E PRESIDENTE DE LA BARACCA-TESTONI RAGAZZI TEATRO PER L'INFANZIA E LA GIOVENTU'



LE MIE DIREZIONI A Dicembre sono stato eletto nuovo presidente de La Baracca – testoni ragazzi di Bologna. Questa nomina è stata per me un onore ma soprattutto un riconoscimento importante dopo 32 anni di vita in questa preziosa cooperativa. In questa nuova qualifica il mio lavoro subirà naturalmente un cambiamento forte, ma non per quello che riguarda la direzione della cooperativa. La mia nomina è di fatto una naturale trasformazione dovuta al ricambio generazionale ma al tempo stesso vuole essere anche una dichiarazione di intenti. Scegliere il direttore artistico come presidente è anche dichiarare come l’arte rimanga il nostro motore trainante del nostro fare. Di fatto per quanto mi riguarda, le missioni più importanti rimangono le stesse. Ovvero: un continuo lavoro sul territorio ed una cura assoluta per quello che deve essere la nostra sede. Il Teatro Testoni Ragazzi vuole continuare ad essere un luogo speciale, dove al centro c’è il bambino e la bambina, di qualsiasi età e provenienza. Un luogo pensato e organizzato per accogliere i bambini nel miglior modo possibile. Noi amiamo vedere le scuole e le famiglie vivere questo luogo come un isola accogliente carica di storie, visioni, suggestioni, provocazioni, sogni, parole, mondi, dedicati ai nostri bambini. L’altra missione importante per noi rimane naturalmente la parte produttiva. Ovvero un continuo lavoro creativo dedicato ai piccolissimi fino agli adolescenti. Una ricerca produttiva che non può aver mai fine, che richiede visioni, confronti, sfide,ricerca ma soprattutto cuore. Rimane al centro del nostro percorso creativo l’aspetto emozionale. Vogliamo continuare ad emozionare il nostro pubblico, e per farlo è necessaria una implicazione da parte dei nostri artisti forte e sentita. Il tentativo è quello di continuare a creare spettacoli che siano per prima cosa una nostra necessità ma mantenendo allo stesso tempo una continua attenzione al bambino. L’arte può essere solo arte, ma per noi l’attenzione al bambino rimane sempre forte e ben presente nella fase realizzativa degli spettacoli. In tutto questo è in corso nella nostra cooperativa una continua ricerca di nuovi futuri possibili attori, registi, autori e artisti in generale giovani che davvero abbiano nel loro fare l’obbiettivo vero e sincero di raggiungere i bambini. Nell’immediato futuro vi sono anche alcuni percorsi nuovi o quasi che vorremmo percorrere. Primo fra tutti una maggior sinergia tra il teatro e la danza. A ruota è nostra intenzione costruire un percorso produttivo ricco di collaborazioni con altre compagnie, sia italiane che straniere. In oltre ho il desiderio di riuscire a creare un percorso ricco ed avvincente di una proposta legata alla musica classica, dal sinfonico al lirico. È mia ferma convinzione che gli enti lirici riflettano con i centri di teatro dell’infanzia sulla possibilità di creare percorsi comuni che portino i bambini e i ragazzi ad avvicinarsi alla musica “colta”. Non di meno è per me un grande sogno riuscire a creare percorsi di teatro e musica nell’ambito pop o rock, come per il jazz e il blues. La musica è e deve essere un modo per permettere ai ragazzi di incontrare una propria sensibilità emotiva, che possa aiutare a vedere il mondo con occhi nuovi. Un altro viaggio che vorremmo intraprendere è quello di creare occasioni di riflessione e confronto in merito alla nuova drammaturgia rivolta agli adolescenti. La Baracca da sempre ha un forte seguito di ragazzi giovanissimi, le scuole secondarie sono sempre più presenti nel nostro teatro ed è segno che c’è un bisogno. Un bisogno dichiarato da parte degli insegnanti ma anche dai ragazzi stessi di trovare linguaggi e temi forti che solo il teatro sa restituire con forza e coinvolgimento. Un punto fermo della mia presidenza sarà quello di preservare l’identità di questa compagnia. Un gruppo di persone che si stimano e che lavorano insieme con passione, impegno e serietà, ma anche,come diceva un comandante famoso: “…senza perdere mai la leggerezza.”



L’INFANZIA. Premetto che non ho basi pedagogiche quindi parlo solo come artista che si confronta col bambino ogni giorno. A mio giudizio l’infanzia non è cambiata, naturalmente bisognerebbe analizzare le varie fasce di età. Siamo tutti d’accordo quanto un bambino di 4 anni possa essere diverso da uno di cinque per esempio. Quindi la mia riflessione vuole essere un po generalista, anche per questione di spazio e di tempo. A mio giudizio quello che sta cambiando è la conformazione delle sezioni scolastiche. A Bologna per esempio sappiamo che più o meno il 25% degli alunni è straniero. Questo per me è un vero cambiamento. Un cambiamento che chi come noi fa teatro per ragazzi non può non considerare. Una maggior attenzione sugli argomenti, il modo in cui decidiamo di raccontare, il linguaggio ecc… mentre una mia idea, che non so quanto possa essere corretta, è quella che i ragazzi in generale hanno acquisito, nel corso di questi ultimi 10 anni almeno, una enorme capacità nel collegare e mettere in relazione gli imput che uno spettacolo può raccontare. Personalmente sento che le storie non debbano essere necessariamente costruite da un filo logico leggibile e comprensibile, ma che questo sia compito che al bambino piaccia fare da se. In questo senso trovo l’infanzia molto cambiata, ma questo non significa che non abbia senso raccontare storie nel modo più tradizionale possibile. In oltre, lavorando molto anche negli altri continenti, mi viene da dire che di “infanzia” ne abbiamo di tantissimi tipi e che quindi l’importante sia comunque sempre essere onesti e desiderosi di incontrare sempre il bambino e la bambina qualsiasi sia il suo modo di vivere e di vedere le cose.



IL TEATRO RAGAZZI IN ITALIA. Il teatro ragazzi oggi in Italia? Domanda difficilissima. Non lo so. La sensazione è quella che ci sia un rumore sul fondo che vuole emergere, un bisogno di più scambio e conoscenza sul lavoro degli altri. Ho avuto la fortuna di partecipare al meeting di Assitej Italia a Bologna ed è stato bello scoprire quanto fosse un desiderio comune confrontarsi con le altre realtà, ma non sul mercato, ma sui pensieri, le filosofie e i progetti che bollono in pentola. La mia sensazione è che ci sia un bisogno di uscire dai propri gusci e guardarsi un po di più negli occhi. Per me sono solo segnali positivi. Cosa cambierei? Una cosa , ma è Utopia. Vorrei il teatro per ragazzi in tutta Italia, un teatro che possa raggiungere tutti i bambini, vorrei uno stato che capisca che “I bambini hanno bisogno di teatro” ma davvero!


BRUNO CAPPAGLI