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recensioni
ARRIVANO DAL MARE 2016
IL REPORT DI MARIO BIANCHI e ALFONSO CIPOLLA CON UNA NOTA DI ALFONSO CIPOLLA E STEFANO GIUNCHI

Ed eccoci qui a relazionarvi sulle emozionanti giornate che abbiamo trascorso, seguendo dall'interno la 41esima edizione del Festival Internazionale dei Burattini e delle Figure “Arrivano dal Mare!”, uno dei più antichi Festival di Teatro di Figura, riconosciuto anche a livello internazionale per la sua particolarità e longevità, che si è svolto dal 20 al 25 Settembre 2016 a Gambettola, Longiano, Montiano, e Gatteo, località in provincia di Forlì-Cesena, a Ravenna e Cervia (sede originaria del Festival) dove è stata inaugurata la manifestazione con uno spettacolo degli organizzatori, il Teatro del Drago:” La mirabolante istoria di Fagiolino” con Andrea e Mauro Monticelli che poi, in occasione del festival, sono usciti dalla baracca per diventare, con tutto lo Staff della manifestazione, meritevoli ragazzi tutto fare.

Il Festival, organizzato con grande professionalità e amore in onore delTeatro di figura in tutte le sue varie forme dal Teatro del Drago, guidato da Roberta Colombo, con la paterna, burbera, protezione e collaborazione di Stefano Giunchi, ha ospitato burattinai, marionettisti, direttori di festival,organizzatori, studiosi, critici e amanti del settore, per parlare, discutere, ascoltare, assistere, conoscere e scambiare opinioni su questa antichissima forma teatrale che è stata proposta dalle tecniche più tradizionali a quelle più contemporanee.

E' così che abbiamo assistito ad oltre cinquanta repliche di spettacoli dal vivo, anteprime d'eccezione per adulti e ragazzi, riproposizioni di creazioni storiche mostre, laboratori, seminari e incontri.

Asse portante del festival è stato  il Progetto speciale “Il teatro nelle mani, Burattini, un grammatica antica, specchio dei tempi” a cura di Stefano Giunchi e Alfonso Cipolla, che ha portato a compimento, attraverso una serie di spettacoli e un convegno,, un percorso di ricerca ormai decennale sugli elementi costitutivi e strutturali del linguaggio burattinesco, un linguaggio universale e immediato e, a tutti gli effetti, contemporaneo che fonda le sue origini nella tradizione con i suoi burattini ma che ha la caratteristica di nascere e rinascere continuamente.

Non solo dunque Gianduja, Guignol, Fagiolino, Gioppino, ma anche i più moderni Pirù, Pin Girometta, Areste Paganos, Spazzolino, Tavà, molti dei quali sono stati raccolti in una mostra dal titolo”Neo-nati dalle mani “. Qui sono stati esposti, molti dei personaggi del teatro dei burattini generati nelle baracche, dagli inizi dell’Ottocento ad oggi. Nell'ambito del progetto collegato “I colloqui internazionali” vi sono stati poi interventi di operatori provenienti da tutta Europa.

Di tutto ciò ci parleranno i curatori.

Sabato si è tenuta anche una tavola rotonda assai interessante che ha congiunto dopo tanto tempo le delegazioni nazionali di UNIMA Italia - ASSITEJ Italia- ATF/AGIS per discutere insieme le prospettive comuni.

Il Festival è terminato Domenica 25 settembre con un vero e proprio Carnevale dei burattini che ha visto il Centro Storico di Gambettola, dalle 15 alle 20, riempirsi di baracche e spettacoli, 9 micro-drammaturgie, dove protagonista è stata la paura, in tutte le sue forme e sfaccettature a cui hanno partecipato Gran Teatrino/ Casa di Pulcinella- Teatro Glug –Teatrino dell’Es – CircoCicredi - la Casa degli Gnomi – All’inCirco – Rufino – Teatro Chignolo Guignol e Is Mascareddas. Senza dimenticare che il giorno precedente abbiamo potuto vedere nelle piazze di Gambettola anche, almeno per noi, due inediti, i valtellinesi Zanubrio Marionettes protagonista anche il vispissimo bambino Ulisse in " Cose da Lupi" e un bravissimo Dadde Visconti in “ Che Scotchtura!”

E poi ancora, due mostre “Una vita per le Figure” a cura di Albert Bagno che ha meritoriamente ottenuto, quest'anno il premio più ambito del teatro di figura italiano”La sirena d'oro” e ultima “ Facce da burattinaio” mostra fotografica a cura di Mauro Foli. Ma non basta, si è tenuto anche un Laboratorio per le scuole, a cura di Cà luogo d’Arte, intitolato “Il Peso della Farfalla” ,che ha visto protagonisti una serie di bambini, i quali hanno riflettuto, all'ombra di una grande farfalla, su tema del volo, del viaggio, in compagnia della figura di Ulisse.

Alla fine di ogni giornata, poi, un Manesco Cabaret ha allietato nel dopo festival i nottambuli con brevi sketch, creati da alcuni degli artisti arrivati al festival tra cui il travolgente dodicenne Enea Pignatta.


Il Progetto speciale “Il teatro nelle mani, Burattini, un grammatica antica, specchio dei tempi” a cura di Stefano Giunchi e Alfonso Cipolla è stato esemplificato attraverso diversi spettacoli.

Hanno iniziato gli spagnoli di Titeres Etcétera in “ El Alma del Pueblo” che, attraverso una specie di allegra conferenza con figura, coadiuvata da immagini, ci hanno fatto compiere un viaggio all'interno delle varie tradizioni con al loro centro la figura, e che, ancora oggi, sono così radicate nell'anima dei popoli da essere riproposte ogni anno in eventi particolari, sempre accolte dall'entusiasmo e dalla partecipazione di migliaia di persone. Dall'Italia alla Spagna, alla Thailandia e ovviamente all'Italia. Con questa anomala performance siamo così entrati di petto in manifestazioni diversissime tra loro, accomunate però dall'idea che questa forma d'arte faccia davvero parte dell'anima di ciascun popolo della terra.

Ecco poi la riproposta di figure emblematiche presenti nelle varie tradizioni, il

Théatre Chignolo Guignol con ovviamente Guignol mosso da Gui Baldet, Sirena d'oro 2016, in " Le Déménagement Fantastique ", Eugenio Navarro, anche lui omaggiato quest'anno del Premio che con "Rutinas" propone Malic, personaggio nato all’interno della mitica compagnia “La Fanfarra” che utilizza per parlare la pivetta, come ovviamente fa Bruno Leone che in “Don Pulcinella della Mancia”, coadiuvato da Irene Vecchia nella parte di un pulcinellesco Sancio Panza, in carne ed ossa, ci ha offerto una curiosa versione del capolavoro di Cervantes e non potevano infine mancare Bruno Niemen e il suo Gianduia nel classico “L'acqua miracolosa” e il duo Danielli - Zecchi con i personaggi della tradizione emiliano romagnola.

Le nuove figure erano benissimo rappresentate dal Pirù di Walter Broggini, anche lui insignito della sirena d'oro, nientemeno che da parte di Mimmo Cuticchio, che ci ha ammaliato ancora una volta con il suo Cunto, con la sua terza avventura della tetralogia dedicata al suo personaggio” Pirú e il cavaliere di Mezzotacco” e da Tonino Murru con Areste Paganos in " Anema e coru"

Due gli spettacoli assai diversi tra loro che hanno tentato attraverso veri e propri azzardi di attraversare territori in qualche modo sconosciuti con esiti interessanti anche se secondo noi non del tutto risolti, ma lodevoli di attenzione: Il Teatro Gioco Vita con Donna di Porto Pim e Francesca Zoccarato con Divina.
Il Teatro Gioco Vita, come sappiamo, eccellenza italiana in ambito, non solo europeo nel campo delle Ombre, ad Arrivano dal mare ha presentato “ Donna di Porto Pim” , ballata per attore e ombre, tratta dall'omonimo racconto di Antonio Tabucchi, un progetto per pubblico adulto di Tiziano Ferrari e Fabrizio Montecchi con in scena Tiziano Ferrari, regia e scene Fabrizio Montecchi,oggetti e sagome Nicoletta Garioni, ambientata alle Azzorre. La storia della Donna di Porto Pim “ una creatura lunare, sensuale e ambigua, che rubò l’anima di un baleniere e ne fece un musicista; fino a quando, per riscattare il tradimento previsto, la sconfitta annunciata, la natura assassina di lui pretese un tributo di sangue, e fu la morte per lei” è narrata da un uomo che entra dal palco, immettendola in un atmosfera da sogno ineffabile, contrappuntata dalle pertinenti musiche di atmosfera di Alessandro Nidi e che si avvale di pochissimi elementi di scena un tavolo, una sedia e una parete schermo dove le ombre vengono agite dal vivo.
Come detto progetto meritoriamente ambizioso ma che, secondo noi, non riesce in modo totale ed esemplificativo a fondere la narrazione con il teatro d'ombre.
Francesca Zoccarato ci ha regalato con "Divina" un suo particolarissimo omaggio a Maria Callas, il soprano greco ormai diventato un mito assoluto non solo dell'opera lirica. Attraverso alcune visioni che scaturiscono da una specie di camera delle meraviglie dove è la stessa Euterpe, la musa della Musica a testimoniare con gli elementi del teatro di figura nello stesso tempo la grandezza e la fragilità di Maria, il cui solo nome ha il potere di identificarla.  Gli inizi difficili in Grecia, il corpo troppo grasso, gli amori perduti ed irrealizzabili, il trionfo con Visconti, la solitudine degli ultimi anni, vengono risolti con immagini che non riescono del tutto ad approfondire a tutto tondo un personaggio così complesso, ma il tentativo è lodevole e ha possibilità di netto miglioramento, vista la volontà dell'interprete di avventurarsi in terreni ancora per lei inesplorati.  

Quattro  gli spettacoli che ci hanno mostrato come il Teatro dei burattini è un teatro grande a tutti gli effetti, con cui si può anzi osare quello che in altro modo non si potrebbe osare.

Due gli spettacoli che parlano del dramma dei migranti “ Topolino” del Teatro medico ipnotico e “Soglie” dei sardi “ Is Mascareddas”

Di “Topolino” protagonista dello spettacolo è Sandrone, che per le vacanze ha deciso con moglie e figlio, Pulonia e Sgurghiguelo, di cambiare luogo di vacanza al mare e per l'occasione ha scelto la Grecia. Ma purtroppo al ritorno trova le frontiere chiuse, a causa dei troppi migranti che le vogliono attraversare e con loro i terroristi, ora c'è bisogno del passaporto ed il loro è scaduto, così devono attendere per ritornare in Italia, accontentandosi di dormire vicino alle tende dei tanti disperati che cercano un luogo dove fuggire dalla miseria e dalla guerra.

Ma cosa c'entra Topolino, in tutto questo? C'entra, c'entra ! E' lui che invita il burattinaio a narrare qualcosa di allegro, di uscire dalla realtà per entrare nella fantasia. E cosa c'è di meglio di una vacanza in Grecia? Purtroppo però ormai la realtà ha mangiato la fantasia e la realtà ha inghiottito anche le vacanze da sogno, anche quelle della povera gente come Sandrone, che duro di comprendonio, non capisce quello che gli sta accadendo,mentre il figlio gioca allegro con l'amico siriano che ha appena conosciuto.

Ovviamente, come in tutti gli spettacoli di burattini che si rispettano, si fa' avanti il cattivo, in questo caso uno scafista che offre loro una barca sgangherata, per pagarlo la povera Pulonia si dovrà privare perfino del suo dente d'oro, ma non solo. Partono, ma la barca ovviamente dopo un poco cola a picco e la nostra famiglia rischia di morire, se non che la Morte, perchè anche qui c'è la morte, se non che la morte......

Come suo solito Patrizio Dall'Argine con il suo teatro beffardo, spesso volutamente sgrammaticato, che mescola però sempre sapientemente realtà e fantasia, alto e basso, aprendo l'emozione a frequenti squarci di poesia, ci regala uno spettacolo di rara vitalità immaginifica e coerenza, che, sotto il frequente riso, nasconde una precisa intonazione politica e sociale, proprio perchè il teatro di tradizione, a causa della sua componente popolare, è sempre stato e sempre sarà attuale e comunicativo. 

Nello stesso modo, con più compostezza e ritualità, si muove “Soglie” di Is Mascareddas, liberamente tratto da "La via del pepe" di Massimo Carlotto, con la regia di Marco Sanna, dove Tonino Murru accompagnato da Mauro Palma, con gli oggetti e i burattini costruiti con Donatella Pau, mette al centro della sua storia Amal, un piccolo naufrago che la morte ha salvato e trascinato sulla spiaggia, portato dal mare. Di lui, di lui che non conosciamo nulla, piano piano, veniamo a sapere ogni cosa, una storia molto particolare , simile a quella dei tanti invisibili che sbarcano sulle coste italiane e attraversano la penisola da sud a nord per raggiungere il confine.

Perchè Amal è stato l'unico a salvarsi della nave andata a fondo ? Perchè la morte lo ha tenuto a galla e ha giocato con la sua vita ? In questo modo la sua storia si mescola a quella del nonno che dalla sua terra con amore lo protegge sconfiggendo persino la morte, non del tutto (perchè la morte non si può sconfiggere del tutto) offrendo la sua vita al posto di quella di Amal.

La morte attraversa tutto lo spettacolo di Murru anche attraverso una bara, ma anche qui, come nello spettacolo precedente, l'ironia tempera fortemente l'aura tragica del tutto, l'oggetto, che più di ogni altro rimanda alla fine della nostra vita, verrà infatti usato in modo beffardo e canzonatorio, rispetto ovviamente ai personaggi che rappresentano il potere.

Di grande divertimento e fantasia ci è sembrato “Fagiolino e Sganapino Garibaldini” di Mattia Zecchi, che però nello stesso momento rende la vicenda dei nostri due eroi popolari un esempio perfetto di come l'arte popolare burattinesca possa indagare, anche in questo caso, in modo profondo la realtà storica, restituendocene in modo divertente tutti i risvolti, anche quelli meno evidenti e più problematici. Così avviene nello spettacolo del giovane burattinaio di Crevalcore, ottimamente aiutato in baracca da Ilaria Laboli, che ci narra di Fagiolino e Sganapino che rimasti senza lavoro, vengono reclutati da Garibaldi per cercare soprattutto la Gloria, che nella loro fantasia si manifesta come una bellissima donna da conquistare. Si faranno onore combattendo ovviamente a legnate contro gli austriaci e contro un loro emissario che vorrebbe uccidere Garibaldi. Salveranno il loro comandante che consegnerà l'Italia ridotta a pezzi a Cavour e a Vittorio Emanuele, mentre ai nostri due resterà un 'Italia ben diversa..... E ovviamente poi la Gloria arriverà sotto le vesti di una vecchia sdentata a cui Zecchi concede una battuta fulminante : "ora che l'Italia è fatta mi faccio gli Italiani".Anche qui il teatro dei burattini in modo canzonatorio entra nelle pieghe della Storia, ricordandoci che la storia disegnata dai potenti è sempre vissuta e subita dal popolo .


Molti ovviamente gli spettacoli per ragazzi, dall'omaggio a Don Bosco, ancora da registrare, della compagnia C'è un asino che vola con Giorgio Rizzi e Roberto Scala e che in “Santi, Diavoli e Saltimbanchi” presenta le fasi principali della vita del Santo, utilizzando principalmente giocattoli, in sintonia con la poetica del santo, al delizioso” Cip Cip Bau Bau” dei goriziani del Cta, espressamente dedicato ad un pubblico di piccolissimi, che, traendo spunto dalle fiabe raccolte da Calvino, narra per mezzo del convincente e simpatico Loris Dogana e le scene e gli oggetti di Elisa Iacuzzo , attraverso un mondo fantastico costituito da scatole da cui escono i personaggi e i luoghi dell'azione, di un principe che ha la sua fortuna per aver imparato il linguaggio degli animali. Gli animali sono ancora protagonisti de “Lo zoo di Pinocchio” dove Piero Fenati ed Elvira Mascanzoni di Drammatico Vegetale/RavennaTeatro, costruiscono letteralmente, sotto gli occhi del nostro famoso burattino, un minuscolo zoo, dove anche qui i giocattoli regnano sovrani. Tutti gli abitanti del microcosmo che vive nella natura dei boschi e degli stagni vivono in un' atmosfera rarefatta e poeticamente raffinata creata anche con l'ausilio delle musiche eseguite dal vivo da Jenny Burnazzi al violoncello, Andrea Carella alla chitarra classica .

Un discorso a parte merita " Dentro di me" di Ca' Luogo D'arte.

In tempi come questi indagare cosa esista effettivamente dentro di noi, noi come esseri unici ed irripetibili, è estremamente necessario. Cercare di capire meglio noi stessi, per poter governare le nostre emozioni, per vedere come cambiamo, cosa ci fa modificare, cosa ci piace o no.La visione che i bambini hanno del “dentro di sè ” poi, come forse non tutti sanno, è immensa, misteriosa, poetica, più grande della nostra, che deve scendere sempre a compromessi, rendendola cosi opaca e contraffatta. Difficile solo osare mettere in scena per ragazzi piccolissimi un tema così arduo come questo, ci ha tentato con ottimo risultato Cà luogo d'Arte su testo Marina Allegri e regia Maurizio Bercini  A dominare la scena una credenza delle meraviglie( come sempre creata dal Mago Maurizio Bercini a cui dà vita Donatello Galloni) abitata da tutto quello che ci aiuta a diventare come vorremmo essere. Ai suoi lati abitano Me e Te (Francesca Grisenti e Pina Irace) che, come all'inizio di ogni esistenza umana, partono per la grande avventura della vita, il cui primo traguardo, quello più importante è la conoscenza di sé, che passa anche e soprattutto attraverso la reciproca conoscenza dell'altro e la sua “ comprensione” per una maggiore consapevolezza del nostro vivere in un mondo complesso e faccettato. E' esattamente questo, quello che accade nello spettacolo di Ca' luogo d'arte.

Me e Te, sono all'inizio del loro cammino, non conoscendo né se stessi nè l'altro, incominciano subito a bisticciare. Ognuno ovviamente pensa di essere un re, di poter dominare il mondo, un sentimento che si esprime in un grande Orco che l'armadio parlante concede loro. Un armadio che li fa giocare, che mostra loro le varie dimensioni del tempo, che ha il potere di farli diventare invisibili, che fa conoscere loro i primi piccoli dolori, il distacco di chi hai cominciato ad amare. Insomma regala a Te e a Me una vera e propria mappa per cercare e trovare, se possibile, il Sè.

Così piano piano, pur rimanendo piccini, ecco che i nostri due protagonisti, che si sono finalmente guardati bene, capiscono di poter essere amici. “Loro avevano la stessa camicia e il cuore uguale. Perché erano le stesse” ci ha spiegato una bambina. E' un primo passo Ora la credenza che ha conquistato orecchie e sembianze più precise ( che sia lui il sé?) dice loro "ME TE dovete andare, io di più non vi posso dare, avete il respiro, lo sguardo, il fiuto, avete il sorriso per chiedere aiuto, non fermate mai il vento con le mani, ricordate dove mettete i piedi e, mi raccomando, posate sempre gli occhi dove potete riprenderli, avete dei sogni chiusi nel cassetto, non vi scordate mai le chiavi del lucchetto ma tenete a mente : c'è una cosa sola che fa andare il motore ditemelo voi...e il tumtum del vostro... cuore" Ora Me e Te, diventate Sè possono tornare al paese da cui erano partiti, abitando uno nella casa dell'altro, la vita offrirà loro opportunità e delusioni che potranno affrontare con maggiore consapevolezza.

Spettacolo coraggioso, che necessariamente contiene ripetizioni e momenti di riepilogo, perchè dedicato ad un pubblico così piccolo, “ Dentro di me” è una specie di alfabeto delle emozioni , un originale vademecum per essere il più attrezzati possibile per la scalata della vita, compiuto attraverso il gioco del teatro, con l'utilizzo di pochissimi oggetti, e di una credenza dal sapore e del sapere antico, dove ogni cassetto conteneva, anche nella nostra, un pezzo dell'esistenza  di chi abitava la casa.
MARIO BIANCHI

I Niemen sono una famiglia d’arte dalle radici antichissime. Le memorie tramandate raccontano addirittura che il primo Niemen sia stato un giullare alla corte degli Zar e che debba il suo nome al lunghissimo fiume che dalla Bielorussia sfocia nel Mar Baltico.

Vero e bene inventato, sta di fatto che i Niemen sono una delle principali famiglie storiche dello spettacolo viaggiante. Circensi, giostrai, burattinai sono stati talmente tanti i Niemen che risulta pressoché impossibile ricostruire il loro albero genealogico.Bruno Eliseo è la memoria viva di quel mondo, recita coi burattini dei suoi vecchi, di cui riprende intonazioni e modulazioni di voce, oltre al repertorio, un tempo sterminato, per reggere una piazza per più mesi, e ora ridotto a una decina di titoli. Dalle storie che non si raccontano più, ma ben fisse nel ricordo, Bruno Eliseo per Arrivano dal mare ha appositamente riesumato un drammone a fosche tinte, un feuilleton ottocentesco che pare uscito dalla penna di Carolina Invernizio, dato che ne riprende persino il titolo di un suo romanzo: L’albergo del delitto. I burattinai di un tempo lo presentavano anche come Cuor di donna, forse per accendere maggiore curiosità.Si racconta di una coppia di anziani coniugi caduti in disgrazia dopo che il figlio è morto in guerra. Costretti a cedere il lussuoso albergo che gestivano, ripiegano su una bettola sperduta nei boschi. Ma l’avidità della donna non ha freni, e ogni viaggiatore che lì pernotta viene accoltellato per essere derubato. Ora accade che il figlio non sia morto. Ritorna, vuole fare un’improvvisata ai genitori, ma non riconosciuto viene trucidato dalla sua stessa madre. La verità è scoperta, lei muore sul colpo, il padre s’impicca, cala la tela.

Il dramma è uno scontro senza mezze tinte tra nefandezze e buoni sentimenti, quest’ultimi incarnati dal figlio e soprattutto dai personaggi comici di Gianduja e Brighella.Quando il dramma si rappresentava davvero volavano le scarpe dentro la baracca per impedire che la madre uccidesse il figlio, ora il kitch ha il sopravvento, ma resta la testimonianza della forza strepitosa del dramma popolare. Bruno Eliseo sceglie i passaggi più cruenti e comici per condensare lo spettacolo in poco più di un’ora, con un’ingenuità che potrebbe sembrare disarmante, ma che invece corre dritta al segno, regalando al pubblico una pagina preziosa di storia del teatro.


Patrizio Dall’Argine è un burattinaio per necessità. I burattini e la baracca sono per lui il modo per dipingere la poesia, per combattere la sua battaglia personale contro la fissità delle immagini e il fluire del tempo. I burattini, statue oranti e moventi, sono lo sguardo fermo nell’istante. Solo in un tempo senza tempo il feticcio può resuscitarsi in anima e dar vita a parabole che il pubblico è invitato a condividere.Leonzio e Lena è il punto più alto di questo credo. È uno spettacolo fedelissimo al dramma di Büchner non solo nel testo, ma anche nella ricerca onirica di una realtà trasfigurante. Nel dramma i due protagonisti scappano dal loro destino: un destino beffardo e perverso, dato che ciò che fuggono è in realtà ciò che desidereranno. In un clima rarefatto e notturno il desiderio di amore si confonde con quello di morte, anche se l’inevitabile può portare alla dissoluzione dei tormenti.

L’impalpabilità dei contrasti e dei sentimenti trova un corrispettivo nell’impianto visivo e ritmico dello spettacolo. È quasi una partitura: nulla è lasciato all’imprevisto e tutto è talmente calcolato da essere flusso continuo, seppure in un’aura di sospensione.La baracca è come un occhio sul sogno, un non luogo di accadimenti che ostenta o dimentica di essere teatro, che supera i limiti spaziali, trovando nuove prospettive e profondità. In queste respirano burattini-automi dal sapore simbolista, a volte diafani come creature dell’ombra, a volte coriacei di legnosità conclamata. Un umorismo tragico e ineluttabile ammanta quel gioco rianimato, pronto a morire, pronto a rinascere.

Spettacolo di rara intelligenza e grande fascino, di quelli che lasciano segno profondo.

ALFONSO CIPOLLA 

“Il teatro nelle mani, Burattini, un grammatica antica, specchio dei tempi”

Il Teatro nelle Mani. Burattini, una grammatica antica specchio dei tempi è stato il progetto caratterizzante della XLI edizione del Festival Internazionale Arrivano dal mare!, che ha mirato a segnare un punto fermo all’interno di un percorso di ricerca ormai decennale teso all’individuazione degli elementi costitutivi e strutturali del linguaggio burattinesco.
Uno dei presupposti è che la drammaturgia dei burattini derivi da una predisposizione naturale delle mani umane e dai movimenti che effettivamente possono compiere in virtù del pollice opponibile. Se le mani diventano personaggi con cui raccontare, trasformandosi in uomini o in animali, ecco che allora è possibile codificare una grammatica di base dei movimenti, radice di questa particolarissima forma di teatro, che ha caratteristiche comuni in ogni parte del mondo.
L’antropologia e la storia ce lo confermano, così come confermano che in ogni epoca i burattinai hanno saputo creare nuovi personaggi per parlare col loro pubblico, per raccontare la loro contemporaneità, facendo dei burattini una voce del popolo specchio dei tempi.
Il progetto si è articolato in tre momenti distinti fortemente connessi tra loro: un colloquio internazionale con studiosi e artisti; un’esposizione di burattini storici e contemporanei quale testimonianza di una rigenerazione continua e naturalmente una serie di spettacoli mirati, dove fossero palesi gli assunti del progetto col coinvolgimento delle famiglie d’arte Monticelli e Niemen, di burattinai che mantengono viva la memoria dinamica della tradizione italiana (Romano Danielli, Mattia Zecchi, Christian Waldo, Bruno Leone, Irene Vecchia, Paolo Comentale) e europea (Titeres Etcètera, Theatre Chignolo Guignol, Eugenio Navarro), e ancora di burattinai capaci di guardare al proprio presente creando nuovi personaggi (Tonino Murru e Donatella Pau, Patrizio Dall’Argine, Walter Broggini).
Molte le personalità che sono intervenute al Colloquio, provenienti da ambiti ed esperienze molto diverse tra loro. Ad aprire i lavori, durati due giorni, è stato invitato il neuroscienziato Vittorio Gallese, a cui si deve l’individuazione dei neuroni a specchio che si attivano nel nostro cervello non soltanto quando si compie un’azione, ad esempio prendere un bicchiere per cui la mano si predispone naturalmente ad afferrare, ma anche quando si osserva la medesima azione compiuta da qualcun altro. La ricaduta che questi neuroni possono avere nella percezione estetica è stata molto efficacemente illustrata da Michele Guerra dell’Università di Parma, a partire dai meccanismi di risonanza che costituiscono uno dei grandi segreti dell’arte cinematografica.
Interventi di carattere storico, miranti a illustrare la realtà dei burattini con aspetti fortemente differenti da ciò che a priori ci si immagina, sono stati affidati a Giovanni Moretti e Didier Plassard. Dal Settecento alla Grande Guerra è stato tracciato un arco temporale in cui i burattini sono pienamente inseriti all’interno del sistema teatrale e culturale a cui si rapportano.
Più specificamente sulla grammatica dei burattini e sul teatro nelle mani sono intervenuti Luì Angelini e Paola Serafini, a partire da un loro gioco digitale, Burattini combinatori; Eduald Ferrè e Lluis Grelles, che hanno illustrato la particolare tecnica di animazione dei burattini catalani; mentre particolari esperienze applicative sono state raccontate da Corrado Vecchi, con l’esperienza di un laboratorio di burattini in un carcere di massima sicurezza, e da Idalberto Fei, con i burattini a Trastevere. Da ricordare ancora le dimostrazioni di Paolo Comentale, Albert Bagno e il toccante Video omaggio a Romano Danielli, firmato da Mario Bianchi e Andrea Bernasconi.
Autentica lectio magistralis è stata quella di Eugenio Monti Colla che ha applicato la Teoria degli Affetti propria del melodramma allo spettacolo con marionette, evidenziando come il gesto codificato corrisponda a un preciso stato d’animo. Non è stato da meno Gigio Brunello, che con un tocco surreale ha illustrato la sua concezione drammaturgica, condivisa con Giulio Molnar, applicata alle potenzialità burattini.
Ha chiuso queste due giornate ricchissime di stimoli, Mimmo Cuticchio con suo affascinante cuntu, nella perfetta fusione tra voce, gesto e sollecitazione fantastica.

Stefano Giunchi e Alfonso Cipolla, curatori del Progetto