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Eolo
recensioni
INCANTI 2009 A TORINO
LE RECENSIONI DEGLI EVENTI DELLA SEDICESIMA EDIZIONE DEL FESTIVAL DI CONTROLUCE

La XVI edizione del festival Incanti ruota attorno al tema del rapporto fra Teatro di Figura e Storia: come mito, come leggenda, come epopea, come storia delle nazioni e delle collettività, e come storia del singolo individuo. L'enorme potenziale espressivo ed evocativo del Teatro di Figura è suscettibile di narrare con mezzi anche molto poveri, ma con grande profondità di poetica, di contenuti, e grande originalità, infrangendo gli stereotipi, attingendo a fonti di ispirazione inedite e a mezzi espressivi di grande freschezza e duttilità.

PRESENTAZIONE LIBRI DI FIGURA


Due interessanti presentazioni hanno avuto luogo, rispettavamente presso il Forum FNAC di Torino e presso la Casa Teatro Ragazzi e GIovani, di due recenti pubblicazioni della Casa Editrice Titivillus, già viste nel corso del XVI Festival Figure dell'Interno di Pinerolo, ma in questa occasione arricchite da un intervento dei rispettivi autori e da un breve dibattito con il pubblico, in presenza di Giovanni Moretti e Alfonso Cipolla dell’Istituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare di Grugliasco, che ne hanno promosso la pubblicazione e curato la diffusione. Ne abbiamo già parlato, ma giova ricordarli! Mario Bianchi, Atlante del Teatro Ragazzi in Italia/ Presentazione di Giovanni Moretti/ Introduzione critica di Giorgio Nosari/ Titivillus Editore, Corazzano 2009 Il Teatro Ragazzi è un continente abbastanza sconosciuto in Italia, dove la categoria riunisce creazioni e compagnie estremamente diverse fra di loro. Un atlante per iniziare ad orientarsi, scritto da chi da decenni ama e segue quest'avventura variegata.
Giulio Molnàr, Teatro d’oggetti, appunti, citazioni, esercizi. Prefazione di Alfonso Cipolla Postfazione (involontaria) di Giovanni Moretti Titivillus Editore, Corazzano 2009
Ecco una materia suscettibile di entrare in risonanza con la parte migliore del lettore, in quella regione elusiva e misteriosa che non perde mai la capacità di evolvere e di apprendere. Questo piccolo libro aiuta ad aprire ed educare lo sguardo, offre un punto d'appoggio per sollevare il mondo, sotto forma di strumenti validi e concreti per la ricerca individuale. Non ne occorrono diecimila per mettere in moto il cervello. Non è solo per chi 'vuol fare teatro '. E' eccellente anche per un liceale, per uno spettatore, per una persona che voglia semplicemente assaporare meglio la realtà. E' una pillola contro il cinismo derivante dalla noia e dall'assuefazione alla parte peggiore del mondo che ci circonda.
Questo libro offre realmente una felice occasione di contagio poetico, non solo in ambito teatrale, a meno che non vogliamo dire che la vita è sempre, anche, teatrale.
Naturalmente occorre che si produca una risonanza fra il testo e il lettore, e questo presuppone una certa affinità tra l'autore e i suoi lettori. Ma questo libro è agile, accessibile, divertente, dà gioia, fa riflettere senza angosciare, incuriosisce, e stimola l'appetito. Il lettore è invogliato a fare la sua parte, a mettere da parte la pigrizia.
Poi le cose succedono da sole, una volta che ci si è messi in azione per aprire la propria strada. D'altra parte nessuno può maneggiare la nostra vanga al posto nostro, come scopre a proprie spese chi va a lezione pensando di ricevere una trasfusione di conoscenze dall'insegnante.
Questo è uno dei rari casi in cui un manuale può veramente aiutare a raggiungere le porte che normalmente solo l'esperienza interpersonale diretta può aprire - nel corso di un laboratorio o di un percorso di formazione
. Di solito ciò che si spera da un laboratorio è l'esperienza di quei lampi indicibili, intraducibili a parole, durante i quali l'abilità e l'esperienza dell'insegnante catalizzano il prodursi di quegli stati altri, unici, ulteriori e non riproducibili, che sottendono l'equivalente di una rivelazione e che rappresenteranno in seguito quella sorta di patria promessa, o di paradiso riperduto, cui si tende nel corso del lavoro.
In un secondo tempo, si aspira a vedere, ad essere visti; si impara ad accettare che questo avvenga sistematicamente; a fare in modo che il miracolo che si produce inaspettatamente durante l'improvvisazione possa aver luogo nuovamente, per altre vie, anche quando il lavoro si cristallizza in sequenze definite.
Ma senza utensili fondamentali che salvaguardino la freschezza dello sguardo e delle emozioni, l'avventura del teatro è finita, imbalsamata.
Questo libro incoraggia a nutrirsi di quanto si incontra nel corso della vita quotidiana, a trovare continua fonte d'ispirazione in quanto ci circonda. E anche a leggere fra le righe, a stendere un soggetto, una drammaturgia minima, uno storyboard, una sinossi...


    SPETTACOLI


In apertura del festival, finalmente l'attesa Prima italiana della Passione delle Pecore, creata nel 2007 in coproduzione con il FITZ! Zentrum fur Figurentheater Stuttgart, il Festival Fidena di Bochum, l'Internationalen Figurentheaterfestival Blichwesel di Magdeburg (germania) e le Vélo Theatre Apt (Francia) da un collettivo di nove brillanti artisti europei specialisti del teatro d'oggetti, diretti da Francesca Bettini: un lavoro divertente, lieve di ironia, denso di significati, ricco di splendide immagini, nutrito di molte letture scelte e di pochi e altrettanto scelti oggetti scenici. Libri, soprattutto.
Con un occhio alla grande tradizione dei Misteri medioevali, il Collettivo europeo porta in scena i deliri di un piccolo gregge di Ateisti Anonimi, atei forse per eccesso di frequentazione della soglia del divino, certamente recidivi, sicuramente incorreggibili. Si sorride, si ride, si riflette sul libero arbitrio e sull'agnello sacrificale, eternamente ed obbligatoriamente martire, non sempre per una giusta causa.
La cacca dell'asino di Zebedeo rende testimonianza sotto alla croce, e, attenzione, non c'è nulla di blasfemo in tutto ciò. Il lavoro rende omaggio all'Uomo di Nazareth e a tutti gli uomini che in ogni tempo sono stati vittime della violenza che converte la religione in ideologia e in giustificazione per le peggiori atrocità. Sotto al sole violenze senza fine compiersi io vidi.
Dall'Inquisizione fino al terribile Gott mit Uns. Per non parlare delle meschinità del bottegaio avido e del chierichetto duro di comprendonio... Nove personaggi, i sette peccati capitali , innumerevoli libri; fra cielo e terra, il dubbio, il grido, lo sberleffo, e la risata liberatoria. Per non parlare delle ansie dell'attore che vede sopprimere la sua miglior scena... L'inferno sono gli altri, ma gli altri sono anche i complici, i compagni di gioco, gli indispensabili interlocutori, i testimoni, in greco arcaico: i martiri.
Fra un'azione scenica e la successiva, il gruppo compone quadri ispirati ai capolavori dell'arte figurativa. Ritmo lento, a tratti assai lento, come in visita a una pinacoteca... Nelle ombre delle evocazioni del Caravaggio, di Leonardo e Raffaello, nei trionfi dell'iconografia cristiana ammiccano lampi di splendida ironia.
Applaudiamo, rigorosamente in ordine alfabetico, Ensemble Material Theatre (Hartmut Liebsch, Sigrun Nora Kilger, Alberto Garcìa Sanchez, Annette Scheibler) Und Gaste (Paolo Cardona, qui presente in alternanza a Bruno Stori, e Gyula Molnàr), collettivo di sodali europei di solido mestiere e validissime intelligenze, con la loro regista Francesca Bettini, che si è ben destreggiata nell'arduo compito di traghettare il drappello di Ateisti Anonimi sulla riva in cui la fine esperienza intellettuale va a segno con eleganza e a tratti abbraccia la poesia, anche grazie a sceltissime citazioni: Cortàzar, Bulgakov, Pessoa, Saramago, Pasolini, Marx, nel brillante script di Katja Spiess.
Un solo attore di madre lingua italiana, la maggioranza degli interpreti non ne conosce una parola, eppure ritmo, pronuncia, interpretazioni impeccabili nelle minime sfumature. Belle luci di Luigi Consalvo. 'Avevo un fratello (...). Non ci siamo mai incontrati, ma questo non ha importanza. Egli vegliava mentre io dormivo. (...) Dall'altro versante della notte, mio fratello mi indica la sua stella preferita. ' Amen.

Semplici, brevissime e divertenti  le piccole storie della Compagnia belga Le Cyclo Theatre di Paulo Ferreira ed Elise Dethier, qui rappresentato da Paulo Ferreira in prima italiana con una versione multilingue di due brevi vicende di teatro d'ombre per sei soli spettatori: una Bottega Fantastica e un Cappuccetto Rosso acrobatico con nonna tutt'altro che indifesa, munita di letto a molla. Povero lupo!

Eccellente nella sua semplicità la poetica dell'inglese Lempen Theatre di Liz e Daniel Lempen, presenti con due storie minime: nel 'Bambino di Dan ' un singolo spettatore è invitato a un breve viaggio nella pancia del primo uomo incinto, in 'Riverbed Dive ', 'Tuffo in fondo al fiume ', uno scafandro speciale consente a un unico spettatore di compiere la breve immersione che gli farà scoprire i piccoli segreti promessi dal titolo e mantenuti da un minuscolo teatro d'ombre dall'ottimo ritmo. Sorprendentemente efficace la tecnica che fa sì che, per una volta, non ci si annoi nel far la coda aspettando il proprio turno: gli autori ed interpreti hanno creato modalità di manipolazione (e modulato la presenza scenica, nel caso del Bambino di Dan) in maniera tale che chi attende il proprio turno goda di uno spettacolo diverso, che stuzzica la curiosità e prepara al piacere del piccolissimo spettacolo. Poetico, per bambini di ogni età.
LIcht und Schatten in Bamberg, di Norbert Goetz, per la regia di Therese Thomaschke, narra in dieci raffinati quadri di luce (e ombre) la storia millenaria della città di Bemberg, sorta intorno al decimo secolo in Baviera Settentrionale, dal giorno della fondazione fino ai giorni nostri.
Bamberg come innumerevoli altre città ha conosciuto guerre, carestie, un regicidio, una delle più atroci cacce alle streghe della storia europea, gli splendori barocchi, i trionfi del teatro ottocentesco, alterne fortune in pace e in più recenti guerre, sotto Napoleone e fino alla terribile distruzione dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Ma Bamberg rinasce per giungere fino ai giorni nostri, con la passione dei suoi abitanti per la pietra scolpita, gli splendori barocchi, la birra scura, la musica e il teatro. Il grande libro animato di Norbert Goetz, da venticinque anni profondo cultore del teatro d'ombre con il suo Theater der Schatten, racconta e ripercorre secolo dopo secolo mille anni di quella che per l'autore fu ed è la più bella città della Germania dal giorno della sua fondazione, che precedette di pochi anni soltanto la prima menzione della produzione di birra fra le sue mura...
Una dichiarazione d'amore incondizionato per una città destinata a rinascere dopo gli orrori di ogni guerra, una degustazione della sua specialità prediletta, un viaggio nel tempo per ripudiare la violenza e celebrare la pace, le arti e l'operosità che da un villaggio di campagna fecero sorgere una città di splendide facciate e alte torri.
Convenzionale nella struttura, molto belle le ombre (guarderemo le piccole marionette o le loro ombre?), raffinati i paesaggi urbani nel ripercorrere l'evoluzione di un nucleo urbano dai suoi albori al massimo splendore. Incantevole il Duomo con le grandi vetrate alla luce delle torce...

'Le teste di Pallino ' di e con Federica Brizzolara, della Compagnia Sensounico/Tecnologia Filosofica, è un lavoro storico e autobiografico, per la regia dell'interprete e di Stefano Cravero, con musica dal vivo di Paolo De Santis e movimenti di scena di Francesca Cinalli.
Carlo Brizzolara, giovane tenente della Folgore, uscì indenne dalle due atroci settimane dell'inferno di El Alamein. Internato nel campo di prigionia inglese di Jeneifa, nell'Egitto del Nord, per intrattenere i commilitoni ideò un teatrino di burattini per il quale scrisse numerosi testi, mentre un commilitone fiorentino, scultore di arte sacra nella vita civile, creò pregevoli teste con materiali di recupero.
Ritornato in patria e alla vita civile, l'Ingegner Carlo Brizzolara, ingegno acuto e multiforme, seppe consegnare sotto forma di romanzi risolutamente a favore della pace, e dedicati ai figli amatissimi, le esperienze vissute, che non si sentiva di raccontare a voce. Trasferitosi a Ivrea, negli anni d'oro del mecenatismo culturale della Olivetti creò una vasta quantità di materiale per la scena del teatro di prosa e del teatro di figura. Dal sodalizio con l'artista siciliano Salvatore Fiume, conosciuto a Milano, nacque una serie di burattini che avrebbero dovuto dar vita a un progetto finalizzato alla creazione di un film d'animazione italiano. Il film non venne realizzato, ma rimane la splendida serie di teste di burattini, oggi custodita dalla nipote Francesca Brizzolara, autrice e interprete de 'Le teste di Pallino '.
I burattini originali sono molto interessanti, conservati amorevolmente in eccellenti condizioni, ed è particolarmente interessante analizzarne la struttura, frutto dell'accostamento di materiali disparati, giustapposti e dipinti con grande abilità, ricordando che vennero realizzati in prigionia, per ingannare il tempo, con materiali di recupero, frammenti di divise, o frutto di baratto con i guardiani del campo. A parte i tipi classici del Sandrone e di Polonia, ogni personaggio ha lineamenti molto ben caratterizzati, fra i quali il personaggio di Capitan Pallino, figura di avventuriero e combattente prodigioso; ci troviamo di fronte a una galleria di ritratti caricaturali di individui realmente esistiti, all'epoca della loro creazione ben noti al pubblico cui erano destinati. Questi burattini sono pezzi storici nel senso più profondo del termine.
Nonostante una drammaturgia non sempre coerente, e la manipolazione non ottimale, l'energia, la passione e la sincerità di Francesca Brizzolara nel celebrare il ricordo di un uomo fuori dal comune e di una delle più tragiche battaglie della Seconda Guerra Mondiale portano efficacemente il lavoro oltre l'ostacolo, nel territorio sicuro dove il ricordo affettuoso diviene memoria storica e patrimonio di tutti.

Prima italiana di A November Day, Un Giorno di Novembre: un lavoro storico ed autobiografico anche per la b> Compagnia anglocoreana Thigunmajig di Kathy Bradley e Andrew Kim, per la regia di Mark Whitaker. Il nonno e un bisnonno di Kathy Bradley presero parte alla sanguinosissima battaglia della Somme, sul fronte francese. Dalle lettere, dai ricordi familiari, da mille aneddoti autentici Thingumajig ha tratto l'ispirazione per una creazione nata per celebrare il novantesimo anniversario della fine della Prima Guerra Mondiale. Il nonno, il bisnonno ritornarono a casa; ma l'amatissimo fratello minore del nonno cadde, uno fra milioni di vittime su tutti i fronti. La storia di una famiglia, di un cane randagio, di un nemico ucciso, della ferita inguaribile di un evento che non si poté evitare, incistato nella memoria come un parassita che non dà tregua. Una storia di ogni tempo e di ogni paese, scandita dalla musica e dalle canzoni dell'epoca, interpretate da con grande pathos e sensibilità. Una fra tutte, 'Keep the home fires burning ', 'Tenete acceso il fuoco a casa... finchè i ragazzi siano tornati '. E poi ancora: 'Io non vorrei morire, io vorrei tornare alla mia casa... '. La cantarono centinaia di migliaia, la maggior parte di loro non tornò a casa, o vi tornò per morire delle orrende sequele dell'inalazione di gas o delle ferite riportate.
Tutti i sentimenti trovano posto nel bellissimo lavoro dei Thingumajig: solitudine, ironia, nostalgia, coraggio, eroismo, rabbia, ribellione, struggimento, desiderio della dolce quotidianità della vita in tempo di pace, speranza e disperata determinazione. Uomini e animali lottano per sopravvivere, nell'amicizia reciproca cercano un appiglio non solo per campare un giorno in più, ma anche per trovare un istante di serenità e di calore in mezzo all'orrore della carneficina.
Manipolazione e ritmo eccellentI, ogni personaggio a due o quattro zampe respira e palpita, e la Grande Guerra diventa ogni guerra, quel soldato diventa ogni soldato: un uomo da restituire ai suoi affetti prima l'assurdità dell'orrore lo abbrutisca e lo travolga.
Nell'immagine finale il capolavoro dei Thingumajig trova il suo compimento: all'orizzonte dell'ultima passeggiata, l'anziano reduce incontra finalmente la pace: al pubblico scoprire con chi sia: con sé stesso, con il passato, con le ombre di quanti non sopravvissero, con la Storia che scrive le proprie pagine con il sangue di vinti e vincitori. Perchè la fine di una guerra purtroppo non coincide con la fine del conflitto nel cuore di chi è sopravvissuto, e deve portare il peso di quanto ha vissuto, nel ricordo di chi non ce l'ha fatta. Pacato, struggente, poetico, magistrale.
Incursione nell'universo del mito e della fiaba con la spagnola Compagnia Kamante, di e con Luisa Aguilar e Luis Vigil, che hanno presentato presso lo Chalet Allemand di Grugliasco la versione italiana di 'Que viene el lobo! ', 'Arriva il lupo ', sguardo inedito sul personaggio di uno degli animali protagonisti per eccellenza dell'immaginario collettivo popolare: il lupo. Un omaggio a chi lascia la via vecchia per la via nuova, sognando di aprirsi la strada verso una vita diversa e migliore.

La giovane Compagnia italiana Lalumada di e con Veronique Andrin e Ivan Vitelli  ha presentato il suo lavoro primo 'Storia di Urashimataro il pescatore ', già visto a Pinerolo presso il Teatro del Lavoro. Molte belle immagini avvincenti; ma le transizioni sono estremamente lente, la materia sonora non adeguata, il frontone del teatrino parla una lingua diversa rispetto alla qualità delle ombre. Quando Lalumada conseguirà in tutti gli aspetti della sua creazione uno stile omogeneo, all'altezza della limpidezza naive e poetica delle sue ombre, quando il contenitore scenico e sonoro sarà all'altezza delle immagini che Lalumada propone in luce e in ombra, saremo di fronte a una compagnia in grado di lasciare il segno.
Controluce Teatro d'Ombre ha rimontato il suo Didone ed Enea con i giovanissimi di SuonAntico diretti da Valerio Zanolli. Orchestra, coro, solisti e direttore inesperti per Didone ed Enea, capolavoro barocco inglese di Henry Purcell, materia musicale altissima ed esigente, il cui brillante libretto è celebrazione dei tragici amori di Didone, regina esule fondatrice di Cartagine, ed Enea, condottiero esule troiano, futuro fondatore della stirpe che darà gloria a Roma, ove il mito prelude alla storia, fra Virgilio e Shakespeare. Messinscena di Cora de Maria, Alberto Jona, Jenaro Menendez Chas, movimenti coreografici di Paola Bianchi.
La bambola di Kokoshka è invece la primissima creazione dell'esordiente Compagnia Le Ombre per la regia di Margherita DottaRosso. Nessuna drammaturgia, e l'immagine più suggestiva cita eventualmente Aubrey Beardsley, certamente non Kokoshka. Le bambole del titolo sono frutto di una lunghissima sovraesposizione dei corpi delle interpreti in un gran guazzabuglio sonoro. Kokoshka non se lo merita, il pubblico neppure, né tantomeno le giovani interpreti, luminose a fine spettacolo dell'entusiasmo e dell'energia di chi si getta per la prima volta nell'avventura del teatro. Speriamo che trovino al più presto un mezzo che le traghetti in  territorio leggibile, rigoroso, tecnicamente solido, all'altezza delle loro aspirazioni.
Ancora una volta Martina Soragna e Silvia Laniado, Compagnia Le Dueeunquarto, reduci dal Festival Mondiale di Charleville-Mézières dove hanno dato ottima prova della loro capacità di agire con duttilità ed efficacia anche in lingua francese. Il loro cavallo di battaglia 'Retrò ' si arricchisce ogni volta di minuscole esilaranti sfumature, e non rinuncia mai ai guizzi dell'improvvisazione: uno spettacolo vivo, esilarante, palestra di ricerca delle brave autrici e burattinaie.

Platero Hì-Hò, pezzo forte della Compagnia L'asina sull'Isola di Katarina Janoskova e Paolo Valli, è una libera trasposizione teatrale del racconto 'Platero y yo ', 'Platero ed io ', commovente capolavoro per l'infanzia creato da Juan Ramòn Jimenés, poeta amato da Federico Garcìa Lorca, premio Nobel per la letteratura 1956. Platero è un asinello 'piccolo, dal pelo morbido come bambagia, affettuoso come un bimbo, anzi come una bimba ', ama la dolce frutta matura e le carezze dei bambini, ma è forte come l'acciaio, e 'ha occhi duri come scarabei di cristallo nero '... La Compagnia L'Asina sull'Isola narra in lenti quadri di grande suggestione visiva le quattro stagioni della vita di Platero, i giochi felici del puledro, la forza e l'amore per l'asinella Rosetta, la struggente solitudine della vecchiaia, la morte.
Lo spettacolo percorre l'umanissimo universo delle emozioni di Platero, sull'onda di quelle del suo cantore, Juan Ramòn Jimenés, che lo ebbe e amò da bambino, e dei suoi narratori. Commuove Platero, piccolo asino nel cui ricordo si celebra l'infanzia, 'isola di grazia, freschezza e felicità ' per Juan Ramòn Jimenés. Sorprende Platero, nella cultura rurale iberica in cui l'asino è, come in ogni società rurale, la bestia da soma per eccellenza, sfruttata a morte quando non vittima di crudeli rituali ancestrali come la corsa degli asini moribondi per fame, e il lancio dalle mura come capro espiatorio (si riveda a questo proposito il bellissimo documentario giovanile di Luìs Bunuel sulle antiche tradizioni rurali iberiche).
La Compagnia ama precisare che non si tratta di una messa in scena, ma di narrazione lirica per immagini e musica. Piccola ombra, grande e bellissima scenografia in movimento dipinta da Alessandra Binini su disegni di Martino Pompili, come un grande libro illustrato che scorre con il tempo delle stagioni: in questo elemento e nel testo che descrive Platero e la sua umile grande vita i punti di forza dello spettacolo.
Gradevoli musiche di Erich Galliani. Collaborazione artistica di Erich Libertini.


  IL LABORATORIO


Interessante e poetico il laboratorio di Teatro d'Ombra diretto quest'anno con sensibilità da Alba Zapater, arguta artista catalana membro dell'eccellente Compagnia spagnola La Cònica-Lacònica, ed attualmente residente in Danimarca, dove ha creato la sua Compagnia Octagon. Il laboratorio è stato realizzato in collaborazione con il Dipartimento Educazione del castello di Rivoli.
Presso i laboratori del Museo di Arte Contemporanea del castello di Rivoli, i partecipanti sono stati guidati all'esplorazione di situazioni e materiali non convenzionali, alla ricerca di materiali e modalità di manipolazione suscettibili di fornire soluzioni visive inedite nell'universo del Teatro d'Ombre. Poetico, minimalista, un laboratorio per stimolare l'intelligenza, l'autonomia e le capacità di osservazione. Un solo rimpianto: per penetrare adeguatamente nella poetica di questi artisti sarebbe stato importante (ri)vedere un lavoro di La Cònica, ad esempio il bellissimo e straniante 'La Pasajera ', e scoprire una creazione di Alba Zapater. Speriamo che una delle prossime edizioni di Incanti possa colmare questa lacuna... attendiamo con interesse l'edizione 17
EUGENIA PRALORAN

NEVIL TRENTER

La giornata di Mercoledì 30 settembre di Incanti è stata quasi interamente dedicata al grande marionettista australiano Neville Tranter dell'olandese Stuffed Puppet Theatre che ha presentato in prima italiana la sua ultima produzione “Cuniculus”, una metafora amara e spietata, ambientata in un mondo sotterraneo abitato da un popolo di conigli dove un unico essere umano che crede di essere un coniglio dialoga con loro.
Come già accadeva in “Vampyr” ed in “Schiklgruber” il mondo presentato da Trenter è un mondo senza speranza contrassegnato da pupazzi che conducono un gioco macabro dove l'ironia rende ancora più disumano il contesto in cui si svolge l'azione.
Quello che rapisce di Trenter è l'eccezionale rapporto che vi è tra l'animatore e le sue creature frutto di un'arte pressochè unica nel teatro di figura mondiale dove lo sguardo e la parola dell'animatore ed il pupazzo si fondono in un unicum inconfondibile di grande suggestione. Ogni pupazzo ha una caretteristica e luce propria che vive nel rapporto con il suo animatore e che si muove sempre in un mondo desolato,senza speranza. Abbiamo ancora nella memoria l'eccezionale “Schiklgruber” dove Hitler, Goebels, Goering e figli, Eva Brown rinchiusi nel bunker di Berlino rivivono attraverso l'arte di Trenter a ricordarci con il teatro l'orrore di un mondo dove la pietà era bandita.
Precedentemente per un progetto di formazione P I P organizzato dal Festival torinese sempre Neville Tranter ha presentato un lavoro messo in scena impeccabilmente dopo un workshop da cinque bravissimi giovani(Elena Bosco Paolo Colombo Carolina Khoury Elke Schweiger Alessandra Negro) sulla figura e la storia di Frankenstein, quale metafora di distorti percorsi della storia. “Schiklgruber” e “Frankenstein “ ci sono sembrati in qualche modo legati dall'esigenza di riproporre attraverso il teatro di figura tutto l'orrore di un progetto che mirava a scardinare i valori più sacri della vita e della pietà umana.
MARIO BIANCHI




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