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Eolo
recensioni
COLPI DI SCENA 2024 VISTO DAGLI ALTRI
LA TREDICESIMA EDIZIONE TRA FORLI' E FAENZA VISTA DAGLI ALTRI

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Dal 17 al 20 nei teatri di Romagna a Forlì e Faenza per la tredicesima volta è tornato Colpi di Scena, il festival biennale di Teatro per Ragazzi e Giovani, organizzato da Accademia Perduta/Romagna Teatri e ATER Fondazione, in collaborazione con Comune di Forlì, Comune di Faenza e Unione della Romagna Faentina, con la Direzione Artistica di Claudio Casadio e Ruggero Sintoni.
Ancora una volta un’edizione ricca di proposte interessanti anche provenienti dall’estero ( Rasoterra Circo (Compagnia nata a Bruxelles), Agrupación Señor Serrano e Farrés Brothers (dalla Catalogna) e Circo Carpa Diem (giovane formazione nata a Madrid), ciò grazie al coordinamento di ATER, che ha coinvolto un numero altamente significativo di Compagnie, Artisti, Direttori Artistici, operatori culturali e rappresentanti di Festival e Teatri, provenienti anche dall'Estero organizzata con l’intento di incrementare la visibilità delle produzioni di Teatro Ragazzi e la loro circuitazione oltre i confini nazionali.

Sedici gli spettacoli presentati nei quattro giorni della manifestazione con sette prime e con il coinvolgimento di tre Centri di Produzione dell’Emilia-Romagna: oltre alla stessa Accademia Perduta/Romagna Teatri di Forlì, anche Teatro Gioco Vitadi Piacenza, La Baracca – Testoni Ragazzi di Bologna (in collaborazione con Arte e Salute Ragazzi), oltre al Centro Coreografico Nazionale/Aterballetto di Reggio Emilia e le compagnie Teatro Perdavvero, Teatro Evento, Teatro Due Mondi e TCP Tanti Cosi Progetti. Nel puntuale resoconto di Eolo ci soffermeremo su alcuni spettacoli, questa volta con la prerogativa di considerare ciò che altre testate editoriali hanno scritto del Festival. Siamo infatti stati molto contenti di vedere, in controtendenza rispetto ad altre analoghe manifestazioni, la presenza di diversi critici di altre webzine. Per cui vedere, come chi di solito non lo affronta, come ha osservato il teatro per l’infanzia, ci ha reso molto curiosi e ci è sembrato anche doveroso raccoglierle nella nostra testata che si occupa da sempre e solo del teatro dedicato ai ragazzi e alle ragazze.Quella di quest'anno è stata una bella edizione con creazioni varie e diversificate su cui hanno svettato soprattutto gli spettacoli di Teatro di figura,segno che tutte le iniziative messe in atto per un coinvolgimento delle nuove generazioni di artisti e soprattutto artiste sta dando i suoi frutti, una tra tutte " Animateria". Come sempre meravigliosa l'accoglienza di Accademia Perduta che ha approntato una gustosissima serata su un'aia paesana tra danze e ottimo cibo.

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ECCO LO SGUARDO DI DOLORES PESCE SUL FESTIVAL  PER IL DRAMMA.IT

Sono stata immersa in questo 'bagno collettivo' (9 gli spettacoli, alcuni in prima nazionale) i giorni 17 e 18, i primi, e questo è il breve diario che ne è scaturito, viaggiando fortunosamente e felicemente come in un “Tifone” conradiano, tra teatro di attore, di parole e di musica, performance fisica e teatro d'ombre diversamente miscelati in formule singolari, segrete ma magicamente evidenti, come ad esempio in “Il segreto di Barbablù” di Teatro Perdavvero, ovviamente da Charles Perrault che, ancora una volta ci insegna, in questo periodo oscuro di femminicidi epidemici e ripetuti, che la 'paura' è salutare e dunque, anche se ormai ritenuta politicamente molto scorretta non bisogna in alcun modo privarne, se ben guidata, bambine e bambini, per il bene della loro futura adultità.
Si attraversa poi, tra acrobati e clown, il “Circo-teatro” di Rasoterra Circo con “BOA – Spettacolo salvagente” in cui è affrontato il tema difficile della Felicità, oggi deformata tra superficialità e illusione, con le concrete asprezze e anche nel suo ineludibile legame con la possibile sconfitta, fino al teatro di narrazione corale con “Hansel e Gretel, fratelli unici” di Arte e Salute Ragazzi e La Baracca – Testoni Ragazzi, da tempo teatralmente impegnati nell'ambiguo rapporto con la giovanile sofferenza psichica.
È questo uno spettacolo di grande qualità drammaturgica che attraversa oniricamente la immortale fiaba dei Fratelli Grimm elaborandola psichicamente a partire dal rapporto, essenziale ma fragile, tra fratelli e sorelle, individuando nel reciproco specchiarsi che è un duplicarsi e triplicarsi in scena (Hansel è interpretato unitariamente da tre diversi attori) in un gioco di ritratti fluidi e in continua mutazione nel percorso verso la maturità. Una maturità che non può che giocarsi nel rapporto con la crudeltà del vivere che, soprattutto nella narrazione per bambini e ragazzi, tende ad essere elusa se non addirittura scotomizzata con l'esito paradossale di renderla talora esistenzialmente 'insopportabile'. Anche questo un politicamente scorretto se vogliamo che, intelligentemente, salva esteticamente nella fiaba il suo scopo profondamente etico.
Essenziale poi, nel cartellone, la presenza del moderno teatro d'ombre (con attore) e del teatro di oggetti (anch'esso con attore), con due spettacoli che meritano attenzione.
Il primo, “La ragazza dei Lupi” di Teatro Gioco Vita che recupera il rapporto con la natura in un certo senso a partire dal 'prima' della contemporaneità e della sua apparenza 'ecologica', rintracciando nella storia una comune fonte surgiva tra natura, animalità, e umanità il cui legame spezzato degenera spesso nell'inconsapevolezza di sé. Drammaturgicamente questo rapporto 'primo' è rappresentato efficacemente nel continuo alternarsi e sovrapporsi, di attori e di ombre che costruiscono una dinamica di condivisione perduta.
Il secondo, anch'esso incentrato non retoricamente nel rapporto con la natura dal mito alla storia, è “Demetra” di Agrupaciòn Señor Serrano, un gruppo interessante per il lavoro che sta conducendo. Guidata dal paradosso la narrazione ci porta al tema dello sfruttamento incondizionato delle risorse naturali rappresentato nella fame insaziabile e devastante del re Erisittone, punito dalla Dea per aver tagliato una quercia da lei protetta. I protagonisti sono i pupazzetti “Lego”, quasi a recuperare un alfabeto scenico più immediato anche nel rapporto con l'infanzia, un segno duplicato con effetto dissociante e illuminante nelle proiezioni video. Se una critica può essere fatta riguarda solo il tono talora un po' didattico, fin didascalico, della narratrice soprattutto nelle sue interlocuzioni con i bambini della scuole presenti allo spettacolo.
Buon esempio di teatro di solo attore “Asino chi?” di Teatro evento Scs Centro teatrale minimo”, che in una sorta di ribaltamento di De Amicis ci ricorda che le asinità dell'infanzia talora si trasformano nelle genialità della vita adulta.
Molto interessante, passando al Teatro Danza, “Tana” di Compagnia TPO – Sardegna Teatro Fuorimargine dal titolo evocativo di giochi antichi e forse dimenticati, che coinvolge i più piccoli capaci di interagire in piena spontaneità con gli stimoli estetici, anche elaborati e complessi, in cui si trovano coinvolti.
Con “Asola & Bottone” di Illoco Teatro, abbiamo affrontato il Teatro non verbale che nel rapporto tra immaginato e creato ci chiama ad affrontare il pericolo del fallimento in ogni costruzione della nostra identità privata e pubblica.
Infine la danza del Centro Coreografico Nazionale – Aterballetto, compagnia di fama nazionale e internazionale, con “Stravaganze in sol minore” ispirato al libro “La mela di Amleto” di Toti Scialoja. Qui il rapporto con la natura si fa più aereo, tentando la creazione di una sorta di atmosfera che vuole essere un “pneuma”, un respiro che avvolge e coinvolge umanità e mondo, sovrapponendo e fecondamente mescolando zoomorfo e antropomorfo.
Un Festival, dunque, dal percorso complesso e talvolta anche complicato, in senso propulsivo, che però nella diversità ha saputo conservare una coerenza artistica ed estetica.
Per chiudere un'ultima riflessione relativa al fatto che gran parte delle drammaturgie di questi due giorni si ispirano a testi ormai molto consolidati nell'immaginario collettivo, mentre rare sono quelle per così dire 'originali', quasi a testimoniare una ridotta fiducia nelle capacità di ricezione e accoglienza del pubblico. Forse però non guasterebbe un maggior coraggio.

DOLORES PESCE

ORA VEDIAMO QUELLO DI TOMMASO CHIMENTI PER LA RIVISTA " ROCCA "

 Sui sedici pezzi visti (una vera e propria maratona di colori e bellezza) nei quattro giorni di programmazione (17-21 giugno) abbiamo scelto di parlare di sei che ci hanno maggiormente colpito, nel bene e nel male.

Cominciamo con “Boa”, di Rasoterra Teatro, con l’intento di trovare la felicità. Iniziamo dal titolo: boa come il serpente? Il Boa constrinctor è proprio l’opposto della felicità perché chiude, stritola, soffoca. Oppure abbiamo pensato al boa del Piccolo Principe, quello che ci mangia l’elefante e diventa un cappello, ma anche lì di felicità non ve n’è traccia. Un duo che sembra più a suo agio nel teatro di strada che compresso tra le regole non scritte di un palcoscenico e di una platea frontale. Il tormentone è un vasetto il cui tappo non si svita né con i muscoli di lui né con quelli di lei ma, prevedibilmente sul finale, con le mani di un bambino (una sorta di Lampada di Aladino), forse sta lì la felicità. I vari punti nei quali è divisa la pièce, un po’ confusionaria e deficitaria di una solida drammaturgia che tenga insieme i vari pezzi, è una sorta di decalogo in alcune parti anche poetico (peccato che però siano sette, perché) che contiene Ricorrenza, Sorpresa, Pacco, Possesso, Eterna Ricerca, Consolazione e Punti diVista. In Ricorrenza cantano stonati per un compleanno tra scotch e petardi, in Sorpresa ecco le evoluzioni in bicicletta, in Pacco i gratta e vinci sono tutti perdenti, in Possesso lei è messa dentro una scatola trasparente, in Eterna Ricerca fanno birdwatching per scovare dove sta la felicità, tra rimandi pinocchieschi e ambientalismo, con bastone da rabdomante, con un cane da tartufo, con la Lampada di Diogene o con il retino per acchiappare i sogni in forma di farfalla e, una volta presa, si accorge, infinitamente deluso, che è di plastica, in Consolazione si invertono e capovolgono i ruoli del patriarcato ed è la donna che porta sulle spalle l’uomo, che lo issa, che lo fa girare con un carillon, in Punti di Vista lui con una sega elettrica e cuffie rosa (perché? Per strizzare l’occhio al femminismo modaiolo?) taglia il tronco (pericolosamente) sopra il quale lei sta cantando togliendole il terreno da sotto i piedi. Ci siamo persi molti passaggi logici, diventando tutto nebuloso con buone intuizioni ma mancanti purtroppo di un collante efficace tra i vari quadri.

La favola dei Fratelli Grimm con i due bambini e la casa di marzapane ha sempre aperto riflessioni sulla disabilità. Qualche anno fa vedemmo il bellissimo e inquietante lavoro di Alessandro Serra sul tema. Stavolta è La Baracca ad occuparsi di “Hansel e Gretel” con un cast di non-attori che "soffrono" di disturbi psichiatrici. Due le intuizioni più illuminanti: l’uso delle cornici, all’interno delle quali mettersi in posa come in un bel quadretto familiare, e Hansel diviso, scomposto e scorporato in tre attori. All’interno di un contesto dove il rapporto con la matrigna è quantomeno difficile; infatti, è lei che li vuole abbandonare nel bosco, per i due fratelli questa diventa un’avventura di formazione per cementare il loro legame ma anche per prendere consapevolezza che possono cavarsela con le proprie forze proprio perché stanno crescendo e stanno maturando. Tra musiche ci hanno ricordato la colonna sonora di “The hours” di Philip Glass e citazioni pop come “Ho le tasche piene di sassi” ricordando Jovanotti, fino alla sconfitta della strega perché l’unione fa sempre la forza. Perché “le fiabe non insegnano ai bambini che i draghi esistono, loro sanno già che esistono. Le fiabe insegnano ai bambini che i draghi si possono sconfiggere”.

Il TPO di Prato ha ideato molti anni fa questo tappeto sensoriale di proiezioni suggestive. Questo “Tana” (ci sono dentro il progetto anche SardegnaTeatro e Fuorimargine), dolce e delicato, ricalca il già visto in altre loro esperienze del passato. Siamo in un bosco tanto virtuale e immaginario quanto tattile di colori e natura che si muove: le foglie spazzate dal vento come farfalle, i piccoli bruchi della frutta, l’orso in letargo, la chiocciola, nel passaggio delle stagioni tra piogge e neve, l’erba che si gonfia, i fiori che nuovamente nascono, le spighe di grano, i papaveri che popolano i campi, le api e il loro laborioso ronzare. Uno zoom sul sottobosco fragile e in mutamento, un affresco senza alcun approfondimento rispetto all’oggetto che è mostrato in quanto tale senza metafore, riferimenti, rimandi. È mancato qualcosa.

Molto intelligente, creando un ponte tra il Mito e l’ambientalismo contemporaneo, è il “Demetra” (Teatro Stabile Bolzano) a firma Agrupacion Senor Serrano con la narratrice Beatrice Baruffini. Un gioco interattivo che porta i bambini a pensare, ad essere coinvolti, a partecipare ascoltando, a prendere la parola e confrontarsi sui temi. Si svolge tutto sopra un tavolo (sarebbe stata bella e appassionante anche una versione per pochi spettatori tutti attorno a questa scrivania, come ad esempio gli spettacoli di David Espinoza) con microcamere che proiettano le immagini sul grande schermo. La Baruffini muove i personaggi del Lego, spiega, argomenta, chiede, ora prof didattica, adesso dj al mixer: Demetra insegna agli uomini l’agricoltura e la semina ma allo stesso tempo è anche la Dea della Natura selvaggia, anzi cerca l’equilibrio tra le parti dedicate al sostentamento degli uomini e il bosco dove possono tranquillamente vivere gli alberi, le piante e gli animali liberi nella foresta incontaminata. Il Re di Tessagliaperò vuole dare un grande banchetto ed ha bisogno di un grande tavolo per invitare tutto il paese a corte. Non vuole utilizzare vecchio legname ma esige querce da tagliare nel bosco protetto dalla Dea, una zona protetta che non doveva, secondo i patti, essere toccata. Ci viene in mente inesorabilmente l’Amazzonia che il governo brasiliano sta distruggendo e depauperando per lucrarci. Viene in mente il finale del “Giardino dei ciliegi” con il rumore delle asce che azzerano gli alberi secolari. Le querce vengono tagliate, il tavolo è costruito e la Dea si infuria e maledice il Re e lo condanna ad una fame insaziabile: il sovrano accecato dall’avidità mangia tutto voracemente ma più mangia più ha fame, il suo egoismo è pantagruelico e finisce le scorte del Regno, prima di mangiarsi la figlia (come il Conte Ugolino dantesco), fino a morsicarsi e suicidarsi di cannibalismo. Che è quello che capiterà all’Uomo, unica specie vivente che si estinguerà autonomamente, per avventate scelte irrazionali, dalle guerre, al nucleare, un’Umanità che non pensa che le risorse siano finite e che un giorno termineranno inesorabilmente. È l’accumulo, il consumismo, il non riuso e riciclo, il collezionismo, il non accontentarsi mai, lo spreco, il bracconaggio, è la mancanza di una visione futura che ci porterà al punto di non ritorno. Ed eccoci all’aggancio con una storia più vicina a noi, la vicenda dell’Isola di Pasqua, Rapa Nui e la costruzione dei Moai, le gigantesche teste piantate a terra che guardano il mare. In una stagione particolarmente secca, con le piogge che tardavano ad arrivare per bagnare soprattutto gli alberi di banano, principale sostentamento e fondamentale nell’alimentazione degli abitanti dell’isola, si decise per ingraziarsi gli Dei di costruire una grande testa in loro onore e dopo poco dalla sua costruzione l’acqua cadde copiosa dal cielo. Cominciarono a tagliare gli alberi di banano per far scivolare la pietra da una parte all’altra dell’isola. Ogni anno costruivano nuove statue di pietra che avevano bisogno di alberi per poter essere trasportate. Adesso sull’isola ci sono 900 teste ma nessun albero e quindi nessuna possibilità di alimentarsi ed è per questo che quel popolo si è estinto o è dovuto migrare per poter sopravvivere. Come è possibile che non se ne siano accorti che stavano andando verso il baratro dal quale non c’era nessuna possibilità di ritorno? È la nostra strada che stiamo percorrendo velocemente. Abbiamo rotto il patto con la Terra. Ci riempiamo la bocca con teorie ambientaliste senza riuscire a metterle in pratica, noi nel nostro piccolo quotidiano e gli Stati attraverso politiche cieche e ottuse. La Storia è lì che ci insegna se solo volessimo imparare la lezione. Perché i Miti sono eterni e immortali, perché sono successi, succedono, succederanno. Un gran bell’insegnamento. Uno spettacolo utile e necessario. Uno dei migliori della rassegna.

Altro spettacolo intenso, vero, è stato “Down” a cura del Collettivo Clochart dove, attraverso la danza e il racconto, una madre, con una casetta in testa (le costrizioni sociali, il giudizio, le paure) si confronta con la figlia affetta dalla Sindrome di Down. Il padre, un apicoltore quasi astronauta quasi spaventapasseri, non ha retto l’impatto e non ha saputo gestire l’evento, anche perché nell’alveare comanda l’Ape regina. La figlia (torna il nome di Gretel) in scena è realmente una ragazza con la sindrome di Down e danza e racconta consapevole, contro ogni pregiudizio, mettendo a nudo le ipocrisie, sottolineando le criticità da affrontare quando nasce in una famiglia un bambino speciale che ha bisogno di più attenzioni e più cure, più dedizione, pazienza, e tempo. All’alfabeto che snocciola la madre, A come amore, C come casa, S come Sole, I come insieme, M come mamma, la ragazza sciorina il suo più duro e amaro, senza fare sconti: A è handicappata, D è disabile, S è stupida, I è invalida, M è mongoloide. È quello che le è stato detto, quello che ha subito sulla propria pelle, come l’hanno fatta sentire. È tutta colpa tua, perché mi hai fatta down?” è il momento più cupo e drammatico della pièce. Le frasi fatte, cattive e banali, sui ragazzi con la Sindrome di Down poi ci scuotono nella nostra borghesitudine: nascono da genitori anziani, sono affettuosi, non so se me la sentirei di metterlo al mondo, sono un dono. La madre spacca tutti i piatti. Il padre arriva per tentare di rimettere a posto i cocci. Le case che chiudevano e comprimevano le loro teste si sfaldano, i pensieri sono liberi, la vita fluisce in tutte le sue diverse forme, nessuno è perfetto ma tutti hanno diritto ad una vita serena.

TOMMASO CHIMENTI

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QUA INVECE VEDIAMO COME HANNO VISTO ALCUNI SPETTACOLI TRE STUDENTI DEL LICEO CLASSICO DI FAENZA


GRANNY E IL LUPO/ DANILO CONTI/TANTI COSI PROGETTI

La scenografia è essenziale, come spesso accade negli spettacoli dal target più giovane, ma ciononostante si rivela ottima e sorprendentemente versatile, come quando
Lupo divora l'agnello e se ne vede l'ombra su fondo rosso. Gli oggetti di scena ed i pupazzisono poi davvero belli e geniali, il cubo Capretto- Lupo per dirne uno. La regia e le luci sonoveramente dinamiche ed evocative, parte centrale della scena. L'atmosfera che ne risulta è difatti completamente fiabesca arricchita da equivoci archetipici e perfette scelte stravaganti,come scegliere di inserire nella terza fiaba il fantasma di Granny.
La voce di Danilo Conti è quella di un nonno che narra un racconto ai suoi nipoti: calda, avvolgente ed evocativa. Un attimo uso delle onomatopee corona il tutto. Gli spunti comici
hanno ovviamente come target i più piccoli, ma non mancano momenti in cui tutta la platea rideva dolcemente: quando Lupo si finge un rider e parla in dialetto.
La trama è ovviamente lineare e comprensibile per i più piccoli, ma non cade mai nella banalità e brilla sempre di inventiva e novità.
In conclusione,"Granny e il lupo" si presenta come un eccellente spettacolo, che dimostra un grande impegno, destinato ai più piccoli ma di grande intrattenimento anche per gli adulti.

DoppioZero/Circo carpa diem

La scenografia è resa subito intrigante dal palo a lato che riesce ad evocare la figura di un tendone da circo. Gli altri oggetti presenti in scena evocano un' immaginario di
campagna che, assieme alla musica, porta la mente ai primi anni del 1900. Il tutto porta adun'atmosfera spensierata, leggera, accogliente e calda.
Tulli e Vroni vivono e costruiscono un limbo sereno, il momento nelle fiabe in cui il dramma non è ancora giunto e regna solo la felicità. Gli ostacoli che affliggono i protagonisti sono infatti Irrisori e minimi e, perciò, spensierati.
Ma il rischio di cadere nella noia è sventato dal modo in cui i due vivono. "Vivi la tua vita come fosse un'opera d'arte": ecco, Tulli e Vroni vivono secondo l'arte circense e questo rende la loro quotidianità degna e meritevole di un pubblico.
Un uso eloquente del gibberish strania ancora di più, rendendo altra la realtà dei protagonisti.
La musica e la radio poi sono un magnifico supporto in molte scene.
Per concludere, "DoppioZero" si inscena come un godibilissimo equilibrio tra circo e teatro dal risultato sorridente ed ottimo.

CANDIDO / TEATRO DUE MONDI

La scenografia è semplicemente eccezionale, estremamente versatile ed a trattistravagante. Similmente, gli oggetti di scena ed i costumi sono sempre fantasiosi, puntuali,
iconici e mai involontariamente buffi.
L'atmosfera dipinta sul palco è folle e giocosa ma, ciononostante, quando necessario sa essere incredibilmente profonda e riflessiva.
La recitazione è realmente impeccabile, capace di tradurre in realtà le follie narrate in scena. Uno spettacolo semplicemente ottimo, che ho trovato da standing ovation.

GRETEL/ QUATTROX4
La scenografia è compatta, fantasiosa, inaspettata ed assai particolare, ma forse mal distribuita nel controllo del palco. La trama è assai vaga e quasi assente a causa dell'ampio target, ma questo anziché arricchire di serenità lo spettacolo semplicemente indebolisce sul piano drammaturgico.
Le capacità circensi di Clara Storti sono semplicemente eccezionali, ma mal conciliatecon la narrazione, facendo sì che una sia sempre a discapito dell'altra.
La caratterizzazione di Gretel poi la porta ad essere una stravagante che vive in un suo mondo stravagante, e questo non arricchisce la narrazione ma la appiattisce.
Concludendo, "Gretel" è uno spettacolo lineare e semplice, dalla trama sottile, che gioverebbe dal restringere alla fascia dei più giovani il target.

                                                                             EDOARDO DALL'AGATA

Sul palco si trovano a convivere due personalità dolci, tenere. La scena è una continua danza armoniosa durante la quale, piano piano, il pubblico impara a conoscere i protagonisti
attraverso i loro giochi e le movenze che rendono la coppia inscindibile: l’uno non può esistere se non insieme all’altro. Lui con lo sguardo trasognato e lei che sprizza di energia. Si
respira un'aria sognante, una leggera quotidianità dell'Europa prima della guerra, un’Europa ancora analogica e affezionata alla radio. “Doppio zero” è una carezza di sessanta minuti che non perde mai il suo calore.

GRANNY E IL LUPO/ DANILO CONTI/TANTI COSI PROGETTI

Un lupo famelico alla ricerca disperata di cibo. Uno spettacolo che rappresenta quasi l’anti-cappuccetto rosso. Magistrale la capacità di Danilo Conti di barcamenarsi abilmente tra
i vari personaggi con cambi di voce e di costumi e maschere. A supporto dell’attore una scenografia minimale, ma molto efficace.

GRETEL/ QUATTROX4

Uno spettacolo che attraverso il circo rivisitato in chiave contemporanea, trova lo spazio per fare riflettere su temi più che mai attuali come quello dell’identità e della casa. Gretel vive
nel suo angolo di paradiso, nel suo quadrato di perfezione, quando in pochi minuti tutto viene distrutto e inizia un viaggio verso la riscoperta dell’Io e una ricerca di un luogo da chiamare casa.

CANDIDO / TEATRO DUE MONDI

Candido è un giovane sognatore, forse ingenuo. Attraversa mille peripezie attanagliato da una domanda: “E’ davvero questo il migliore dei mondi possibili?”. Un dilemma che, durante lo spettacolo, viene proposto da tutti i tre protagonisti direttamente al pubblico. La narrazione si ferma, la magica divisione tra attore e spettatore cade, e tutti, adulti e bambini, si interrogano per pochi istanti sui problemi del mondo contemporaneo. La rappresentazione poi prosegue, ma la domanda rimane. Uno spettacolo che coinvolge i protagonisti nel suonare o cantare sul palco e durante il quale gli attori entrano a far parte della scenografia per raccontare le vicende del giovane di Vestfalia. “Candido” è uno spettacolo che con la leggerezza e il linguaggio diretto tipico delle fiabe per bambini riesce a parlare anche agli adulti.

                                                                                     MATTEO LOLI

GRANNY E IL LUPO/ DANILO CONTI/TANTI COSI PROGETTI

Nonostante l’età infantile a cui questo spettacolo punta, si è rivelato senza dubbio un capolavoro. La trama è semplice, riprende molte fiabe e favole, dando un senso di nostalgia e spensieratezza, è interamente recitato da un solo attore, Danilo Conti, cosa che, ancora una volta, è stata voluta per trasmettere l’idea di racconto narrato da un genitore quando i bambini sono sotto le coperte pronti per ascoltare la prossima storia. Il lavoro svolto dal punto di vista vocale è magistrale, lo spettacolo è pieno di onomatopee e voci grottesche, per assomigliare al Lupo, e voci deboli e tremanti, per interpretare un agnellino. Spesso mi sono ritrovato a ridere di gusto, anche solo per aver visto il Lupo conciato per le feste l’ennesima volta, e questo può significare solo che la comicità non è mirata a far ridere solo i bambini.
Altri complimenti spettano all’uso degli oggetti di scena, che, ottenuti in maggior parte con cose della vita quotidiana, come scatole o panche, sono ottimi per il contesto semplice e infantile in cui è immersa la storia. Infine anche la regia è stata ottima, le luci e i suoni sono sempre stati ben scelti e mai superflui.
Nel complesso mi sento caldamente di consigliare questo spettacolo, che garantisce divertimento per adulti e piccini.

DOPPIO ZERO/CIRCO CARPA DIEM

Uno spettacolo di giocoleria molto ricercato, in cui l’intera vicenda ruota attorno alla preparazione di una pagnotta di pane. La scena si apre con uno dei due protagonisti che legge una rivista, usufruendo della scenografia in modo molto fantasioso, il palo centrale infatti sarà un elemento fondamentale per le vivaci coreografie, la trama é molto lineare e vuole raggiungere soprattutto il più totale senso di spensieratezza e allegria che si può provare cucinando mentre si ascolta bella musica, in compagnia di altre persone, semplicemente pensando ad impastare e divertirsi. L’accompagnamento sonoro ricorda in molti aspetti della musica che sa di vecchio, ricoperta di polvere in soffitta, viene trasmessa su una radio arcaica, il che riporta alla mente il passato.
In conclusione posso affermare che è un ottimo spettacolo di giocoleria, spesso sono rimasto colpito dalle evoluzioni che sono state mostrate, se amate questo genere di spettacoli e volete godervi un’oretta di spensieratezza senza troppi pensieri, lo
consiglio caldamente.

CANDIDO / TEATRO DUE MONDI

Questo spettacolo rasenta la perfezione, ogni personaggio è ben costruito e caratterizzato, la trama ruota attorno alla ricerca dell’amore del protagonista, Candido. Ho trovato la recitazione di ogni attore e soprattutto la scenografia semplicemente perfetti, mai troppo grotteschi e allo stesso tempo buffi e comici. La trama è anch’essa assai improbabile, ma sempre coerente e mai difficile nella comprensione. Tutti gli elementi dialogano tra loro alla perfezione, permettendo la completa immersione nella vicenda.
In conclusione posso solo affermare che non avevo quasi mai visto un tale livello da parte di una tale rappresentazione.

GRETEL/ QUATTROX4

Per essere un spettacolo acrobatico mi sarei aspettato di meglio, almeno, dal punto di vista prettamente visivo, bisogna ammettere che la bravura della protagonista è semplicemente ottima, tuttavia è la parte della trama che pecca di più, spesso ho trovato lo scorrere delle vicende poco collegato tra loro, non ho compreso alcune scelte prese, come ad esempio per
la distruzione della scenografia, che non valorizza a pieno il palco, concentrandosi solo sul centro.
In conclusione posso affermare che non si parla di un cattivo spettacolo né ne sconsiglio la visione. Tuttavia ho visto spettacoli dello stesso genere nettamente superiori che mi hanno saputo intrattenere più attivamente.


                                                                    ALESSANDRO FRATTINI


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