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Eolo
recensioni
ECCO IL REPORT DI EOLO SUL GIOCATEATRO 2024
A CURA DI MARIO BIANCHI E DELL'OSSERVATORIO CRITICO DEI GIOVANI CURATO DA MICOL YALLA

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È tornato a Torino “Giocateatro” il Festival di Teatro per le Nuove Generazioni, organizzato dalla Casa del Teatro ragazzi e giovani, diretto da Emiliano Bronzino sotto l’occhio vigile e attento di Angela Santucci . La ventottesima edizione di Giocateatro Torino ha programmato nei suoi tre giorni dal 17 al 19 Aprile quattordici titoli che hanno attraversato tutte le forme e i linguaggi del teatro dedicato ai bambini e alle bambine ai ragazzi e alle ragazze, alla presenza di un folto pubblico di operatori e di spettatori torinesi e non. Al suo interno è stata ospitata anche la prima edizione del progetto BUGs, un esperimento inedito di sostegno alla creatività emergente nell'ambito del teatro per le nuove generazioni di cui abbiamo visto già un ottimo risultato “Sono solo parole” di Zerocomma Zero Uno, prodotto anche dal milanese ATIR che con attenzione sta visitando da qualche anno il teatro ragazzi. Linda Eroli, presidente di Assitej Italia, ha presentato la nuova edizione di In-forma che si terrà in Settembre proprio alla Casa del Teatro ragazzi e che verterà sul tema dell'Accessibilità.

Diversi, come dicevamo, i linguaggi e i temi affrontati:  “La Storia che non ho mai disegnato “ dove, attraverso la realtà virtuale, il famoso disegnatore e fumettista italiano Michael Rocchetti ha introdotto i ragazzi nel suo particolarissimo linguaggio, poi Francesca Maria Rizzotti, accompagnata musicalmente da Laura Culver per Onda teatro con la regia di Silvia Elena Montagnini, continunando il suo particolare percorso riguardante i ritratti di donne, ci ha raccontato in modo vivificante, attraverso gli occhi di un’adolescente, la figura della drammaturga e attivista Olympe de Gouges, che nel 1791 scrive la Dichiarazione dei diritti della Donna e della Cittadina.  Monica Mattioli, dopo aver messo in scena in modo significante Barbablù, con Alice Bossi che l’accompagna nella regia e nella drammaturgia, in scena con Roberto Boer si avventura nel mondo di Gianni Rodari, ispirandosi a “Teresin che non cresceva” attraverso le scenografie di Msrco Muzzolon e Mirella Salvischiani.
Abbiamo poi rivisto con piacere sia “ 3 Pigs. Cosa è casa “ di Campsirago Residenza , versione della celebre fiaba e “Emanuela Loi , La ragazza della scorta di Borsellino “ di Eleonora Frida Mino .

Anche il Circo era presente al Giocateatro con “ Doors” con  Luca Macca e Simone Vaccari dell'emiliana compagnia del Buco, i quali, attraverso la loro misurata sapiente baldanza, riescono attraverso la miseriosa invisibilità di una porta ad inventare mondi ogni volta diversi. E così la porta con cui i due artisti giocano dopo averla portata in scena, diventa veramente quella dell'Universo, conducendoci in mondi paralleli, riempiendo il suo vuoto di meraviglie. Tutto ciò per mezzo anche di una manipolazione davvero eccellente che imbroglia lo sguardo dei piccoli spettatori composta da cornici sempre diverse che rimandano alla Storia dell'Arte, chiavi disperse, maniglie magiche, apparizioni e non sense,di divertente e meditata composizione

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Nell’analisi di alcuni spettacoli ci siamo fatti aiutare da un giovanissimo osservatorio critico di già provata esperienza, curato da Micol Jalla

LE LACRIME DI ACHILLE/ TEATRO DEL BURATTO

Gli eroi sono assai simili agli Dei, ma essi sono uomini, nel vero senso del termine, mortali, dunque, ma che vivono eterni, nel Mito, in un luogo cioè fuori dal tempo e da uno spazio preciso che la letteratura ci consegna vivi,vivi con i loro sentimenti, con le loro passioni che ben conosciamo, essendo insiti anche nel cuore di ognuno di noi e che,essendo fuori da ogni tempo, sono universali : Achille, figlio della Dea Teti, è uno di loro. Achille, pur essendo un eroe, è mortale, anzi sa che deve morire e, insieme a lui, lo sa il suo compagno di sempre, Patroclo. Achille e Patroclo mortali, ma che Omero nell’Iliade ha reso immortali, Achille e Patroclo che prima di essere soldati sono stati anche due ragazzi. Achille e Patroclo, uniti come il sale e il pepe, come l’olio e l’aceto, come Romeo e Giulietta, senza il primo, l’altro sarebbe solo memoria. Due ragazzi provenienti da famiglie differenti, Achille figlio di una Dea, Patroclo di un padre poco amorevole ( Menezio) che avrebbe voluto un figlio più dedito alle armi. Achille forte e vigoroso, nato per la guerra, Patroclo, sempre titubante, mingherlino e pieno di paure. Lo spettacolo del Teatro del Buratto “ Le lacrime di Achille “ diretto da Renata Coluccini ci narra del rapporto tra questi due personaggi e nel contempo ci parla della ferocia della guerra, dell’amore e della morte e lo fa con un’ode alla vita e all’amicizia. A condurci nei meandri di questi sentimenti è Patroclo (Davide Del Grosso) apparentemente il più debole dei due con il suo desiderio e il suo bisogno di essere ascoltato, ma qua è invece Achille (Giacomo Peia ) ad avere il forte bisogno di esprimersi, di farsi sentire, lui il l’indomito, lui l’eroe più forte dei Greci, lui impavido davanti alle frecce alle spade dei nemici di cui semina morte. Attraverso le parole di Patroclo sapremo come si sono incontrati , dell’apprendistato con il loro maestro Chirone, lo stesso che a Giasone diceva che ogni cosa della natura è invasa dal sacro, la vita a Ftia alla corte di Peleo che aveva accolto con benevolenza Patroclo, la paura reciproca della guerra, la partenza per Troia (“Ma perché non possiamo danzare o suonare la lira tutta la vita?! Perché dobbiamo per forza allenarci per combattere per fare qualcosa per esser ricordati?”) e l’odio per Agamennone, la decisione di Achille di non partecipare più alla guerra per il vero ratto di Brisede da parte del capo dei greci. E poi l’incauta volontà di Patroclo di vestire le armi del compagno per il ritorno in battaglia (“ Fammi fare la mia scelta! Hai scelto di essere un eroe e non un uomo comune, hai scelto di assecondare una profezia che potevi evitare e cambiare destino, hai scelto me! …E lo hai fatto quando mi hai visto tra tutti quelli che ti circondavano…io il più fragile, il più esile…” ) dove, inesperto come era e indebolito dal dio Apollo, viene ucciso da Ettore. È qui che sgorgano le lacrime di Achille per la perdita dell’amato, per l’impossibilità di vivere la vita con lui, di guardare le stelle insieme, certo però di essere, poco dopo, insieme a lui, per sempre in cielo uniti in una costellazione, perché gli eroi è lì che vanno a finire. Piange Achille, perché, come gli ha insegnato Patroclo, lui prima di essere un eroe è un essere umano e gli è concesso piangere e così le sue lacrime sgorgano anche davanti a Priamo che gli chiede il corpo del figlio Ettore : il pianto di un padre saprà sciogliere il cuore del figlio di Teti, pur indurito dal dolore dalla perdita del compagno. Tutti questi compositi e complessi sentimenti sono espressi attraverso la discreta e minuziosa regia di Renata Coluccini in modo profondamente poetico nello spettacolo del Teatro del Buratto, attraverso tutte le splendide armi che il Teatro possiede (queste sì splendenti, non intrise di sangue come quelle della guerra). “Le lacrime di Achille” vive infatti nella sua congrua e totale semplicità di accenti attraverso un testo che è capace con le sue parole di riverberare tutte le struggenti emozioni che la vicenda suggerisce, accentuate dalle musiche originali di Luca De Marinis, dalle scenografie scintillanti e dagli oggetti di scena di Caterina Berta e dal disegno luci di Marco Zennaro. Tutti elementi non invadenti, ma di intrigante semplicità che lasciano spazio alle parole e ai movimenti di un sempre più convincente Davide Del Grosso, Patroclo, e del promettente Giacomo Peia, Achille. Uno spettacolo di grande suggestione da proporre ai ragazzi come antidoto a un mondo dove la guerra e l'intolleranza paiono regnare sovrani.

TRE SAGOME /DARIO MORETTI/TEATRO ALL'IMPROVVISO

Un artista, un maestro, quando arriva alla sua piena maturità non ha più bisogno di nessun orpello per esprimersi, ma dispiega liberamente la sua arte con semplicità e perfetta abile destrezza . Così ha fatto Dario Moretti del Teatro all’improvviso in “Tre sagome” nel raccontare tre fiabe (Zio Lupo, Giovannin senza paura di Calvino e Tremotino dei fratelli Grimm) scegliendosi da sé le musiche appropriate, accompagnandosi con semplici gessetti su una piccola lavagnetta di ardesia su cui disegnare minuscoli segni esplicativi di ciò che narra. Le tre storie si intrecciano in un unico racconto : sono tre storie che narrano di una bambina golosa, di un ragazzo che non aveva paura di niente e di una fanciulla messa alla prova da un avido Re. Tre storie che si intrecciano e si mescolano tra loro, a volte confondendosi ma mantenendo sempre la loro intima sostanza . Sono storie racchiuse nel tempo di un giorno, di una notte e di una vita che Dario Moretti ci restituisce con miracolosa accortezza narrativa parlandoci con leggerezza di tutti i sentimenti in cui si impasta la vita e anche di dolore e di morte perché non è poi così vero che “tutti vissero felici e contenti” . Un piccolo capolavoro.


SONO SOLO PAROLE / DANIELA ARRIGONI E DANIELE PENNATI / ZEROCOMMA ZERO UNO Co-produzione Industria Scenica e ATIR Con il sostegno di BUGs e di Sotterraneo

La vera sorpresa del Festival è venuta da questo spettacolo, creato da una giovanissima compagnia sul tema del linguaggio, che, è giusto sottolineare come essere una problematica che sta attraversando veramente tanti spettacoli, segno che è veramente un' esigenza sentita da molti in modo particolare in una società in continua trasformazione.
In un segretissimo laboratorio, protagonisti dello spettacolo sono gli agenti speciali D e D che compiono ogni giorno un lavoro assai stressante e particolare: raccolgono tutte le parole che vengono dette, scritte, cantate o pensate e ne decidono il destino, approvandole o respingendole in un gioco continuo divertente ma anche di intelligente proposta educativa, mai  didascalico, perchè intriso di sapida ed irriverente ironia. E' in questo modo che attraverso un meccanismo teatrale di accorta composizione, durante il quale anche il pubblico partecipa, veniamo a comprendere come anche le parole ed il loro corretto uso facciano parte del cambiamento positivo del mondo e come il loro uso  abbia la potenza inequivocabile sia di dividere ed escludere ma anche e soprattutto di unire ed includere tutte le varie componenti di cui è composto il genere umano.

MARIO BIANCHI

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ECCOCI QUA AD ASCOLTARE I RAGAZZI DELL'OSSERVATORIO CRITICO DELLA CASA DEL TEATRO RAGAZZI E GIOVANI COORDINATO DA MICOL JALLA  INTORNO AD ALTRI SPETTACOLI

JINN DELLA COMPAGNIA ANAGOOR PRODOTTO DA "LA PICCIONAIA" DI VICENZA

MARGOT DI 19 ANNI DALLA PLATEA  CI SPIEGA IL COMPLESSO  MECCANISMO DI QUESTA NUOVA CREAZIONE DEL GRUPPO VENETO PER LA PRIMA VOLTA IMPEGNATO IN UNO SPETTACOLO PER L'INFANZIA

In una rivisitazione moderna e scenografica possiamo trovare la compagnia Anagoor presentare ilsuo nuovo, e primissimo, spettacolo per bambini e ragazzi: Jinn.
Una messa in scena interattiva e molto curata accompagna un gruppetto di piccoli “attori”, scelti fra il pubblico, in un viaggio epico alla ricerca del Jinn e della propria identità.La cosa che più colpisce il pubblico è la bravura degli attori in scena a coinvolgere i ragazzi fatti salire sul palco. La scenografia è molto significativa: gli adulti sono esclusi e sono costretti aguardare lo spettacolo da dietro il muro di tende che copre il palco. Un modo creativo, forse, perinvogliare i genitori a distaccarsi dai propri figli e aiutarli a comprendere che devono essere spettatori e non autori del percorso di crescita dei piccoli.
L’esclusione dello spettatore risulta totale, quasi a far sentire a disagio il pubblico, come se non si dovesse trovare lì, come se stesse sbirciando l’accaduto da delle finestre con le tende tirate.Inoltre la scelta dei colori e delle musiche è molto singolare per uno spettacolo per ragazzi, in quanto sono cupe e apparentemente poco coinvolgenti.
L’esperienza performativa è riservata ai bambini coinvolti; noi adulti, spettatori volutamente esclusi, non possiamo che sospendere il giudizio su un’esperienza che ribalta con grande originalità le norme del rapporto performer-pubblico e che soltanto chi ha vissuto può restituire.

VIOLA DI 8 ANNI CI MOSTRA LO SPETTACOLO DA UN 'ALTRA VISUALE ESSENDO SALITA SUL PALCO

Lo spettacolo parla di delle persone che vogliono andare in un posto dove ci sono dei personaggi che si chiamano Jinn. Quando siamo arrivati dai Jinn abbiamo iniziato a fare un ritmo per diventare loro amici perché a loro piace la musica. All’inizio ci avevano detto di pensare a un animale senza dirlo a nessuno, poi quando siamo saliti sul palco ci hanno messo dei vestiti con un cappuccio addosso e poi abbiamo iniziato il cammino. Quando siamo arrivati ci hanno fatto dire l’animale che avevamo pensato e poi andavamo uno a uno nella casa dei Jinn a esprimere il nostro desiderio.
Nella casa dei Jinn c’era la luce, non c’era la porta ma un’apertura in alto difficile da raggiungere, dovevamo arrampicarci e arrivavamo gattonando trasformati nel nostro animale. In questo caso io ero una volpe quindi sono andata scodinzolando e zampettando sul tappeto. Dentro c’erano dei cuscini e una ragazza molto gentile che ci ha fatto esprimere il nostro desiderio. Dopo siamo andati da un altro ragazzo che aveva fatto la guida del viaggio e ci siamo messi a fare le piante dei desideri.E poi siamo cresciuti e cresciute come delle piante dei desideri.
Poi dopo ci hanno fatto prendere degli strumenti e abbiamo cominciato a suonare avanzando tra le sedioline del pubblico. È stato molto bello perché poter essere vicino al pubblico era una cosa bella ed è stato bello anche salire sul palco. Il pubblico non vedeva bene perché c’erano dei veli davanti al palco....

RESOCONTO DI IRENE, 9 ANNI DAL MEDESIMO PUNTO DI VISTA

..... Un gruppetto alla volta ci hanno fatto salire sul palco e ci hanno fatto mettere delle tuniche. Prima di salire ci hanno detto di immaginare un animale. Io avevo scelto la renna. Appena  eravamo tutti saliti e incappucciati, ci hanno fatto fare dei giri in fila indiana su e giù dal palco. Ad un certo punto ci siamo fermati ed eravamo su un tappeto giallo che all'inizio pensavamo che fosse un deserto. Gli attori ci hanno detto che era un tappeto magico. Ci hanno fatto sedere e alzare sempre più velocemente fino a quando il tappeto non si è alzato e abbiamo cominciato a volare. Mentre volavamo, ci sono venute incontro delle aquile ed eravamo dentro una tempesta.
Ci siamo chiesti dove volevamo andare e abbiamo detto dei posti a caso. Io ho detto Parigi e Irlanda. Stavamo cercando questi Paesi e queste città, quando ci siamo ritrovati in una grotta sott'acqua. Gli attori ci hanno spiegato che di solito i Jinn si nascondono dentro le grotte sott'acqua. I Jinn sono degli esseri mutaforma che possono esaudire i desideri. Ci hanno detto che per chiamarli bisogna fare del ritmo. Quindi ci siamo messi a battere i piedi e le mani a ritmo. Da dietro un telo bianco-trasparente abbiamo visto delle luci che sembravano delle aurore boreali e il telo si è aperto. Era la casa dei Jinn e gli attori ci hanno chiamati uno ad uno facendo dire l'animale che avevamo scelto prima e delle sue caratteristiche: come si muoveva e qual era il suo verso.
Tutti dovevano rifarlo: chi aveva scelto l'animale doveva andare verso la casa dei Jinn ed entrare.
Dentro c'era un'attrice incappucciata che ci diceva di esprimere un desiderio e dirlo, così i Jinn l'avrebbero esaudito. Alla fine ci hanno dato dei bastoni e delle campanelline e bisognava suonare e tornare ai nostri posti........Poi mi sono sentita come se stessi davvero volando. Quando dovevo aspettare gli
altri per dire il mio animale mi sono un po' annoiata. Ero un po' a disagio perché avrei voluto dire iL mio desiderio da sola. Mi sono divertita soprattutto quando si facevano i giri su e giù per il palcocon le campanelline e i bastoni.

COME HANNO VISSUTO L'ESPERIENZA MIRUNA E LEONARDO

Resoconto di Miruna, 7 anni

Sul palcoscenico mi sono sentita coraggiosa, avventuriera, emozionata, meravigliosa e un’attrice.
Sul palco dovevamo conoscere i Jinn che ci hanno ospitati e ci hanno fatto esprimere i nostri
desideri e si sono avverati. E infine abbiamo salutato i Jinn e ognuno è andato a casa sua....

Resoconto di Leonardo, 8 anni

Mi è piaciuto tanto incontrare Jinn, esprimere il desiderio, fare tutto il percorso per ritornare a
casa, ed esser scelto all’inizio per entrare e mettermi il costume da Jinn. Non c’è nulla che non mi
sia piaciuto. Sono stato molto felice di assistere allo spettacolo per le cose dette prima e anche per
il fatto di essere visto da tutti.







OLTRE QUI – La Piccionaia/Aurora Candelli

L'OTTIMA E ESAUSTIVA RECENSIONE DELLO SPETTACOLO DI MARGOT (19 ANNI)

In una scenografia semplice, Aurora Candelli, unica attrice (anche autrice) in scena, gioca con gli oggetti che trova attorno a sé. È attraverso l’esplorazione della scenografia, focus principale dellospettacolo, che la protagonista sperimenta e scopre diversi stati d’animo. Uno spettacolo rivolto ai più piccoli (da 1 a 5 anni) che riesce a coinvolgerli e a riempire la platea di risate e al contempo a faresplorare con delicatezza il mondo delle emozioni, legittimandole tutte, in un perfetto disequilibrio che tanto bene rappresenta l’indole variegata e mutevole dell’animo umano.
L’uso delle parole diventa superfluo: la drammaturgia ben curata, con passaggi fluidi da una situazione all’altra e la creazione di una solida e semplice storia che fa da filo conduttore, e l’ottimaespressività dell’attrice riesce a colpire diritto nel profondo il bambino, che è portato a riconoscere molto bene le emozioni portate in scena.
Nel finale aperto, i piccoli spettatori sono invitati sul palco a giocare. La trama non si chiude, la luce non si spegne, non c’è un inchino, perché le emozioni non finiscono, non hanno fine e non si mettono in pausa. Un’interessante avventura nel complesso mondo delle emozioni umane, che Trascina i più piccoli alla scoperta di loro stessi e di cosa hanno dentro con semplicità e raffinatezza.



L’USIGNOLO E L’IMPERATORE – Fondazione TRG/Giacomo Ravicchio

SERENA (12 ANNI) RESTITUISCE IN MODO VIVO E PROFONDO QUELLO CHE HA VISTO NARRARE SUL PALCO IN QUESTO ELEGANTE E SUGGESTIVO SPETTACOLO,ADATTO PER OGNI TIPO DI PUBBLICO.

Un semplice usignolo può far felici tutti, ricchi e poveri; la ricchezza da sola non rende felici; le cose che fanno emozionare nascono solo dagli esseri viventi liberi. Questo è ciò lo spettacolo L’usignoloe l’imperatore, con la regia di Giacomo Ravicchio e la drammaturgia di Ravicchio, Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci (qua anche  ottimi attori) fa passare agli spettatori. Uno spettacolo sull’importanza della libertà che non ci si stanca mai di guardare. È la storia di un imperatore, interpretato da Pasquale
Buonarota, che non mangiava, non dormiva e non si divertiva più, finché gli viene raccontato del bellissimo canto dell’usignolo (Mirjam Schiavello,veramente brava a cantare e danzare per rendere vivo il suo difficile personaggio). Allora l’imperatore, chiedendo aiuto al servo(Alessandro Pisci) fa cercare l’usignolo, che lo incanta con le sue melodie. Allora l’imperatore lo insignisce dell'onorificenza di ospite d’onore; un’onorificenza poco felice, perché in pratica lo ingabbiano. Un giorno l’imperatore del Giappone regala all’imperatore della Cina un usignolo meccanico. L’imperatore prova a farlo cantare insieme a quello vero, notando che è molto più preciso e apprezzandolo di più di quello vero. L’usignolo vero riesce a scappare, e quando l’imperatore, per questo tornato nella depressione di prima, ha bisogno di aiuto, torna ad aiutarlo,
nonostante la sofferenza che con la prigionia gli era stata provocata. L’imperatore lo ringrazia e l’usignolo dice a lui e a tutto il pubblico quello che è il messaggio dello spettacolo: che lui canterà per l’imperatore, ma anche per il contadino o per il pescatore. Per tutti, senza distinzioni.




DEsPRESSO – COLLETTIVO CLOCHART /MICHELE COMITE

MOLTO CONVINCENTE CARLOTTA (12 ANNI) A SOTTOLINEARE I MESSAGGI NASCOSTI DI QUESTO SPETTACOLO CHE METTE IN SCENA LA COSIDETTA DISABILITA'

Una porta. Due sorelle che hanno bisogno l'una dell'altra, ma non riescono ad accorgersene. La voce dei genitori che parla ad una di loro, forse a tutte e due. DEsPRESSO, spettacolo di Collettivo Clochart con regia e drammaturgia di Michele Comite, è uno spettacolo che ha due protagoniste, Viviana e Giorgia, interpretate dalle omonime Viviana Pacchin
e Giorgia Benassi. Viviana è in momento buio della sua vita, la depressione, che la porta a voler sempre stare da sola. Giorgia è la sorella piccola, allegra e vivace, con la sindrome di down. Anche se non sembrerebbe, la più bisognosa tra le due è Viviana, e Giorgia cerca di aiutarla con tutte le sue forze e con immediata naturalezza. Lo spettacolo va avanti tra scene comiche e drammatiche e con coreografie (firmate da Jemima Hoadley e Hillary Anghileri) che rappresentano la lotta di Viviana per districarsi da una grande ragnatela, simbolo della depressione. Giorgia aiuterà Viviana a sciogliere ogni nodo, scacciando il ragno che cerca di tessere quella ragnatela. I temi e i messaggi sono numerosi: la lotta contro la depressione, l'aiuto reciproco, la forza dell'amore... ma soprattutto il fatto che apparenti debolezze possono rivelarsi grandi pregi.



PRENDERE IL VOLO/DROGHERIA RABELOT

SOFIA  (12 ANNI) CI RESTITUISCE TUTTA L'ESSENZA DEL NUOVO SPETTACOLO DI TEATRO DI FIGURA REALIZZATO DI QUESTA GIOVANE E PROMETTENTE COMPAGNIA

Una bambina di nome Zazì ama gli uccelli e trascorre l'infanzia con loro, salvandoli e prendendosene cura. Questo il tema di “Prendere il volo”, nuovo spettacolo di Drogheria Rebelot
prodotto dalla Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani. L'interpretazione dolce e coinvolgente di Miriam Costamagna, attraverso le storie che racconta e
con l'aiuto della scenografia antica e incantata di Andrea Lopez Nunes emoziona il pubblico e lo fa sentire parte dello spettacolo. Rappresentazione teatrale interessante e anche istruttiva per il tema affrontato: trasmette nozioni di ornitologia senza però scendere in dettagli che rischierebbero di annoiare il piccolo spettatore. Soprattutto emerge la passione della protagonista per il mondo degli uccelli. La scenografia ispira curiosità per ciò che nasconde.





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