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Eolo
recensioni
TRALLALLERO 2022 AD ARTEGNA
LO SGUARDO SU DUE GIORNI DI MATILDE MARRAS E ALCUNI PENSIERI DI RENATA COLUCCINI

LA NOSTRA INVIATA MATILDE MARRAS CI PROPONE IL SUO REPORT DI DUE GIORNI DEL FESTIVAL FRIULANO ORGANIZZATO DA TEATRO AL QUADRATO.

La giornata del 13 Ottobre si apre con una produzione del CSS Teatro Stabile di innovazione del FVG: col testo di Gaetano Colella e la regia di Maria Maglietta, Roberto Anglisani porta in scena “Il Minotauro”. Lo spettacolo è pensato per le scuole medie, ma nella replica che vediamo il pubblico è di una quarta e quinta elementare; per questo motivo, Anglisani sceglie di introdurre il lavoro con una breve presentazione in cui spiega, per chi non lo sapesse, l’antefatto del mito. Quando inizia a recitare, l’attenzione dei bambini viene ben presto catturata: nonostante la potenziale difficoltà del testo, quasi interamente in versi, la drammaturgia appare fin da subito chiara e fruibile: Icaro, narratore della storia, racconta in endecasillabi l’incontro con il suo amico Minotauro, che raccoglie un pallone lanciato per sbaglio dal bambino nel labirinto e che rivela un carattere molto distante da quel “mostro” di cui tutti, in città, parlano. Le musiche di Mirto Baliani suggeriscono immagini e cesure incalzanti nella drammaturgia, che si sviluppa con l’arrivo di Teseo e il tentativo, da parte di Icaro, di dissuaderlo dall’uccisione della bestia. Il tentativo fallisce e il narratore si ritrova a piangere la morte dell’amico e a raccontarne la storia, parlando di diversità e inclusione in un modo tutto poetico: “sì, sono diverso” dice il Minotauro a Teseo chiedendogli un abbraccio, “ma apri il mio cuore e guarda che batte come il tuo”.
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La mattinata continua con “OH!”, spettacolo della compagnia Catalyst, che prende ispirazione dall’omonimo albo illustrato di Hervé Tullet: sul palco un grande libro bianco, dal quale escono due attori. Senza dialoghi né parole, i performer diventano la personificazione di due suoni diversi, venuti fuori dalle pagine stampate. Ben presto viene coinvolto il pubblico, che diventa un vero e proprio gioc-attore. Tutto funziona grazie a un meccanismo visivo, per cui al suono “Oh” corrisponde il colore blu e al suono “Ah” il colore rosso, intrecciato con un meccanismo uditivo, di cui anche i bambini sono creatori, per cui le varie vocali possono cambiare di grado, durata e intensità.
Nella replica che vediamo, però, qualche regola del gioco non funziona del tutto e i bambini intervengono fin da subito con molta foga, che ben presto diventa caotica. I segni in scena (dai momenti di giocoleria, a quelli musicali, alle proiezioni e alle interazioni col pubblico) sono molti e rischiano di offuscare la trovata principale, di per sé già molto forte: poter interagire con due vocali uscite da un libro è un’idea che può contare su una forte inclusività e sperare di raggiungere le più diverse nazionalità, dal momento che nello spettacolo non ci sono parole; inoltre, i livelli di lettura sono molto numerosi e catturano senza difficoltà anche l’attenzione degli adulti.
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Il terzo spettacolo che vediamo è “Wonder me”, di Ketti Grunchi. La location è l’asilo nel bosco Nido Verde e, infatti, il rapporto con la natura appare fin da subito fondamentale: lo spazio circolare, delimitato da rami e foglie, è occupato da due donne, che nella prima parte della restituzione si esprimono  con brevi parole e dialoghi in veste di personaggi, e che invece nella seconda parte trasformano il lavoro in un’opera totalmente performativa, resa viva da strumenti musicali che anche i bambini possono suonare, insieme ai suoni del bosco. La forma è quella di un rito per bambini, da cui però anche gli adulti sembrano incantati. Appare subito evidente la sostenibilità del progetto, una vera e propria land art a impatto zero che sfrutta unicamente gli strumenti che la natura stessa offre; il rovescio della medaglia è che, ovviamente, lavorando in natura si è molto più dipendenti da eventuali imprevisti e eventi atmosferici, ma Ketti Grunchi ci spiega che la performance è pensata per essere anche portata in altri spazi come siti archeologici, teatri storici o musei. Il filo rosso è, senza dubbio, un allenamento alla meraviglia.

Il nostro pomeriggio si apre con “Questi pochi centimetri di terra”, di Consorzio Balsamico. In scena ci sono tre animatrici che muovono due marionette: quella di un bambino e quella di un piccolo esserino che diventa il simbolo di una parte nascosta del protagonista da far uscire. La metafora della storia è quella dei semi: così come questi hanno bisogno di terra, buio e inverno per poter poi fiorire, allo stesso modo la marionetta deve prendersi il suo momento di sonno, per poi svegliarsi rinnovata. La scelta del tema, così vicino ai disturbi di salute mentale, appare coraggiosa, ma il tono estremamente fiabesco sembra allontanare il pubblico delle medie. Inoltre, la compagnia ci racconta la storia da cui sono partiti per creare lo spettacolo, e forse è un peccato che non ne venga fatta alcuna menzione nella drammaturgia: esiste un particolare disturbo, chiamato Sindrome da Rassegnazione, che colpisce i bambini in Svezia provenienti da famiglie rifugiate e che li porta a dormire molto a lungo. Esplicitare la storia del protagonista avrebbe, forse, facilitato ancora di più l'immedesimazione dei ragazzi in quello che è un tema oggi molto sentito, per poi portarli ad abbracciare fino in fondo il messaggio di speranza proposto dallo spettacolo.
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Il pomeriggio viene inframezzato dal laboratorio per adulti a cura di Matearium “Criticare ad arte”, per parlare in particolare di “Oh!” e “Wonder me”, con lo scopo di imparare a criticare uno spettacolo senza smontarlo e, dall’altra parte, poter fruire di feedback costruttivi. Ci vengono forniti diversi strumenti di analisi che, a coppie, dobbiamo provare a compilare: dalla comprensibilità del testo al piano visivo, dall’interesse per l’attualità alla coerenza interna della drammaturgia. L’incontro finisce con un dibattito molto proficuo sia per gli operatori che per le compagnie.
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La sera del 13 Ottobre si conclude con “La sfilata”, di Servi di Scena e Compagnia FDN, performance che affronta il tema del fast fashion. Il pubblico viene accolto con un dossier di moda in cui viene motivato l’invito al consumo consapevole che lo spettacolo vuole proporre; le persone vengono poi fatte sedere intorno ai performer, che sfilano con una quantità progressivamente crescente di abiti, per poi buttarli e accumularli in un’enorme montagna di stoffa che finisce per sotterrare e uccidere il corpo di una donna. Il riferimento è quello alle reali montagne di vestiti che in Cile sono diventate delle vere e proprie discariche del fast fashion a cielo aperto.



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La giornata del 14 Ottobre si apre con “Lumen” di Illoco Teatro, spettacolo di 70 minuti in cui il personaggio di Marie Curie racconta la sua storia e quella di altri scienziati, mettendo in evidenza l’importanza della scienza e della capacità di vedere le cose non solo per come appaiono al primo sguardo. Tutto viene raccontato da un punto di vista femminile e il monologo, accompagnato da frequenti immagini poetiche, vuole essere un attacco a ogni tipo di pregiudizio: anche una donna può vincere un premio Nobel, ad esempio. E no, il compito di chi fa scienza non è saper rispondere a tutto, ma continuare a porre domande. L’atto di umiltà più grande è quello di ammettere la propria ignoranza davanti all’universo e a forze inspiegabili come l’amore. L’attrice conclude lo spettacolo invitando i bambini a chiudere gli occhi e a entrare nella loro personale navicella spaziale.
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L’ultimo spettacolo della giornata è
“La fiaba dello straniero” di Teatro Invito, in cui i due attori/musicisti in scena affrontano il tema dell’immigrazione attraverso l’uso di una fiaba, in cui una principessa che non ride più viene salvata dalla musica di uno straniero. Il linguaggio quotidiano, i continui interventi comici dei due attori che raccontano la storia e infine la musica contemporanea aiutano a instaurare fin da subito un rapporto di vicinanza e complicità col pubblico, che segue con attenzione: nonostante la scelta della fiaba, tutto sembra - tragicamente - ambientato ai nostri giorni, ed è molto facile riconoscere nella figura del re razzista numerose personalità che i ragazzini del pubblico sembrano avere ben presente. Inoltre, la principessa che non ride più è un altro forte archetipo che cattura l’attenzione della sala. Sarà la musica del protagonista straniero a farla ridere, così come è la musica degli attori, che accompagnano lo spettacolo con pezzi di basso e chitarra, a far ridere il pubblico.
MATILDE MARRAS 

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RENATA COLUCCINI INVECE CI APPROFONDISCE LE PECULIARITA' DEL FESTIVAL.

Se ogni Festival ha un suo focus, una sua funzione, un suo valore, mi sembrano molto chiari quelli del Festival Trallalero. In una terra di confine e di “durezza” a chi va a Trallalero come operatore del settore (organizzatore o artista/artigiano) viene chiesto di esplorare e mettere in gioco i propri confini, che siano di separazione o di contaminazione; viene chiesto con lucidità critica di prendersi cura di ciò che vede di ciò che offre. Il cuore del Festival è il “Progetto Novità”; 4 spettacoli (al debutto o in fase di studio o di anteprima o con meno di dieci repliche) si “offrono” ad essere protagonisti di due incontri “Criticare ad arte” , curati da Mateatrium, in cui incontrano gli spettatori/operatori. Incontri necessari, stimolanti, faticosi, che richiedono un mettersi in gioco da entrambe le parti; nell’osservare, nel criticare costruttivamente, nell’accogliere. In questa edizione di Trallalero gli spettacoli del Progetto Novità sono stati Liberamente Gigante Gentile di Giulietta De Bernardi, Immagina del Teatro al Quadrato e Compagnia FDN, OH! Di Catalyst e infine Wonder Me di Ketty Grunchi / Ensemble teatro.

I momenti di “Criticare ad arte intorno a questi spettacoli”, ma soprattutto il clima di responsabilità reciproca che si è creato ha pervaso tutto il festival, sottolineando ancora una volta l’importanza della presenza degli artisti, dei creatori a tutta la manifestazione e la necessità di creare luoghi di confronto dove non siano solo gli operatori ad incontrarsi, ma anche chi il teatro lo fa. In uno sguardo più generale tra le tematiche proposte il tema della natura la fa da padrone; la natura che ci circonda, il nostro essere natura, il bisogno di immersione in un mondo che rispettiamo a partire dal rispetto per noi stessi. E che sia un’urgenza reale e non solo una moda emerge con forza in alcuni spettacoli come Wonder me. L’attenzione alla natura si accompagna a quella sull’umanità e ai suoi bisogni, anche elementari, ma fondamentali, quali il gioco, l’amicizia, la relazione.I linguaggi degli spettacoli presentati hanno visto un alternarsi di lavoro con la figura, l’oggetto, la musica, l’arte circense, l’uso del canto e il lavoro d’attore.Un pensiero sul lavoro d’attore: io credo che il teatro ragazzi offra grandi possibilità per una ricerca seria e approfondita rispetto alla qualità della presenza dell’attore, alla sua organicità e allo sviluppo delle potenzialità attoriali. Le offre il perché è un teatro che non può e non deve mai fermarsi sia per ricerca di codici comunicativi, di linguaggi e di contenuti, sia perché non può partire da ego-riferimenti, ma deve trovare punti di incontro su urgenze. Quale miglior palestra per un attore? Una palestra ancora, a volte, poco sfruttata.
In tal senso mi permetto di citare uno spettacolo dove la bravura, l’organicità dell’attrice e la sua verità si sposa con armonia sia con la storia che con il tessuto musicale e figurativo: Attraverso il bosco del Teatro all’Improvviso.

RENATA COLUCCINI


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