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Eolo
recensioni
IL REPORT DEL GIOCATEATRO 2022
Con le recensioni di Laura Bevione, Mario Bianchi e il primo approccio critico di Laura Rottoli

Guarda le foto di Massimo Bertoni

Dal 12 al 14 aprile, si è svolto, con la nuova direzione artistica di Emiliano Bronzino, presso la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino, il “Giocateatro “, il Festival di Teatro per le Nuove Generazioni “ giunto alla ventiseiesima edizione,organizzato dala Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus. Sui 3 diversi palcoscenici della Casa del Teatro in questi tre giorni della manifestazione dedicati agli operatori si sono succeduti ben quattordici spettacoli provenienti da tutta Italia .
Martedì 12 aprile alle ore 19 vi è stata l’occasione anche per presentare il corposo volumetto : Una casa per le nuove generazioni / Il Teatro dei Ragazzi di Torino, a cura di Paolo Morelli per Silvana Editoriale, dedicato a Luigina D'Agostino, da poco scomparsa, con i contributi di molti giornalisti e protagonisti di questa vera e propria epopea che hanno raccontato la storia quarantennale del teatro ragazzi torinese fino a oggi. Edizione contraddittoria questa del festival che, nella pur meritoria volontà di presentare in modo non autoreferenziale un ricco e vario panorama inerente alle nuove creazioni dedicate all’infanzia che mettesse in luce tutte le varie sfaccettature di questa particolarissima forma della scena, ne ha anche sottolineato le fragilità che la contraddistinguono in questo difficile momento di postpandemia che l’anno scorso avevano pur sortito durante tutto l'anno un gran numero di eccellenti creazioni. In questo inizio di stagione invece molti fattori ci hanno portato a riflettere in modo  problematico sul settore. Il susseguirsi compulsivo dei Festival e di tentare sempre nuove creazioni al di lá delle effettive necessità e possibilità, l’alta qualità degli spettacoli riservata a pochissime compagnie, la mancanza di creazioni dedicate ai piccoli e ai piccolissimi, la difficoltà di un precario mercato riguardante le scuole, sono solo alcune delle problematicità che stanno imbevendo secondo noi di sè tutto il settore che inevitabilmente ne sta risentendo al di là di un fervore creativo sempre in atto . Ne sono evidenti spettacoli visti a Torino come “MOstrOgiraMOndO” dove la pur brava Valentina Dal Mas, artista che abbiamo pur sempre apprezzato, si perde in un progetto troppo pretenzioso che mescola alcuni topoi dell’ universo infantile con la danza o “Volo” di Francesca Brizzolara che secondo noi e secondo molti operatori è sembrato fuori contesto attraverso un linguaggio adulto e in alcuni casi fuorviante se non contestualizzato .
Nel nostro report del Festival che ha avuto ovviamente diversi momenti di felice e bella condivisione con la Scena ci faremo aiutare dall’autorevole sguardo di Laura Bevione e per alcuni spettacoli da quello dalla giovane Laura Rottoli che ha appena seguito un laboratorio di alta formazione di critica teatrale rivolta al teatro ragazzi organizzato dalla rivista Hystrio e Assitej. Di buon auspicio ci è parso rivedere i ragazzi a teatro che insieme agli adulti hanno riempito la sala grande per “Soul of nature” uno spettacolo di Circo della giovane compagnia Artemaka diretta dal veterano Milo Scotton che abbiamo rivisto piacevolmente ancora in scena complice il pretesto di una dissertazione sulle urgenti problematiche ambientali in atto.

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LA MIGRAZIONE DEGLI ANIMALI

Intrigante come spesso è accaduto per il loro teatro sempre così mutevole e pieno di suggestioni ci è sembrato il nuovo spettacolo di Manuela Capece e Davide Doro della Compagnia Rodisio “La migrazione degli animali” liberamente ispirato al silent book “Migrantes” dell'illustratrice peruviana Issa Watanabe con le scene realizzate da Paolo Romanini dove su un piccolo palcoscenico percorso in lunghezza un gruppo di piccoli animali mossi dai due artisti, attraversati all'occorrenza in diretta dalla luce di alcune pile, compie un lungo viaggio per fuggire dalla propria terra in cerca di un futuro migliore,come accade oggi a milioni di esseri umani. Vi è la scelta estrema ma coraggiosa nella sua realizzazione di proporre il viaggio assecondandolo solo con poche parole con musiche significanti  e con la presenza costante del fantoccio della Morte che incombe, attraverso un ritmo lento ed estenuante che avrebbe forse bisogno di accadimenti improvvisi che ne rompessero l'uniformità dell'azione.

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A CUP OF THEA WITH SHAKESPEARE

Godibilissimo per ogni tipo di pubblico è stato “A cup of thea With Shakespeare “ prodotto dal Teatro del Buratto, spettacolo in lingua inglese ma non solo, su un bel progetto di Laura Pasetti che ne cura anche la regia con David Remondini che in scena impersona lo stesso Bardo in perfetto inglese, avvicinando il pubblico alla sua vita e alle sue opere. Partendo dalla spiegazione del verso che così tanto ha utilizzato, il pentametro giambico, spaziando dalla sua rivalità con Marlowe al rapporto con la regina Elisabetta, il nostro Shakespeare analizza tutti i sentimenti che percorrono l'animo umano attraverso le sue opere più celebri di cui vengono recitate i momenti più significativi. Così, sorseggiando una tazza di tè, David Remondini diventa Romeo, Lady Macbeth, Riccardo III, mostrandocene le più intime sfaccettature, specchio teatrale di ciò che noi abbiamo dentro la nostra anima e nel nostro cuore.
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E VENNE LA NOTTE

In “E venne la notte” Storie di masche, di folletti e creature del mistero Gimmi Basilotta del Melarancio su testo e regia Marco Alotto narra, capitato come Geppetto, nella pancia di una balena, narra storie di masche, di folletti e creature del mistero come si faceva una volta nelle stalle dove la comunità si riuniva per stare insieme ascoltando i vecchi che raccontavano storie.
“ Le storie presentate nello spettacolo sono solo una piccola parte del materiale della memoria popolare (leggende, fiabe, aneddoti, ritratti reali e immaginari, racconti di veglia), raccolto in più di dieci anni di lavoro dalla Compagnia sul territorio delle valli alpine del cuneese. Gimmi Basilotta porta in giro da diversi anni questo spettacolo, utilizzando il teatro di figura che a volte andrebbe maggiormente affinato, intrattenendo gli spettatori con storie dal sapore antico, quanto mai ancora necessarie per ricollegarci ad una memoria popolare che rischierebbe altrimenti di essere cancellata.
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GIRO GIRO VAGANDO

Eccoci poi infine a “Giro Giro Vagando” di Ester Fogliano e Giulia Rabozzi, anche in scena, prodotto da Onda Teatro e Arearea su regia e drammaturgia Bobo Nigrone e la consulenza coreografica di Marta Bevilacqua. Il progetto, ispirato ai silent books, vede le due peformer attraverso la danza e la parola esplorare la realtà che le circonda in due modi all'inizio diversi, l'una proiettata su sé stessa, l'altra verso il mondo, trovando alla fine, come è auspicabile, il giusto equilibrio. In questo modo si fanno presenti in scena " il pensiero, i desideri e l’immaginario dei bambini durante le prime esperienze al di fuori dell’ambiente di casa”. Lo spettacolo secondo noi andrebbe meglio organizzato correndo sovente il pericolo di raggomitolarsi su sè stesso come il telo bianco utilizzato spesso in scena. Comunque finalmente uno spettacolo che utilizza la Danza per un pubblico di piccolissimi.
MARIO BIANCHI
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U.mani

U.mani Lo spettacolo ideato da Annarita Colucci, co-fondatrice insieme al regista Roberto Andolfi della giovane compagnia romana Illoco Teatro, ha inaugurato la XXVI edizione del Giocateatro, festival-vetrina di teatro per le nuove generazioni organizzata dalla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino.
Il palcoscenico della Sala Piccola è affollato piccoli e artigianali set cinematografici: da una semplice vasca di plastica trasparente a precise ricostruzioni in miniatura di ambienti vari, dalla stanza della bambina protagonista dello spettacolo – Clara – alle altre camere della sua casa, ma pure luoghi assai più lontani ed esotici. All’interno di questi set si muovono i cari personaggi, resi utilizzando - come suggerisce il titolo – le mani: Clara è incarnata da un paio di scarpine indossate dalle dita della mano di una delle performer; mentre il Gabbiano parlante che ne diventa il saggio aiutante è un semplice burattino di stoffa.
Personaggi e azioni da essi compiute sono ripresi da piccole telecamere le cui immagini vengono proiettate sul telo sul fondo della scena: un linguaggio e un espediente tecnologico magnificamente utilizzati nel 2015 dalla danzatrice e coreografa Michèle Anne De Mey e dal regista Jaco Van Dormael nel loro Kiss & Cry, spettacolo danzato dalle mani dei performer ripiegati su curatissimi e immaginosi set, mondi compositi e dettagliatissimi ricostruiti in miniatura.
Si tratta, ovviamente, di un precedente/modello difficilmente eguagliabile per i giovani di Illoco Teatro, in primo luogo per la ben diversa disponibilità economica, eppure la scelta di adottare un linguaggio tanto tecnicamente complesso e in cui convivono teatro, cinema e in parte danza, comporta inevitabilmente inappuntabile padronanza e precisione nella sua declinazione. Qualità che, in verità, non sempre caratterizzano lo spettacolo che, a tratti, si fa faticoso e artatamente meccanico, disperdendo la poeticità di alcuni frangenti, quale l’iniziale coreografia nella vasca riempita d’acqua. Una sensazione di faticosità aggravata dalla farraginosità della drammaturgia: la vicenda della piccola Clara che, a causa di un quantomai felice guasto dell’apparecchio televisivo della sua stanza, è costretta a compiere un viaggio attraverso le proprie paure e insicurezze che la renderà alla fine una bambina più matura e sicura di sé, si arrotola su se stessa, complicandosi con riferimenti a tante – troppe – tematiche – dall’indifferenza dei genitori al bullismo scolastico, dalla crisi climatica all’incerto futuro dell’umanità. L’impressione è che la compagnia temesse di tralasciare qualcosa, ottenendo però il risultato di sorvolare rapidamente e in superficie motivi tutti pregnanti senza nondimeno indagarne genuinamente nessuno.
Una necessità di “dire tutto” che non informa soltanto la drammaturgia ma anche il particolare linguaggio prescelto che a tratti incespica ovvero balbetta, allontanandosi da quella fluida semplicità che ne garantirebbe l’efficacia. Ecco allora che la meraviglia che dovrebbe spingere i piccoli spettatori a condividere l’itinerario di Clara sfuma in estenuante artificiosità, disperdendo così le evidenti buone intenzioni della compagnia che, forte tanto della propria sincera necessità di fare teatro per le nuove generazione quanto del proprio umile non-velleitarismo, racchiude in sé un potenziale espressivo non indifferente che attende soltanto coraggiosa semplicità.
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DANTE TRA FIAMME E STELLE

Una capacità di cogliere e felicemente amplificare la qualità letteraria ma pure l’ineluttabile umanità del sommo poeta italiano, Dante Alighieri, è invece quella che è alla base di "Dante fra le fiamme e le stelle", spettacolo frutto della collaborazione fra il giullare contemporaneo Matthias Martelli e il regista Emiliano Bronzino. Coadiuvato in scena dalla coinvolta e divertita violoncellista Lucia Sacerdoni, l’attore-autore mescola biografia e opere letterarie per tracciare un vivacissimo eppur fedele ritratto di Dante, riuscendo a incuriosire e appassionare tanto i ragazzi – cui lo spettacolo è specificatamente indirizzato – quanto i loro genitori.
LAURA BEVIONE
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Qui per completezza aggiungiamo la recensione già uscita su Eolo dello spettacolo di Principio Attivo “ Sapiens” a firma Rossella Marchi, presentato anche a GiocaTeatro. Per il bel progetto di Drogheria Rabelot " Carta Sia" come già detto aspettiamo con curiosità che venga completato.

Una grande produzione quella della compagnia Principio Attivo Teatro sostenuta da La Baracca - TestoniRagazzi e ATGTP Teatro Pirata. “Sapiens”, per la regia di Giuseppe Semeraro , scritto come al solito congrande sensibilità drammaturgica da Valentina Diana , vede infatti in scena oltre al regista, altri cinque bravi attori, uno sforzo notevole per il quale, di questi tempi, essere riconoscenti. Viene narrata la storia del mondo, in questo spettacolo, che è la storia del principio ma è anche la storia che si ripete, all’infinito, uguale a se stessa, con gli stessi meccanismi, le stesse resistenze. Siamo nel momento di passaggio:l’incontro tra i Neanderthal e i Sapiens, due specie molto differenti. La prima pacifica, semplice quasi ingenua e la seconda aggressiva, armata e diffidente. I sei attori, Dario Cadei, Silvia Lodi, Otto Marco Mercante, Cristina Mileti, Francesca Randazzo e Giuseppe Semeraro si dividono tra cambi fulminei, ora in una ora nell’altra specie, per raccontare le caratteristiche dei due gruppi in un susseguirsi esilarante di situazioni di vita quotidiana. I Neanderthal giocano tra loro, sono semplici e simpatici, si
coccolano e passano le giornate alla ricerca dell’uccello preistorico dalle nutrienti uova che con uno di loro ha un rapporto proprio speciale. I Sapiens invece sono aggressivi e prepotenti, vanno a caccia perennemente e fanno a gara per dimostrare la loro forza. Fino a che un giorno i Neanderthal con una lancia, oggetto di cui non conoscono l’uso, si uccideranno tutti per errore tranne uno che, rimasto solo, incontrerà per caso una Sapiens ritardataria che era rimasta distaccata dal suo gruppo. Dopo un’iniziale diffidenza di quest’ultima, i due scopriranno di piacersi. Ma i Sapiens, una volta scoperta l’acerba storia d’amore, si opporranno strenuamente all’entrata nel gruppo di uno straniero così diverso da loro. Sarà però l’amicizia del simpatico neanderthaliano con l’uccello preistorico, animale mitico per entrambe le specie, a convincere i Sapiens della possibilità che un’integrazione sia possibile. Lo spettacolo risulta molto divertente grazie al registro parodistico scelto e ben agito sulla scena dai sei bravi attori. La messa in scena è impreziosita da un bellissimo lavoro sulle ombre che dona al racconto scenari selvaggi e allo stesso tempo poetici e consente una bella profondità allo sguardo dello spettatore. Molto interessante per la sua attualità la storia dei due amanti appartenenti a due diverse specie che, forse, proprio per la sua centralità, avremmo voluto vedere più sviscerata rispetto alla prima molto dettagliata dedicata alla presentazione delle due specie. Il buio arriva sulle pareti di una caverna sulla quale passa, inciso, tutto il racconto e, in un attimo,immediata, arriva la consapevolezza che quella che abbiamo appena visto non sia solo una storia ma la nostra storia
ROSSELLA MARCHI


Ora per finire tre recensioni di Laura Rottoli che ha seguito il corso di alta formazione di Critica nel Teatro ragazzi organizzato da Assitej e Hystrio. Recensioni su tre spettacoli su cui lo sguardo di Eolo è già caduto in altri ambiti e modi. Tutte i suoi approfondimenti sugli spettacoli visti verranno poi pubblicati più avanti nella rubrica STELLE LONTANE.

Il bambino e la formica
Compagnia FONTEMAGGIORE


Ayo è un bambino congolese che da sempre ha vissuto e lavorato in un “formicaio”: una miniera, che un giorno, in seguito ad una frana, lo intrappola nei suoi cuniculi. Ayo si ritrova solo e al buio fino all’arrivo della formica Undici che lo aiuterà a ritrovare la luce, a scoprire il sole.
I due muppets in scena sono realizzati e mossi molto bene risultando molto espressivi e creando fin da subito empatia con il pubblico. C’è cura dei personaggi, sapiente uso della voce, senza essere caricaturale ed è chiara fin da subito la relazione tra i due protagonisti.
Una favola quella di Ayo molto interessante e originale che narra il tema dello sfruttamento minorile in maniera delicata, facendo a tratti apparire un sorriso, senza incupire ma aprendo alla speranza, alla scoperta di un sogno, alla voglia di libertà, per immaginare un futuro migliore.
“La morale esplicita è che i bambini devono sognare, devono giocare, devono poter immaginare il mondo e quello che non c'è”


Quadrotto, Tondino e la Luna. FONDAZIONE TEATRO RAGAZZI E GIOVANI ONLUS.

Quadrotto vive in un mondo quadrato proprio come lui, una notte vede la Luna, così tonda, leggera sospesa nel cielo; sogna di poterla raggiungere ed ecco che arriva Tondino: un vivace cerchio.
I due parlano lingue diverse e sono così lontani l’uno dall’altro da far sembrare impossibile un’amicizia, che però arriva un passo alla volta, accorciando le distanze tonde e quadrate.
Non molte parole ma musiche, giochi sonori e fisicità, che aiutano la narrazione dei due esperti attori, Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci, che ci accompagnano con poesia e leggerezza nel mondo di Quadrotto e Tondino. La diversità anche di suoni diventa ricchezza, spunto per una nuova armonia.
Uno dei pochi spettacoli, questo, che ha avuto l’onore di avere dei bambini nel pubblico che diventano a loro volta compositori aiutando ad unire forme diverse, a riordinare il caos, a ricreare una nuova Bellezza, inventando, come solo loro possono fare, mondi non previsti e banali.
“Le parole dei protagonisti sono "suoni assurdi", letteralmente "da sordi", "suoni stonati" prima di trovare l'accordo di un senso condiviso che renda quei suoni dialogo e concerto.”


FIORI D’ORTICA. Storia di un incontro tra due ortiche in fiore

Compagnia NONSOLOTEATRO coordinamento drammaturgico Guido Castiglia collaborazione alla messa in scena Guido Castiglia e Alessandro Rossi

Un’attrice con una sola sedia in scena ci narra di Adele: giovane ragazza di 13 anni che sta scoprendo e prendendo coscienza del proprio corpo e delle emozioni che la travolgono. Adele sta per conoscere sè stessa, chi è e chi potrà essere.

Tema interessante e affrontato delicatamente da Sara Moscardini: abile narratrice, precisissima nell’utilizzo delle parole, naviga sapientemente nella storia estremamente dettagliata che rischia però di lasciare poco spazio all’immaginazione. Una scelta registica quella di essere, in questa occasione, ligia al testo senza lasciarsi molto trasportare dalle emozioni, che arriveranno con le repliche future, familiarizzando sempre più con Adele e le sue emozioni.



LAURA ROTTOLI


















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