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Eolo
recensioni
ANIMA IF A CAGLIARI/FESTIVAL DI TEATRO DI FIGURA
IL REPORT DAL NOSTRO INVIATO NADIA MILANI

ANIMA IF, FESTIVAL INTERNAZIONALE DI TEATRO DI FIGURA
CAGLIARI, 27-31 OTTOBRE 2021

Il Festival Anima IF, con la Direzione Artistica di Donatella Pau, è un Festival Internazionale di Teatro di Figura con sede a Cagliari, ideato, organizzato e promosso dalla storica compagnia Is Mascareddas fondata nel 1980 da Donatella Pau e Antonio Murru.
Anima IF è il solo Festival di Teatro di figura internazionale dell’intera Isola, con una programmazione che, oltre ad alcuni appuntamenti dedicati all’infanzia, desidera mettere luce sul Teatro di Figura per adulti. Questa quarta edizione, tanto attesa e desiderata, voleva essere un omaggio al femminile. Un omaggio a tutte le artiste che sin dai primi decenni del Novecento hanno segnato e scritto il Teatro di figura nazionale (di cui ritroviamo bellissime fotografie all’interno di una mostra fotografica a cielo aperto) e alle artiste che ancora oggi resistono e credono in questa coraggiosa e meravigliosa forma d’arte. Non è una presa di posizione né tanto meno una lotta di genere. Ma un’occasione di confronto e di dialogo. Il Festival si articola tra spettacoli, incontri, proiezioni, mostre, laboratori e workshop, tutti al femminile, negli splendidi spazi di Sa Manifattura, luogo in cui, per oltre un secolo, si sono lavorati i tabacchi. Donatella così, ci racconta: “Nella nostra visione il lavoro delle donne è l’unico veicolo verso la libertà. Anche nel mondo del teatro di burattini tradizionale, infatti, il ruolo della donna è sempre stato in secondo piano, poco riconosciuto e molto spesso dietro le quinte. E allora noi, nel nostro piccolo, abbiamo voluto mandare un segnale dando al nostro festival un taglio tutto al femminile. Inoltre, questo luogo, dove noi abbiamo la residenza artistica e dove si svolge tutto il festival, racconta da solo una storia di riscatto: in questa fabbrica, infatti, il lavoro femminile ebbe un peso così importante da portare a un aumento del salario quasi in linea con quello maschile”. Gli spazi abitati da Is Mascareddas possiedono un’anima senza se e senza ma. Donatella ci accompagna nel suo laboratorio, incorniciato dalle sue creazioni, dai suoi attrezzi, dalle sue stoffe riposte ordinatamente in scatole etichettate per genere e colore. Ovunque c’è visibile cura e sapiente artigianalità. Accanto al laboratorio troviamo la meravigliosa Biblioteca Yorick, che custodisce preziosi ed introvabili testi e documenti sul teatro di animazione in Europa (circa 4 mila volumi tra libri e riviste provenienti da tutto il mondo).

La biblioteca è casa degli incontri pomeridiani, dove assistiamo alla presentazione del progetto AnimataZine, di Alessandra Amilcarelli e Valeria Sacco, la prima fanzine italiana dedicata al teatro animato, cartacea e digitale, trilingue (FR IT EN), totalmente indipendente che desidera esplorare il teatro animato nelle sue ramificazioni più vitali, intense e poetiche in connessione con le arti e il pensiero contemporaneo, accogliendo artisti e ricercatori da tutto il mondo. Inoltre, partecipiamo ad un interessante confronto tra le artiste presenti a Festival, “Caffè con le ANIMArtiste” sul ruolo delle figure femminili all’interno delle strutture e delle compagnie teatrali, scambiando impressioni, portando alla luce difficoltà, imbarazzi e frustrazioni, interrogativi sul significato di uguaglianza e su quali direzioni sia più giusto e sensato prendere per raggiungere obiettivi comuni.

Il Festival si apre alle 17:30 del 27 ottobre con la proiezione del documentario “Maria Signorelli Segreta – anche le case hanno un’anima” composto da sei capitoli, in cui le figlie Giuseppina e Maria Letizia Volpicelli ci raccontano, attraverso gli oggetti custoditi tra le pareti della casa materna, la mirabolante vita di una delle artiste più interessanti e caparbie del teatro di figura nazionale, avvicinandoci ai suoi burattini, alle sue opere, ai racconti di vita quotidiana, mostrandoci anche il lato intimo di una donna che ha fatto la nostra storia.
Alle 18.30, partecipiamo all’inaugurazione della mostra “IMPENSAMENTADAS – ognuna ha la sua Vita”, di Donatella Pau, le cui sapienti mani d’artista hanno creato busti e volti di donne che hanno una straordinaria forza espressiva. Opere scultoree raffinate ed eleganti, potenti e comunicative in cui legno, stoffa e metallo danno anima a cuori ingabbiati, cuori in mostra, sguardi sereni ed intensi, mani, colli lunghi che ricordano i dipinti di Amedeo Modigliani. La visione è accompagnata dalle suggestive note delle composizioni di Hildegard von Bingen, cantate dalle voci femminili di Voices of Ascension che ci portano in un immaginario laicamente mistico e pieno di toccante poesia.
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Inizia poi la visione dei primi spettacoli con “I am a pen” una performance di danza e pittura della Taiwanese Ting- Yun Kuo. A terra un grande foglio cosparso, con disordine casuale, da pezzi di carboncino e una voce chiara e concisa che dà inizio ad un gioco interattivo tra il pubblico e la performer: tre manche in cui l’artista lascia sul foglio bianco le tracce che il suo corpo segna mentre si muove, guidata dalla relazione che si crea tra lei e chi sceglie di raccogliere “la sfida”. Una performance cha ottiene sempre un diverso risultato, che si affida al caso, al momento, alle relazioni.
La serata si conclude con la visione di OperettaAlzheimer di MalaStrana Compagnia, spettacolo di e con Marzia Gambardella che vuole essere un omaggio alla fragilità della malattia che porta a dimenticare ciò che si ha più vicino al cuore, fino a sfocare anche i ricordi più lontani lasciandoci assenti, seppur ancora al mondo. La creazione di Marzia Gambardella si incentra sull’animazione di una marionetta ibrida a taglia umana, un’anziana e buffa signora che vive il finire della sua vita circondata da pochi oggetti quotidiani che la tengono ancorata alla realtà: una radio che determina la colonna sonora tra testi dell’Orlando ed arie d’opera, un cappotto appeso a rappresentare il suo antico amore che or se ne è andato, un album di ricordi pop up, i video di una giovinezza sfiorita che continua, però, nonostante tutto, a pulsare nelle vene. Alle spalle dell’anziana signora, la figura dell’animatrice, che a volte è complice, altre volte la redarguisce, altre volte ancora la incoraggia. Gambe giovani di giovane donna che scalpitano sotto l’antica vestaglia da casa, anima e nipote che vuole omaggiare il ricordo di una nonna i cui contorni vengono cancellati dalla malattia. Lo spettacolo, nonostante una buona e curata qualità di animazione dell’artista, non ci ha convinti del tutto nel suo sviluppo drammaturgico e nell’assenza completa della voce e dei suoni legati all’anziana Signora, che seppur possa essere scelta simbolica, non ci regala la vita e il respiro che potrebbero, a nostro avviso, ancor più generosamente, abitarla.
Marzia Gambardella è stata anche protagonista del workshop “Dialogo con l’inerte. La poetica dei Materiali” che ha avuto luogo il 28,29,30 ottobre. Il workshop si basa sulla scoperta, l’incontro poetico e la manipolazione delle materie prime, secondo il metodo Philippe Genty, di cui Marzia è stata allieva e collaboratrice.
Gli altri laboratori proposti dal Festival sono una Masterclass di cinema di animazione stop motion con Michela Anedda e un laboratorio a cura de Le Pupazzare dal titolo “Quello che le vulve (NON) dicono”, un laboratorio di costruzione di vulve parlanti realizzate in gommapiuma, dedicato alle bambine dagli otto anni accompagnate da un adulto, per iniziare, in un modo divertente ed istruttivo, a far conoscere e a far riconoscere una parte del corpo femminile che ancora oggi è tabù. Le creazioni colorate e divertenti sono tutte diverse, ognuna ha una sua identità, proprio come, ogni donna, fisicamente e caratterialmente, è nella realtà.
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Il 28 e 29 pomeriggio, abbiamo assistito a due spettacoli per bambine e bambini prodotti dal CTA di Gorizia, che vedono in scena una splendida Serena Di Blasio: L’Oca dalle Piume d’oro e Scarpe, entrambi spettacoli di teatro d’oggetti. La prima narrazione si sviluppa attorno al mondo della cucina e delle verdure. L’oca dalle piume d’oro è un’antica e misteriosa fiaba della tradizione popolare e si ritrova anche nelle fiabe dei fratelli Grimm. Racconta di un re e di una principessa in età da marito che non ride mai, per nessuna ragione al mondo. Il padre, decide così di concederla in sposa a chi sarà capace di farla ridere ma la principessa pone una condizione terribile: tutti quelli che non ci riusciranno dovranno morire. In tanti perdono la vita nel tentativo di strapparle un sorriso finché un giovane spiantato ma assai coraggioso, riuscirà a conquistare la principessa, con l’aiuto di un’oca magica dalle piume d’oro. 
Scarpe, invece, viene messo in scena attraverso l’animazione curata di diverse paia di scarpe, che disegnano i personaggi che l’attrice/animatrice, con sapiente utilizzo della parola immaginifica, ci porta ad immaginare. Le scarpe sono sempre state un accessorio spesso determinante per tutti noi, ma in particolar modo per i viandanti, per chi emigra, per chi è costretto a lunghi viaggi a piedi. In questo spettacolo, si vuole raccontare alcune storie yiddish ironiche e divertenti, che nascono nel mitico villaggio polacco di Khelm, famoso per la stupidità “geniale” dei suoi abitanti. Storie tratte da due racconti: Quando Shlemiel andò a Varsavia di Isaac Bashevi Singer e Gli stivaletti d’oro di Reb Yankl Vakhlakhlakkes di Ben Zimet. Un dittico che ci incanta per la sua semplicità e ci conquista, senza lasciarci dubbi.

Presente al Festival il significativo e divertente spettacolo “Relazioni Necessarie” di e con Valentina Lisi di cui ha già parlato Mario Bianchi su KLP in occasione della sua presentazione per l'Edizione di Incanti 2021.
Assistiamo piacevolmente anche allo spettacolo “Le venti giornate di Torino” di Controluce Teatro d’Ombre, uno spettacolo ideato e messo in scena da Cora de Maria, che si fa narratrice di una storia che la tocca da molto vicino. Infatti, Cora, porta in scena uno spettacolo tratto dall’omonimo romanzo di suo padre Giorgio De Maria, e lo fa con uno dei linguaggi che meglio conosce: il teatro d’ombre. In scena un piccolo teatrino dotato di uno schermo che viene abitato da sagome e personaggi. Ad accompagnarli, una voce calma e chiara che ci conduce pazientemente fino al cuore di un racconto distopico e profetico che parla di una società stremata, in preda ad un misterioso ed agghiacciante fenomeno di psicosi collettiva. Un noir con aspetti fantascientifici che trova nel teatro d’ombra un perfetto accompagnamento visivo e nella voce di Cora una perfetta sinfonia di parole ed immagini evocate. Forse ci vuole un attimo di tempo a lasciarsi coinvolgere, ma una volta rapiti, il viaggio si compie senza intoppi ma, anzi, con fervente curiosità.
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Ritroviamo poi uno splendido Talita Kum, della bravissima Valeria Sacco, che sempre riesce a incantarci per la perizia dell’animazione e per la vita che riesce ad inscenare, in questo suo due che diviene un unicum, capace di toccare punti profondissimi dell’animo umano.
Il festival offre anche due appuntamenti incentrati sull’utilizzo della Lingua dei Segni italiana: Tabula in Lis e Di SEGNI E DI DONNE. Poesie al femminile in LIS, dove Alessandra Mura, Carla Porcu e Maria Paola Casula segnano alcune poesie, in cui il gesto traccia con forza un significato che esula dal suono e si manifesta nel segno.
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Sabato 30 ottobre, Anima IF, ospita una compagnia nata nel 2006 a Praga e stabilizzatasi ora in Francia: Cie Mouka con il loro Rouge Chaperon, una riscrittura di teatro d’oggetti della celebre fiaba di Cappuccetto Rosso per un pubblico di soli adulti. Chiacchierando con le artiste, Claire Rosolin e Marion Gardie, ci facciamo raccontare il processo creativo con cui nasce lo spettacolo e il perché della loro scelta: “La scelta della fiaba di Cappuccetto Rosso è partita dal desiderio di riprendere la storia che ci ha scosso per tutta la nostra infanzia, per dare il nostro punto di vista di adulte e per rianimare il piacere intenso della paura del Lupo Cattivo. Non siamo partite dal racconto di Perreault  ma dalla versione popolare nivernese di questa leggenda (tradizione orale) il cui finale è molto diverso da quello che conosciamo: il lupo, dopo aver mangiato parte della nonna, mette il resto della carne su un piatto e il sangue in una bottiglia che dà a Cappuccetto Rosso come pasto. Quindi invita la bambina a raggiungerlo nel letto e cerca di fare sesso con lei. Innocente ma non così ingenua, l'eroina, dichiarando di aver bisogno di defecare, lascia il letto ed esce di casa. Ma il Lupo, per assicurarsi che lei non scappi, le lega alla caviglia una corda. Una volta uscita, Cappuccetto rosso, slega la corda che la imprigiona e la attacca ad un palo. Il carceriere scoprirà questo stratagemma ma troppo tardi, e nonostante un folle inseguimento non riuscirà a raggiungere la bambina. Quello che ci ha colpito in questa versione è che l'iniziazione sessuale è associata ad un'antropofagia fortemente simbolica poiché si tratta di mangiare la propria nonna (tabù completamente rimosso dalla versione comunemente raccontata)” Lo spettacolo si svolge su un tavolo, gli oggetti della cucina, la farina e pezzi di corpi di bambole, danno vita ad un mondo minuscolo in continua evoluzione e narrano la storia. Le due attrici/animatrici, cuoche e interpreti, si avvalgono anche dell’utilizzo di una maschera da lupo e di tre piccole marionette di legno alte dieci centimetri provenienti dal teatro delle marionette cieco del XVIII secolo. Rouge Chaperon è uno spettacolo senza veli, potente e ben confezionato che conduce lo spettatore nelle profondità della storia di Cappuccetto Rosso, dove gli utensili da cucina e le creature animate scivolano nella pelle dei personaggi e ci portano alla deriva delle nostre fantasie, in un universo di poesia tenera e sanguinante.

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La nostra partecipazione al festival si conclude con la visione di due spettacoli che ci riportano ad un artista, senza apostrofo che però, per sensibilità, coraggio e passione, accogliamo con profondo piacere in questo universo tutto femminile: Gyula Molnàr. Infatti, Gyula, insieme alla guarratellara ed animatrice di oggetti Irene Vecchia, scrive “Un caso Cromosomico” uno spettacolo che si sviluppa con la tecnica delle statuine da presepe (costruite in questo caso, da Ilaria Comisso). Riscrittura liberamente tratta da “Certe favole si capiscono troppo tardi” di Marcello Fois, che a sua volta ha rivisitato una fiaba dei fratelli Grimm “Il vecchio e il nipotino”, è rappresentata in scena dalla sola Irene, che si avvale dell’utilizzo di piccole figure e burattini per raccontare una storia ambientata in una Napoli senza tempo, una storia che tratta di eredità genetica e non. Il mistero che avvolge l’identità di una persona è una storia di cronaca, una storia da analizzare. È un’indagine sul destino, o un racconto di come il destino si possa modificare. Una storia comune, di gente comune, che racconta una violenza che troppo spesso si ripete, una violenza di un uomo sulla donna che aveva giurato di amare, una storia che, come una spirale, si perpetua, ci soffoca, ci addolora. Finché non scegliamo qualcosa di diverso, finché non abbiamo dubbi e riconosciamo l’ingiustizia, finché sappiamo bene da che parte dobbiamo stare.

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Infine, assistiamo, sentendoci molto fortunati, a Piccoli Suicidi, spettacolo storico di Gyula Molnàr, rimesso in scena dalla splendida figlia Olivia, che con disinvoltura e grazia, rende grande merito a questo piccolo e infinito capolavoro di teatro d’oggetti. E forse anche questo è un caso cromosomico. Ma raccontare di uno spettacolo come Piccoli Suicidi, ci pare quasi impossibile, così chiediamo alla protagonista di parlare per noi:

Come ti ha chiesto il tuo papà di accogliere un’eredità così importante?

In realtà la domanda non é mai stata formulata. Per qualche strana ragione, il fatto che avrei ripreso i Piccoli Suicidi é sempre stata un'evidenza : mio padre ne ha sempre parlato, più o meno scherzando, come « La Tua Eredità », per cui l'ho accolta con lo stesso sentimento incerto di quando si eredita un vestito da sposa o un servizio di argenteria : cosciente del suo valore inestimabile, ma non proprio sicura di poterne fare buon uso. Invece, inaspettatamente, imparare da lui e poi portare davanti al pubblico questo spettacolo é stato molto più facile e divertente del previsto.

Come ti senti a vestire i suoi panni, che ora sono i tuoi?

I panni di mio padre - una giacca ed una camicia vecchie di quarant'anni, l'età dello spettacolo - mi stanno un po' larghi, ma per scaramanzia continuo a usare quelli. Non sono una teatrante e a montare in scena vestita da Gyula Molnar mi sento un'allegra impostora! Ma tutto sommato non è una condizione sgradevole, anzi credo che mi sollevi dallo stress e l'ansia da prestazione. Mi sono interrogata più volte sul senso di riprendere questo spettacolo e credo che la risposta più onesta sia che mi diverto. Il pubblico sembra prenderci gusto a sua volta, segno che, anche a quarant'anni di distanza, ancora ha senso indossare quella vecchia giacca.

Qual è il tuo suicidio preferito? E lo era anche quando eri bambina?

Se oggi mi diverto come una matta a suicidare ignari fiammiferi e a prendere in giro le caramelle, quando ero piccola non ci trovavo niente da ridere. Da bambina non sono mai arrivata oltre al primo suicidio perché regolarmente scoppiavo in lacrime e dovevano portarmi fuori dalla sala per evitare di disturbare il resto del pubblico. Lo spettacolo per me consisteva in quell'unica storia spietata di un'Alka Seltzer patetica, esclusa dal gruppo e spinta nel baratro della sua marginalità. Ovviamente è ancora oggi il mio episodio preferito.

Anima IF, si chiude con un commosso e caloroso ringraziamento della direttrice artistica Donatella Pau, che non dimentica nessuno dei suoi collaboratori e collaboratrici, ma li elenca con cura e sentita gratitudine, ricordando a tutte e tutti che il Teatro, per sua natura, è fatto di differenti anime che si riuniscono per dare vita ad un progetto comune, in cui ognuna ed ognuno apporta il suo fondamentale e prezioso
contributo.

NADIA MILANI








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