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Eolo
recensioni
IL GIOCATEATRO A TORINO CON LE RECENSIONI DI MARIO BIANCHI E LAURA BEVIONE
LA VENTICINQUESIMA EDIZIONE PER GLI OPERATORI DALL'8 AL 10 SETTEMBRE

Guarda le foto di Massimo Bertoni


Giocateatro, lo storico Festival di teatro per le nuove generazioni si è svolto per gli operatori  per la venticinquesima volta a Torino dall' 8 al 10 Settembre nei diversi spazi della Casa del Teatro Ragazzi e Giovani. Il Festival è stata anche l'occasione per fare conoscenza con Emiliano Bronzino, nuovo direttore artistico della gloriosa istituzione torinese e del Festival, entità culturali tra i più importanti in campo nazionale dedicati all'Infanzia.

Tredici gli spettacoli presentati, alcuni dei quali provenienti dall'edizione dell'anno scorso che non si era potuta svolgere a causa della Pandemia in corso a cui si sono aggiunti due momenti di incontro per un confronto sulle prospettive in ambito nazionale e piemontese del Teatro per le Nuove Generazioni in questo difficile momento del settore
Abbiamo visto dunque diverse creazioni, forse troppe prodotte dai padroni di casa, ma possiamo capire che il momento lo imponeva per un'edizione tra l'altro di passaggio, vista in prospettiva per una nuova composizione, più aderente a una realtà come quella del Teatro per l'Infanzia che dovrà affrontare nuove sfide se vorrà diventare più forte, dopo questi due anni così funesti con i teatri e le scuole chiusi.

Abbiamo dunque assistito tra gli altri  a “I Canti dell'albero “ di Controluce Teatro d’Ombre, già da noi recensito nel report di Rossella Marchi sul Festival romano Contemporaneo Futuro, a “Chi sei ? “ della Fondazione TRG Onlus di Bruna Pellegrini e Adriana Zamboni, uno spettacolo finalmente dedicato ai piccolissimi, tanto raro da trovare nei Festival. Adriana Zamboni aiutata dal Sound di Guglielmo Diana costruisce un piccolo mondo composto da stoffe, nastri e tessuti che si trasformano piano piano nel paesaggio dove giocano personaggi curiosi in cui i piccoli spettatori si possono facilmente “riflettere”, “NOI, istantanee per una buona fratellanza” di Nonsoloteatro, spettacolo che nasce dall'esperienza “ Vox Motus” progetto di alta formazione sull'arte del narrare di Guido Castiglia che ha visto in scena Alice Pavan e Alessandro Rossi raccontare due storie tenere e poetiche che hanno come protagonisti due fratelli .
Silvia Elena Montagnini diretta da Bobo Nigrone in “Simona Storia di una Calabrona” ci ha raccontato invece una storia di formazione, ambientandola in un divertente mondo zoomorfo, dove la protagonista, attraverso curiose avventure, impara a volare tra ragni, grilli, formiche e cicale. Tutto è reso con accurata semplicità  su un tappeto verde trapuntato di fiori.
Nel Festival ha trovato anche posto un'animazione, “La Piramide invisibile”, alla Scoperta dell'Antico Egitto, coproduzione di Fondazione TRG Onlus e Teatro della Caduta, durante la quale Francesco Giorda conduce, anche attraverso la loro partecipazione diretta, i piccoli spettatori alla conoscenza dell'Antico Egitto. L'ultimo spettacolo a cui abbiamo assistito al Festival è stato “La Stanza dei dinosauri” di Teatrodistinto, surreale, spesso intrigante, composizione dal sapore psicanalitico, senza parole, nello stile inconfondibile di  Daniel Gol con Patrice Bussy e Jacopo Fracasso sul tema dell'accettazione della propria aggressività.
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Anche vista dal vivo, dopo averla goduta mesi fa’ in streaming , “Cenerentola Rossini all’Opera “di Fondazione TRG , dedicata allo sfavillante capolavoro del musicista pesarese con la Regia di Nino D’Introna, che l'ha anche coprodotta, si conferma essere una creazione davvero pregevole. Nel rendere al gusto del pubblico dei ragazzi una forma, così apparentemente a loro estranea come l’Opera, lo spettacolo si muove sempre con grazia e leggerezza ironica, non dimenticando mai però di proporre nel contempo alcune delle sue precipue caratteristiche, accompagnandolo anche per mano nella storia e nella sua composizione testuale e musicale. Tutte i momenti della Cenerentola rossiniana sono visti attraverso gli occhi di una inserviente di un teatro che ovviamente si chiama Angelina come la protagonista del Melodramma che si trova costretta ad essere chiusa nel suo luogo di lavoro. Ecco che improvvisamente la ragazza si trova davanti nientemeno che allo stesso Rossini e al suo librettista Jacopo Ferretti, in lite continua per affermare rispettivamente il predominio della musica o del testo. Di Rossini poi vengono evidenziati sotto una cornice di facile bonomìa intrisa di vezzi, anche il piacere della bella vita e del buon cibo. Sono proprio Rossini e Ferretti che, aiutati in modo considerevole da Angelina, imbastiscono lo svolgersi dell’opera, accompagnati dai brani più celebri del capolavoro Rossiniano nell'adattamento musicale di Diego Mingolla, eseguiti in alcuni momenti egregiamente non solo dalla protagonista, la brava Mirjam Schiavello, ma anche dal collaudato duo Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci, rispettivamente nei panni di Rossini e Ferretti. Raffinato nella sua semplicità anche l’apparato scenografico approntato da Lucio Diana . Ne viene fuori dunque uno spettacolo godibilissimo e un’ottima possibilità di proporre il melodramma alle nuove generazioni.

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Molte volte il Teatro ragazzi ha affrontato il tema dell'alcoolismo tra i giovani. La brava e intensa Naya Dedemailan per Anfiteatro con la regia di Roberto Anglisani ci prova ancora in modo dolorosamente partecipe, intrecciando la storia di due adolescenti Elen e Alan che si ritrovano a lottare contro le proprie “dipendenze” con quella della cantante Amy Winehouse, morta a 27 anni per overdose di alcool. Naya davanti a un bellissima grande tela concepita da Bruno Freddi, narrando in prima persona la storia di Elen, ci conduce in una battaglia di cadute e ricadute, attraversate dalla morte del compagno, mentre la canzoni di Amy fanno da controcanto allo sviluppo della narrazione, alla fine della quale riesce forse vincitrice. La pur brava ed espressiva interprete deve però, secondo noi, scegliere ancora  se interpretare il suo personaggio, in modo spesso troppo carico di emotività, o raccontarlo, modulando più registri interpretativi.
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A Giocateatro abbiamo anche visto con estremo piacere “Barbablù e Rossana “ di Monica Mattioli che abbiamo trovato come il suo progetto più ambizioso e più riuscito degli ultimi anni.  Raccontando la famosa fiaba, in una bellissima e studiata cornice scenografica, realizzata da Elena Colombo, l’artista lombarda, impersonando anche i due personaggi del titolo, aiutata da un tappeto sonoro confacente tra cui spiccano lo schubertiano trio op 100 e l’ouverture del Coriolano di Beethoven  per riconsegnare il differente climax dei momenti del plot, ce ne ridona in modo assolutamente contemporaneo ogni significato. Tutti i passsggi della timida Rossana, che si lascia coinvolgere da una passione insana ma per lei assolutamente vera e piena di speranza per il domani, vengono scandagliati in modo progressivo e confacente, utilizzando ogni segno teatrale che l’interprete ha a disposizione, dai fili blu della lunga barba del mostro che la imprigionano fino a soffocarla , a una candida veste che si tinge di rosso per Rossana a delle lanterne che segnano accendendosi e spegnendosi il cammino verso la stanza proibita, a un sedile che improvvisamente mostra le piccole sagome delle donne uccise, a un significante mazzo di rose. Uno spettacolo di grande fascino,studiato in tutti i particolari per una versione di Barbablù assolutamente da ricordare.
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Eccoci infine davanti a una nuova versione di un must della letteratura, tante volte posto in scena anche dal teatro ragazzi : Il Piccolo Principe. Come sempre è accaduto per i precedenti spettacoli firmati da Luigina D’Agostino che da poco ci ha prematuramente lasciati, anche la sua versione teatrale del capolavoro di Antoine De Santexupery ci è sembrata foriera di gioiosa capacità inventiva, creata con mezzi teatrali semplici ma di sicuro impatto, capaci di far divertire un pubblico numeroso di ragazzi. Eccoci dunque con i resti di un grande arreoplano e con il nostro aviatore (un ottimo Claudio Dughera) alle prese con il piccolo principe ( Michele Puleio che ci piacerebbe meno bamboleggiante) che lo farà volare verso mondi sconosciuti, ricreati da personaggi che Claudia Martore ( qui in veste anche di eccellente scenografa) interpreta con ironica efficacia anche grazie a interventi musicali appropriati.
MARIO BIANCHI
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Eccoci infine a MaskErrando che abbiamo lasciato allo sguardo di Laura Bevione dove tutti, regista, scenografo, attori hanno cercato nel migliore dei modi possibile di risolvere un improbabile testo affidato a Paola Mastracola.


MaskErrando. Storia di teatro e di balene – anteprima di GIOCATEATRO

Il teatro, se accostato a videogiochi o serie TV, ma pure cartoni e graphic novel, è una forma di intrattenimento inesorabilmente perdente, eppure si tratta di un’arte con peculiarità uniche e irrinunciabili – la natura rituale e comunitaria, concreta e nondimeno effimera, eclettica e proteiforme… L’indubbia, ineguagliabile, originalità del teatro non deve dunque che individuare modi e spazi per manifestarsi e convincere così anche le nuove generazioni di non essere da meno rispetto ad altri linguaggi e/o media.
Una potenziale occasione per rivelare ai più giovani la forza del linguaggio teatrale, in tutte le sue declinazioni, era sicuramente la nuova produzione della Fondazione TRG Onlus, MaskErrando, coprodotta da Nino D'Introna . Nato da un’intuizione di Graziano Melano e costruito su un testo di Paola Mastrocola, il debutto dell’allestimento è stato più volte rimandato a causa della pandemia e ha ora debuttato quale apertura della nuova stagione della Casa Teatro Ragazzi e Giovani di Torino e come anteprima della vetrina dedicata alla scena per le nuove generazioni, Il Gioco del teatro (8-10 settembre).
L’idea dello spettacolo germinò dalla visita alla collezione di maschere giganti sulla storia del teatro mondiale commissionata da Nino D’Introna – regista del lavoro – durante gli anni della sua direzione artistica del Théâtre Nouvelle Génération di Lione e ora riprodotta sul fondo del palcoscenico – la scenografia, che comprende anche il cassone di un grosso camion, è di Lucio Diana. Quelle maschere avrebbero dovuto essere l’ispirazione per un rapido ma approfondito e avventuroso excursus nella storia del teatro, così da avvicinare – e magari appassionare – a questo microuniverso il pubblico più giovane.
Un’intenzione che, purtroppo, non sa tradursi in una messinscena effettivamente attraente e stringente a causa di un copione punteggiato da incoerenze e luoghi comuni, didascalismo e snodi narrativi inverosimili… Mastrocola immagina che una madre e una figlia – rispettivamente Irene Ivaldi e Giorgia Goldini – giungano alla casa che hanno preso in affitto – per le vacanze? Per trasferirsi stabilmente? Non è chiaro – e scoprano che quell’edificio ospita un teatro/museo di maschere che è stato chiuso – o trasferito – e il suo custode – Pasquale Buonarota – si sta preparando ad abbandonarlo.
L’uomo cerca di svelare le arricchenti potenzialità del teatro alle due visitatrici, invitandole a travestirsi, a diventare Arlecchino e Pantalone, ma anche Orfeo ed Euridice e Romeo e Giulietta… La madre, dopo aver affermato di non essere mai andata a teatro in quanto convinta di non possedere abbastanza “cultura”, accenna a una guerra, a una condizione di miseria e conflitto smentita però dal suo aspetto curato e dalle due grosse valigie rigide che porta con sé… La figlia, invece, vorrebbe fare la biologa marina e rivela la sua difficoltà a interagire con i compagni di scuola e, in particolare, con un ragazzo che le piace e le ha regalato una balena di peluche.
Lo spettacolo procede così fra piccole confessioni – in molti casi inverosimili e francamente drammaturgicamente inani, come quando la madre rivela al custode che la bambina, Stella, non è veramente sua figlia – e siparietti in cui l’uomo chiede alle sue visitatrici di allestire scene arcinote ovvero di impersonare personaggi e maschere altrettanto leggendari. Intanto forse il camion del trasloco è pronto a partire, o forse no…
Nel silenzio della platea – gli spettatori più giovani faticano a comprendere quanto viene detto sul palco e tacciono confusi – i tre generosi interpreti si affannano per donare ritmo e consistenza a un testo scombinato ed esso stesso confuso, punteggiato da frasi fatte e da tanta retorica spicciola – le valigie delle donne sono leggere perché contengono soltanto i loro ricordi. Un copione evidentemente scritto senza quella passione e quella fiducia nel meraviglioso potere immaginifico del teatro che lo spettacolo avrebbe voluto trasmettere.
LAURA BEVIONE





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