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recensioni
IL FESTIVAL DELLA NARRAZIONE DI ARZO 2021
IL REPORT DI MARIO BIANCHI

Dopo un anno di doverosa astinenza, causata dalla Pandemia, abbiamo di nuovo trascorso un 'intera giornata, con la consueta curiosità e gioia, al Festival della Narrazione di Arzo, giunto alla sua ventunesima edizione che si è svolta nel paesino svizzero dal 19 al 22 agosto, coinvolgendo anche i limitrofi Meride e Tremona. Quindi un festival “ diffuso” che ha avuto come sottotitolo” Racconti di qui e d’altrove” con protagonisti, insieme a tutti gli artisti, i tre paesi con i rispettivi abitanti, ristoranti, alberghi e imprese. A inaugurare l’edizione, giovedì 19 agosto ad Arzo presso la Corte dei miracoli, è stato lo spettacolo, scritto e interpretato da Mario Perrotta “ In nome del padre”, il lavoro già da noi visto e commentato al Teatro Melato, nato da un confronto del narratore con lo psicanalista Massimo Recalcati. Il Festival poi è continuato il giorno dopo con Saverio La Ruina e Chadli Aloui con il loro “Mario e Saleh “.

Noi ci siamo recati il giorno 21 da mattina a sera, assistendo a 5 spettacoli. Giustamente le due giornate finali sono state inaugurate da uno spettacolo "Vasi comunicanti" della meritoria compagnia varesina Karakorum Teatro, creato apposta per il Festival, che sottende un bellissimo più vasto progetto, denominato “Teatro, cultura e territorio a cavallo del confine” dove si dice nella premessa per esemplificare il titolo “Un confine non è solo una linea: la frontiera è un territorio in cui due differenze si sciolgono una nell’altra, un territorio in cui, in qualche modo, le differenze non esistono”: è proprio a partire da questa idea che si è sviluppato questo progetto culturale “ Il progetto coordinato da Stefano Beghi in collaborazione con  Marco di Stefano e Chiara Boscaro di Confraternita del Chianti ha visto in scena nello spettacolo presentato ad Arzo: Susanna Miotto, Alice Pavan; Stefano Panzeri e Stefano Beghi che hanno lavorato insieme a Stefano e Chiara nei mesi precedenti, andando ad intervistare gli abitanti dei paesi confinanti tra Italia e Svizzera per farsi raccontare storie e aneddoti interessanti riguardanti vicende di quei territori. Tutte di seguito, legate dal filo rosso di altrettante confidenze dettate a una sorprendente e divertente statua della Madonna (Susanna Miotto), abbiamo ascoltato in Scena racconti commoventi, mescolati spesso da annotazioni ironiche che ci hanno trasportato nel tormentato periodo tra la fine della seconda guerra mondiale e la conseguente caduta del fascismo con la difficile acquisizione di una nuova libertà.

Ecco poi nella Corte della Contessa ascoltare "I Meravigliati" dove Matteo Curatella, prendendo su di sé tutta la meraviglia dei racconti e del raccontare di Antonio Catalano che meritoriamente gli ha trasmesso, ci invita a guardare le nuvole, attraverso una parabola di splendore assoluto, ambientata mel paese di Puck ( e già questo la dice lunga) dove al centro della sua piazza principale vi è una statua : La statua di un poeta con un libro aperto, su cui è scritta una poesia che nessuno è mai riuscito a leggere . Ecco che così, attraverso le parole e la musica chei il narratore estrae dalla sua fisarmonica, scopriremo, anche con il preziosissimo aiuto di un piccione che ha imparato miracolosamente la nostra lingua, l'arcano di quella scritta, di cui noi ovviamente non diremo nulla, lasciando ai nostri lettori il compito di “meravigliarsi”, appunto, andando a vedere lo spettacolo.

Abbiamo rivisto poi dopo il Festival “Colpi di Scena "Con viva voce" dove il bolognese Bruno Cappagli, si allea con il torinese Guido Castiglia per sperimentarsi, solo in scena, con un' antica fiaba russa .
La storia narrata è quella de "Il principe Ivan e il lupo grigio", fiaba popolare russa, presente nella celebrata raccolta di Afanasjev. Ma lo spettacolo, che non per niente ha come titolo “Con viva voce”, come avevamo già sottolineato, non è solo una storia narrata: la creazione infatti diventa relazione affettiva, trasformandosi in un dono prezioso, che si tramanda attraverso le generazioni, come è successo a Bruno.
La fiaba racconta l'avventurosa storia dell'amicizia, tra il figlio dello zar Ivan e un lupo grigio che lo aiuta a superare diverse prove di coraggio. La narrazione, punteggiata da una colonna musicale sempre discreta e nel contempo significante, si fa oltremodo preziosa in un interscambio emotivo continuo tra il protagonista della storia, il narratore e l'ascoltatore che vivono delle stesse emozioni, sottolineate sempre in modo poetico mai didascalico.

Alessandro Lay del cagliaritano Cada die, invece, tessendo un vero inno al grande giocatore Luigi Riva in "Riva Luigi ’Cagliari al dì dello scudetto" ci racconta, anche qui mescolando la storia del giocatore con la sua, l'epopea di un uomo scontroso ma che è riuscito, pur controvoglia all'inizio della carriera, a riunire intorno a sé le emozioni di tutta un'isola. Ne seguiamo la vita e le vicissitudini attraverso anche un impasto di inflessioni che il narratore conduce con grande perizia, scoprendo tutte le particolarità di un campione che ha anche attraversato la nostra giovinezza.

La nostra giornata ad Arzo è terminata a notte tarda dopo aver visto una straordinaria Giuliana Musso interpretare “La Scimmia” spettacolo prodotto da " Corte ospitale" che, ispirandosi a “Una relazione per un’Accademia di Franz Kafka” ( ma ci ricorda anche “Cuore di cane” di Bulgakov) ha messo in scena una storia del tutto particolare. L'attrice,identificandosi con un essere per metà scimmia e per metà uomo, uno strano animale che parla, canta e balla  si rivolge al pubblico, identificadolo con un uditorio di illustri accademici della società della scienza. Giuliana ci narra la sua storia, la storia di una trasformazione. La storia che è passata da essere scimmia libera a uomo, dopo essere stata catturata, ingabbiata e torturata. Così la nostra protagonista, non potendo fuggire, sceglie di adattarsi al suo nuovo stato e impara ad agire e a ragionare come coloro che l'hanno catturata e maltrattata.. La scimmia dunque deve dimenticarsi di sé stessa per entrare in un essere che non conosceva. Davanti a noi vive una specie di fenomeno da baraccone che tra Chaplin e Elephant man,  si muove ballando, esibendosi tra luci e musiche, utilizzando un linguaggio ancora in divenire tra balbettii, versi, parole smozzicate, risolini. “Questo personaggio è a suo modo un buffone, tenero come Charlot, diabolico come un Arlecchino.... La scimmia è diventata un attore del varietà e parla ai Signori dell’Accademia: facendo il cretino per il pubblico nutre la sua infinita fame di umanità. Ridendo di quello stesso pubblico che compiace ogni sera trova uno spazio di libertà. Il buffone sul palco resiste così alla violenza”
Giuliana Musso lascia molto margine sui significati di questo cambiamento al pubblico, il cui senso viene solo accennato. Rimaniamo davvero stupiti, come del resto nei suoi precedenti spettacoli, dalla sua camaleontica capacità di entrare nel corpo degli altri, esprimendone tutta l'intensità emotiva, anche qui, in un essere così particolare come quello che abbiamo visto esibirsi ad Arzo.

Molti altri artisti poi sono venuti ad Arzo per questa edizione del Festival da Abderrahim El Hadiri a Simona Gambaro sino alla curiosa performance di Marco D'agostin che tra danza e parola ci racconta la sua passione per lo Sci.
MARIO BIANCHI





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