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Eolo
recensioni
COLPI DI SCENA ( PRIMA PARTE)
IL REPORT DI EOLO

Accademia Perduta, nonostante le restrizioni dovute all'emergenza sanitaria in corso, non ha voluto rinunciare coraggiosamente al suo Festival biennale di riferimento, dedicato alle nuove generazioni: così, dal 22 al 25 Settembre, superando ostacoli e difficoltà, Claudio Casadio e Ruggero Sintoni, coadiuvati dal loro meraviglioso staff, hanno imbastito un corposo festival, composto da ben 21 creazioni, che si sono svolte nei numerosi e compositi teatri di Forlì, Faenza, Bagnacavallo, Russi, per regalarle ai numerosissimi operatori giunti da tutta Italia in vista della possibilità di una programmazione che si spera essere vicina e consistente come una volta.

Abbiamo assistito a diversi debutti che dovranno essere ricalibrati, dopo questo primo rapporto con il pubblico, e a primi ritorni sulle scene e comunque ci siamo trovati davanti ad un panorama vario e interessante e, in alcuni casi, di grande qualità.
Un Festival che poi ha visto per la gioia dei nostri occhi e del nostro cuore ritornare, seppur in piccole dosi, i bambini a teatro, un piccolo passo, di grande importanza che ha segnato meravigliosamente questa edizione di “ Colpi di Scena”.
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Abbiamo visto con gran piacere tra le proposte del Festival anche l'esito finale del progetto di alta formazione, a cui hanno partecipato 14 attori, intorno alla figura dell’attore/narratore, coordinato da Roberto Anglisani.  Il saggio-spettacolo a cui abbiamo assistito era incentrato sulle “Metamorfosi” di Ovidio che hanno offerto lo spunto comune per l’elaborazione di narrazioni individuali e collettive, in cui i partecipanti sono stati protagonisti di tutti i passaggi necessari per condurre l’elaborazione dal testo alla messa in scena. Narrazioni che, mescolando passato e presente, ci hanno restituito tutta la profondità e la varietà di scrittura e di visionarietà del grande scrittore latino.
Ci piace ricordare tutti i nomi dei 12 partecipanti allo spettacolo : Andrea Acciai, Tomas Acosta, Roberto Agnelli, Giulio Bellotto, Federico Caiazzo, Sara Caspani, Edwige Ciranna, Giordano Deiana, Nicola D’Emidio, Mariangela Diana, Alice Guarente, Carlo Alberto Montori, che sul palco hanno offerto tutti una prova teatrale confortante e ricca di spunti.

Prima di indagare con il nostro punto di vista gli spettacoli a cui abbiamo assistito per la prima volta, ci preme sottolineare che in molti casi la mancanza del pubblico di riferimento e la messa in scena dopo un lungo periodo di stasi, ne hanno anche condizionato in parte la resa.

Pieno di spunti interessanti, disseminati purtroppo alla rinfusa sul palco e nello svolgimento dell'azione drammaturgica, è stato per noi lo spettacolo “L'usignolo dell'imperatore”, prodotto da Accademia Perduta, tratto dalla famosa fiaba di Andersen, di Pietro Piva, che avevamo precedentemente apprezzato per “ Abu sotto il mare” . Consiglieremmo, al pur fantasioso giovane artista, che ha creato per l'occasione anche un personaggio stralunato di divertente consistenza, di rimodulare lo spettacolo, facendosi aiutare anche da un capace occhio esterno.
In “Grande Cavalcata Rossiniana” di Drammatico Vegetale, omaggio al grande compositore pesarese, abbiamo invece apprezzato molto la ricostruzione delle città protagoniste delle sue opere, custodite in contenitori a forma di strumenti.
Anche qui consiglieremmo a Pietro Fenati e a Elvira Mascanzoni di riportare lo spettacolo nella giusta dimensione di una istallazione, come forse era nell'idea originale, non banalizzando nel contempo però la divertente complessità delle trame delle sue opere e facendo ascoltare le registrazioni dei suoi brani più famosi ma soprattutto utilizzando interpreti musicali più adeguati all'ardua impresa.
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EDIPO/ SOCIETAS
Anche “ Edipo”, il nuovo progetto teatrale della Societas, si colloca nella ricerca che da anni Chiara Guidi a Cesena conduce al Teatro Comandini, creando spettacoli e istallazioni di ordine filosofico, indirizzati ai bambini, performance uniche nel loro genere nel teatro dedicato all'infanzia in Italia.
Edipo il protagonista della storia, che la Guidi, definisce fiaba di Magia, davanti al Sipario ancora chiuso, chiede direttamente a lui, alla sua bocca, la risposta che il Teatro dovrebbe dare ogni volta: Chi sono io? La Sfinge conosce la risposta, e apre il sipario a coloro che sanno decifrare i suoi enigmi pertanto Edipo, che ha risolto l'enigma che lo vede protagonista, può penetrare la soglia della Scena.
Solo Edipo è umano (Alessandro Bandini) in questa performance, ambientata in una terra desolata. Saranno bestie ed esseri vegetali a rispondere alle sue domande, spiegandogli l'amara verità: è stato lui ad uccidere il proprio padre. Solo allora diventerà uomo, solo avendo perdonato sé stesso potrà perdonare gli altri, solo allora il seme nascosto nella terra potrà maturare e diventare adulto, sia che sia fiore o essere umano: in questo modo la terra non sarà più desolata. Domande e risposte assai difficili da fare e a cui rispondere propone il Teatro di Chiara Guidi che hanno bisogno di una lunga meditazione per uno spettacolo molto particolare dove la rappresentazione è solo una piccola parte di un processo cognitivo ed emozionale che necessita di un prima e di un dopo.

CON VIVA VOCE, IVAN E IL LUPO GRIGIO/ BRUNO CAPPAGLI- LA BARACCA TESTONI RAGAZZI
E' assai raro, ma qualche volta accade, che un artista, giunto ad un certo punto della sua attività, desideri mettersi in gioco, affidandosi ad un collega, per misurarsi in una nuova prova ardimentosa, in qualche modo mai tentata prima. Questo accade con risultati più che positivi in “ Con viva voce, la storia di Ivan e il lupo grigio” dove il bolognese Bruno Cappagli, si allea con il torinese Guido Castiglia per sperimentarsi, solo in scena, con un' antica fiaba russa .
La storia narrata è quella de Il principe Ivan e il lupo grigio, fiaba popolare russa, presente nella celebrata raccolta di Afanasjev. Ma lo spettacolo, che non per niente ha come titolo “Con viva voce”, non è solo una storia narrata: la creazione infatti diventa relazione affettiva, trasformandosi in un dono prezioso, che si tramanda attraverso le generazioni.
“La bisnonna del mio nonno era russa e raccontava sempre una storia al nonno del mio nonno, che a sua volta la raccontava alla mamma del mio nonno, fino ad arrivare a mio nonno, e poi a me.
Io ho sempre ascoltato quella storia, sin da piccolo. Una storia che mi ha raggiunto attraverso tante voci, voci vere, voci vive” E questo passaggio di generazioni viene rappresentato sul palco da una grande matrioska, la tradizionale bambola russa, formata da pezzi di diverse dimensioni realizzati in legno, ognuno dei quali è inseribile in uno di formato più grande, simbolo inequivocabile del tempo che passa e che lascia le sue tracce,tra una generazione e l'altra.
La fiaba racconta l'avventurosa storia dell'amicizia, tra il figlio dello zar Ivan e un lupo grigio che lo aiuta a superare diverse prove di coraggio, dovendosi trasformare in cavallo dalla criniera d'oro e perfino nella bella Elena, l' innamorata di Ivan, che  alla fine diverrà sua moglie, dopo che i gelosi fratelli di Ivan verranno giustamente puniti per avere tentato inutilmente di ucciderlo.
Una bellissima storia che parla di viaggi avventurosi, di consigli insabbiati, di uccelli di fuoco e di mele d'oro, di meravigliose trasformazioni e di acque prodigiose che Bruno Cappagli racconta con giusto e capace piglio narrativo, restituendocene tutti i passaggi in modo convincente utilizzando, oltre alla matrioska, pochissimi oggetti.  La narrazione, punteggiata da una colonna musicale sempre discreta e nel contempo significante, si fa oltremodo preziosa in un interscambio emotivo continuo tra il protagonista della storia, il narratore e l'ascoltatore che vivono delle stesse emozioni, sottolineate sempre in modo poetico mai didascalico.




NEL VENTRE/ STEFANO PANZERI - TEATRO DELL'ARGINE
Stefano Panzeri, qui prodotto dal Teatro dell'Argine, dopo averci fatto attraversare quasi un secolo di storia, raccontando la vita di Vincenzo Rabito, si immerge nel ventre del famoso cavallo di Troia, per narrarci, prendendo spunto da un romanzo di Claudio Perrone, le emozioni dei semplici militi che, governati dall’astuzia di Ulisse, tentano con successo di aprire le porte della città, per farvi entrare le truppe dei Greci. Il narratore, in una specie di radiocronaca appassionante, ci fa rivivere attraverso le ansie e le speranze di un pugno di anonimi soldati ma anche di quelle di Ulisse, di Epeo (artefice del cavallo) e di Neottolemo (figlio di Achille), un forte momento forse dimenticato, di piccole e grandi passioni di una vicenda diventata mitica.
Nel silenzio di quel luogo, nel suo buio, squarciato solo da una feritoia, da dove di nascosto si può vedere solo una parte del mondo, percepiamo attraverso il racconto del narratore la paura degli ultimi, la tracotanza di Neottolemo, la prudenza di Ulisse, il destino segnato di Epeo, la morte di Laocoonte e dei suoi figli, il vano avvertimento di Cassandra, le parole di Atena.
Rese al minimo le scenografie, ma poeticamente sensibili, Stefano Panzeri si muove su una piccola struttura dove sospesi, pendono tre cilindri di misure diverse che rilasciano sabbia, simbolo della spiaggia dove si colloca l'azione. ma anche del tempo, che passa e che tutto distrugge. Vicino a lui un piccolo cavallino di legno, un quadrato sempre di legno che diventerà alla fine la botola da cui usciranno i soldati, una piccola radice, forse la stessa città che verrà sì distrutta ma che, attraverso la poesia di Omero, è ancora ben presente nella memoria del mondo. Uno spettacolo semplice nella sua complessità in cui la parola diventa evocatrice di una storia senza tempo.

SONIA E ALFTREDO UN PAESE DOVE STARE/ TEATRO GIOCOVITA
“Sonia e Alfredo. Un posto dove stare” l'ultimo spettacolo di Teatro Gioco Vita com’è consuetudine per la compagnia di Teatro d'ombre di Piacenza è ancora tratto da un libro illustrato per bambini. Questa volta il testo drammaturgico, per attori e ombre, fonde e sviluppa le vicende contenute in due libri Va-t’en, Alfred! e T’es là, Alfred? della scrittrice e illustratrice belga Catherine Pineur, adattati per la scena da Enrica Carini e Fabrizio Montecchi che cura regia e scene con Deniz Azar, Tiziano Ferrari.
Protagonisti sono due strani uccelli assai differenti tra loro per forma: Alfredo che munito di una piccola sedia gira il mondo alla ricerca di un posto dove stare, rifiutato da tutti e Sonia che vive sola in una casa in fondo al bosco, senza mai allontanarsene che, pur turbata dalla presenza di quel buffo uccello così diverso da lei, ne diventa sua amica.
Ma un mattino Alfredo non c’è più. Sonia lo cerca prima sorpresa e poi preoccupata, così preoccupata che trova il coraggio di allontanarsi finalmente dalla sua casa per andare a cercarlo. Nella ricerca del suo amico anche lei riceverà molti dinieghi e risposte evasive finchè scoprirà una triste realtà dove moltissime persone, anch'esse munite di sedie, cercano di sorpassare un muro per trovare anche loro un posto sicuro e magari un'amica come lei. Deniz Azar e Tiziano Ferrari in modo convincente impersonano Alfredo e Sonia muovendo con maestria anche le ombre che li rappresentano in un' atmosfera di melanconica delicatezza dove il tema della migrazione è trattato senza nessun accenno didascalico. A nostro avviso forse il finale avrebbe bisogno di ulteriore approfondimento, considerato lo spettacolo come sempre di alto livello.

CHI HA PAURA DI DENTI DI FERRO / TANTI COSI PROGETTI
È l’apoteosi del Teatro di figura e del suo artigianato “Chi ha paura di denti di ferro” l’ultimo spettacolo di Danilo Conti e Antonella Piroli, tratto da un racconto della tradizione popolare turca.
Contravvenendo alle raccomandazioni della mamma, tre fratellini Grandone, Di mezzo e Piccoletto si troveranno indifesi nella casa di una malefica strega dai denti di ferro, dove hanno trovato rifugio al calar della notte. Per fortuna prima che la vecchia, come di prammatica, possa mangiarli, attraverso l’astuzia del più piccolo, riusciranno a scamparsela, lasciando la perfida creatura a bocca asciutta. Danilo Conti, in scena come al solito da solo, fingendosi a corto di idee ed aiutato da Sissi, un simpatico essere, vecchio di centinaia di anni, ma capace di farsi la permanente e di partecipare ad un ballo in maschera, riesce a raccontare questa storia utilizzando un teatro di figura sempre inventivo nella sua assoluta semplicità. Maschere di tutti i tipi e fogge, oggetti tra cui tre lanterne e un bosco incantato, creano insieme a loro animatore e costruttore una performance di incantevole fattura spesso spruzzata di ironia. Con “Chi ha paura di denti di ferro” Conti costruisce il suo spettacolo più misurato e maturo, dove anche gli errori diventano invenzioni drammaturgiche, che irrorano lo spettacolo di ulteriore ironia, creando una performance dove adulti e bambini possono immergersi facilmente con grande delizia e immaginazione.

PINOCCHIO /ACCADEMIA PERDUTA
È sempre difficile riproporre nel teatro rivolto ai ragazzi le celebri avventure create da Carlo Collodi che vedono come protagonista Pinocchio senza ricadere nei soliti cliché o ripetizioni. Ci ha riprovato con gusto ed eccellente capacità del gioco teatrale Accademia Perduta attraverso lo stile riconoscibilissimo di Marcello Chiarenza con la regia di Claudio Casadio. Protagonisti assoluti, all’interno di un grande spazio che rimanda ad una grande baracca burattinesca, sono i libri: libri grandi e piccoli, libri che contengono piccole meraviglie che, letti in scena, all’occorrenza, riescono nel contempo a trasformarsi in finestra, fuoco, neve, grillo, assassini, tomba, gabbiano, letto, onde e persino balena. La storia poi viene raccontata attraverso semplicissimi artifizi che, in modo poeticamente plausibile, ci immergono nei mondi reinventati da Collodi. E della partita sono anche Sandrone e Fagiolino che nel teatro di Mangiafuoco salutano da lontano il loro amico di legno. Maurizio Casali e Mariolina Coppola sulle musiche di Carlo Cialdo Capelli guidano con sapienza il gioco, che in ultima analisi risulta anche essere un omaggio sentito al libro e alla sua meravigliosa capacità di reinventare il mondo rendendoci più capaci di comprenderne tutte le sfumature, come avviene per il nostro protagonista di legno.


LE NID / PROGETTO G.G .
Interessante e finalmente pieno di suggestioni e domande per gli spettatori più piccoli ci è sembrato
Le Nid (Il nido) di Progetto g.g., messo in scena da Consuelo Ghiretti e Francesca Grisenti
con i
pupazzi di Ilaria Comisso e le musiche originali di Pier Giorgio Storti che, dopo il successo di “ Valentina vuole”, tornano a misurarsi in teatro con una nuova creazione, senza parole, questa volta sul tema del nido e dell'arrivo di un estraneo.
Tutto lo spazio teatrale è invaso da una casa bianca, abitato da un'esistenza che ogni giorno compie sempre gli stessi gesti, gli stessi rituali che ogni giorno tutti i bambini compiono. Ma ecco ad un certo punto arrivare dall'esterno un'altra presenza che appare subito diversa : non  è impacciata come la precedente, si muove  anzi quasi danzando e occupa subito il suo spazio,senza chiedere nulla. All'inizio il rapporto tra le due è molto difficoltoso ma con il passare delle stagioni, per la prima, ma non solo per lei, l'incontro diventa occasione di scoperta e di scambio. Forse addirittura le due identità che abbiamo conosciuto sono due aspetti di una stessa persona. Ma ecco che ad un certo punto un'altra presenza popola la scena, un grande uovo che, dopo essere stato covato sotto un grande baldacchino che sovrasta la scena, si scopre essere un piccolo simpatico draghetto. L'esperienza di condivisione maturata precedentemente farà in modo che ora questa strana presenza, assai diversa per forma e sembianza della precedente, non farà più paura ed ora, chi è arrivato prima, potrà andarsene, consapevole che il draghetto sarà curato con tutto l'amore necessario.
Tutto è delicato nello spettacolo e leggero rispetto ai bambini, dei quali purtroppo ci è mancato il conforto, ma forse, teatralmente parlando, a Consuelo Ghiretti e Francesca Grisenti gioverebbe una rimodulazione dei tempi, soprattutto nella prima parte, definendo meglio i due personaggi protagonisti della storia, fuori dagli stereotipi, inserendo qualche colpo di scena che accentuasse gli stupori degli avvenimenti di cui lo spettacolo è, ciò nonostante, ricco.
MARIO BIANCHI

NELLA SECONDA PARTE INTERVENTI DI ROSSELLA MARCHI MARIO BIANCHI CIRA SANTORO E GIULIO BELLOTTO.







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