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Eolo
recensioni
PALLA AL CENTRO DAL 9 ALL'11 LUGLIO
IL REPORT DI MARIO BIANCHI E ROSSELLA MARCHI DALL'UMBRIA


Dal 9 all11 Luglio si è tenuta, nell’alternarsi di sede delle compagnie che l'organizzano, questa volta a Perugia, da Fontemaggiore, la quattordicesima edizione di “Palla al centro “ la rassegna delle produzioni delle compagnie di Toscana, Umbria, Abruzzo, Marche, Lazio. Attraverso la puntuale organizzazione e la cura amorevole di Roberta, Monica e Stefano siamo stati trasportati tra Perugia,Trevi e Spello ad assistere a 17 creazioni di altrettante compagne. Una buona edizione di questa storica manifestazione in cui abbiamo visto spettacoli diversissimi tra loro, molti dei quali di eccellente qualità.

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Di spicco le performance narrative con in scena un solo artista : “Teoria del Cracker “di Occhisulmondo, lo studio di Bradamante “Paolo dei lupi”, “L’uomo di ferro” di Sipario Toscana ”Nel nome del figlio” di Stefano Baffetti.

Daniele Aureli, eccellente interprete che abbiamo avuto il piacere di notare in diverse altre creazioni, non solo della sua compagnia,Occhisulmondo, in “Teoria del Cracker “ racconta, facendo parlare la stessa malattia, la sofferenza di una donna, in un piccolo paese di 900 abitanti, dominata da fabbriche e inceneritori. Il suo è un bisbiglio continuo dominato da un semibuio opprimente dove la polvere sembra quasi coprire le parole ma dove la vita si ostina a mantenersi salda.

Eccellente anche lo studio di trenta minuti, dovuto alla giovanissima Francesca Camilla D'Amico, di Bradamante che in “Paolo dei lupi”, dove, guidata da Roberto Anglisani, ispirandosi alla vita del biologo Paolo Barrasso, ha proposto una vera e propria elegia del lupo attraverso l'amicizia di un biologo e un bambino .Curiosi di vederne il compimento.

“L’uomo di ferro”, che nasce da una coproduzione tra Fondazione Sipario Toscana onlus con Théâtre du Phare, pone in scena invece una fiaba poco conosciuta dei Fratelli Grimm, adattata per il teatro da Olivier Letellier, con un narratore vitalissimo ed espressivo , Matteo Prosperi. Utilizzando pochissimi elementi, ovviamente di ferro, bidoni di varia spessore e grandezza, narra il percorso iniziatico di un bambino che diventerà un uomo al cospetto di un essere selvaggio , l’Uomo di Ferro che lo aiuterà nel suo percorso per diventare re

Stefano Baffetti per Bottegart , dopo il successo dell’intenso racconto “ L’isola degli uomini” ritorna a misurarsi con la narrazione in ”Nel nome del figlio”, presentandoci una curiosa figura di padre che intende in modo assolutamente diverso ogni brandello della vita che gli si offre davanti. Ne vengono fuori però nel contempo consigli di vita che dedica al figlio, mescolando realtà a fantasia, senso comune a visioni surreali dove il riso si mescola all’emozione per un racconto di strana meraviglia.
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“Storia del Principe alla ricerca della Verità” di Fontemaggiore ( che si è aperta ultimamente in modo meritorio alla collaborazione di tutti gli artisti giovani che operano sul territorio umbro) con Emanuela Faraglia, Nicol Martini, Giancarlo Vulpes, regia Enrico De Meo, è invece una creazione lastricata di buone intenzioni, per noi ancora in via di definizione, che si pone un proposito assai nobile attraverso diverse domande : Si può parlare di Verità ai bambini..? Ma quale Verità? E cos'è? Ne esiste una sola, assoluta? È sempre giusto dirla? O esistono le bugie a fin di bene?
Enrico de Meo, partendo da Carrière, mette in scena, per far questo, le avventure di un semplice uomo a cui ,indebitamente, sono offerti  i panni di un principe impavido, affiancato da due aiutanti, in un 'atmosfera che ci immerge nei misteri dell'India, pronto ad affrontare mille avventure per trovare la Verità... quella Vera! Ora che la cornice è stata costruita, ci piacerebbe che lo spettacolo dall’empireo filosofico dove è stato costruito scendesse nell’esperienza stessa dei ragazzi, parlando in modo semplice e profondo di cosa rappresenta per loro la verità.
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A buon punto, ma in parte da rivedere almeno per noi rendendola più fluida, ci è parsa la nuova creazione dedicata, come consueto all’opera, di Teatro Linguaggi “ Figaro Figaro, largo al Factotum” , spettacolo per altro pieno di grandi invenzioni ma per noi ancora in parte confuso e difficoltoso.
Il piccolo grande Sandro Fabiani, affiancato da Massimo Pagnoni e Geoffrey Di Bartolomeo, su regia, scene e costumi di Fabrizio Bartolucci, come del resto è solito fare, da factotum, come il celebre barbiere, cerca di far convolare a giuste nozze il Conte di Almaviva, sotto le mentite spoglie di Lindoro, con la bella Rosina, nonostante le voglie di Don Bartolo, suo tutore.
Sei singolari marionette senza testa e senza anima, abiti/scafandro che aleggiano sulla scena, ombre che suggeriscono il doppio, aiutano nell’impresa il tutto fare ardimentoso e bravissimo Fabiani, che a un certo punto incontra persino Il grande Pesarese. Come detto siamo a buon punto ma per ora , almeno per noi, tutto è troppo concitato, non nel senso rossiniano del termine, ma, conoscendo il regista e il suo attore, siamo sicuri che ci lavoreranno ancora per rendere perfetto “ sì felice innesto”.

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I due spettacoli più riusciti del Festival ci sono sembrati “ La regina delle nevi “ del Tieffeu e “ Federico Condottiero “ di ATGP .
Maurizio Bercini, dopo qualche discreto, ma imperfetto tentativo di mettere in scena la complicatissima fiaba di Andersen “La regina delle nevi”, per Tieffeu, ci regala su testo di Marina Allegri, una delle sue ultime creazioni migliori, irrorata di forte ironia, ma soprattutto di gran teatro, declinato in ogni direzione, dove ogni elemento è ben calibrato e ben proposto dai tre giovani attori in scena : Emanuela Faraglia, Nicol Martini, Claudio Paternò.  La fiaba divisa in 7 momenti è il racconto della forte amicizia di due bambini: Gerda e Kay che spingerà la ragazzina alla ricerca dell’amico rapito e stregato dalla bellissima Regina della neve.
Nel suo viaggio alla ricerca di Kay, la bambina Gerda, come in tutti i viaggi fiabeschi che si rispettano, farà incontri meravigliosi, imparando da ognuno di loro ammonimenti che la faranno diventare adulta . Una bella composizione teatrale che nasce nel gioco del teatro nel teatro, utilizzando il teatro di figura, le musiche appropriate nel far riconoscere i vari ambienti, scenografie immaginifiche per rendere in modo credibile una storia dai mille risvolti e dalle mille suggestioni.
In “Federico Condottiero” invece l’avventurosa ed esemplare vita di Federico di Montefeltro è narrata con gusto e divertimento da Enrico Marconi e Lucia Palozzi con la triplice regia di Fabrizio Bartolucci , Sandro Fabiani, Simone Guerro.
Seguiamo la vita passo passo nei suoi momenti salienti di un uomo che è riuscito a fondere in sé magnificamente politica e cultura, costruendo a Urbino nello straordinario clima dell'umanesimo italiano una palazzo tanto simile a una città ideale ancora oggi invidiataci da tutto il mondo. Davanti a noi sfilano Vittorino Da Feltre, Luciano Laurana e Piero Della Francesca, in un gioco teatrale di fresca e ilare composizione, adatta a tutte le fasce di pubblico.
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Di piacevole ed immediata condivisione ci è parso Tan-Tangram, filastrocca in mille pezzi di Art N/Veau con Francesca Breschi e Giulia Zeetti, attrici e cantanti, Stefano Olevano, corno, Ayumi Makita, origamista, che prende spunto da antiche leggende, protagonisti un monaco e una bambina che, malaugurata mente, lasciano cadere una tavoletta dalle mani che si rompe in sette pezzi. Nel tentativo di ricomporre il quadrato iniziale, uscirono fuori diverse figure: una casa, un gatto, un gallo …. facendo nascere così il gioco del tangram , in cui con sette tessere dette “tan” si possono creare infinite combinazioni. Questo l’assunto di uno spettacolo in verità assai più semplice, dove si mescolano filastrocche , canti popolari e canzoni originali , indovinelli antichi con parole strane, scioglilingua, ninne nanne , conte e formule magiche che anche il pubblico canta in modo giocoso, riportando in vita un mondo che credevamo perduto.

Marco Renzi esplorando uno degli archetipi fiabeschi più noti in"Cenerentola in bianco e nero” si diverte a mettere in contrapposizione, ma in verità solo enunciandola e solo nel finale, la versione cruenta raccolta da i Grimm (1822)con quella più consolatoria di Perrault (1697), nate in due contesti assai differenti. Come succede spesso negli spettacoli del regista marchigiano, dove tutti i linguaggi del teatro vengono proposti in modo giocoso, dal Canto al Teatro di figura,  gli spettatori entrano in gioco intervenendo per  scegliere la versione che più aggrada loro. Ci pare che tutto sia divertito e divertente, ma che corra su binari poco originali : ci piacerebbe qualche volta trovarci davanti a qualcosa di inaspettato o più profondo come accadeva in” Tra le nuvole” o in “Pinocchio Pastrocchio” .

"Fandonia", di Strabismi, su una drammaturgia di Erica Morici, ha il coraggio di mettere in scena il dolore di un padre che non riesce a capacitarsi della mancanza di una figlia, proponendolo in modo anomalo, a tratti curiosamente stimolante, esasperando la ripetitività delle situazioni, con l’utilizzo del teatro di figura, che spesso fa capolino,  ed immettendolo in un crogiolo di storie con al centro la Bugia . Il risultato però ci pare troppo frammentario e confuso. Consigliamo all’autrice di focalizzarsi solo su una storia e di vedere sullo stesso tema lo spettacolo “Essere Bugiardo”di Carlo Guasconi.

Per "Etty Hillesum, elogio dell'amore" del teatro stabile d’Abruzzo / Fantacadabra, Mario Fracassi imbastisce una messa in scena composita, corredata da immagini appositamente realizzate da Santo Cicco e da un tappeto sonoro appropriato, per perpetuare il ricordo commosso di Etty Hillesum (1914-1943), giovane scrittrice ebrea olandese morta nel campo di Auschwitz. In scena la giovane attrice Laura Tiberi solo a tratti riesce a farci entrare in modo profondo e commovente in una storia tremenda che vorremmo non si ripetesse più.

Valentina Ciaccia in "Mu lan e il drago" del Teatro dei Colori crea una interessante e coraggiosa creazione di teatro di figura su nero con in scena 4 animatori e mimi : Maddalena Celentano, Valentina Franciosi, Andrea Tufo, Barbara Giuliani per narrare le celebri avventure della principessa cinese Mu Lan che, attraverso un viaggio pieno di pericoli e prove,con l'aiuto di due simpaticissime creature, un drago e di un grillo, diventerà adulta formandosi una identità che la farà diventare una donna pronta a vincere le numerose prove che la vita le porrà davanti. Lo spettacolo incanta soprattutto quando lo spettatore si lascia andare alla magia delle immagini su un corollario di musiche che vanno da Rimskij- Korsakov a Dvorak a melodie orientali rimanendone incantato.

MARIO BIANCHI

I TRE PORCELLINI

Perfettamente riuscito il connubio tra il Teatro delle Marionette degli Accettella e Danilo Conti il quale ha firmato, con Antonella Piroli, testo e regia di questo spettacolo storico. Abbiamo visto in scena due credibili interpreti, Alessandro Accettella e Stefania Umana, che per nulla hanno fatto rimpiangere i due autori/attori delle origini di questo lavoro. La favola de “I tre porcellini”, come sappiamo, narra di tre fratelli porcelli che, per cercare di sfuggire al loro più acerrimo nemico, il lupo, decidono di costruire una casa ciascuno per difendersi. Il primo costruirà un casetta di paglia che volerà via al primo soffio del lupo che se lo mangerà, il secondo costruirà un casetta di legno che crollerà dopo qualche soffio del lupo e se lo inghiottirà, infine l’ultimo, il più furbo dei tre, costruirà una casetta di mattoni che il lupo non riuscirà a far crollare sfuggendo così al nemico e riuscendo anche ad eliminarlo con una mossa strategica. Lo spettacolo di teatro di figura e attore, da subito cattura lo spettatore per il buon ritmo che riesce a tenere per tutta la sua durata. La storia si snoda facilmente tra una risata e l’altra grazie alla maestria dei due animatori/attori nel dar vita ai bei pupazzi di Brina Babini e la capacità di relazionarvisi: nascono infatti divertentissimi siparietti proprio nella rapporto tra il pupazzo e l’attore che lo anima come fosse altro da sé. Molto interessanti, funzionali e per nulla banali le scene di Antonella Piroli che aiutano a narrare la storia con divertenti stratagemmi: una curiosa struttura basata sul meccanismo della carrucola infatti, li aiuterà a costruire le ambientazioni. Ben caratterizzati e riconoscibili tutti i personaggi. Gli autori hanno infatti costruito profili molto precisi e divertenti per ogni personaggio: dal lupo narcolettico al porcellino più ingegnoso. Volano via veloci e leggeri i cinquanta minuti di questa rappresentazione, scanditi dalle risate di grandi e piccini.


IL PRINCIPE E LA RONDINE

Prima regia per Flavia Valoppi, anche autrice del testo che vediamo in scena nel bel teatro Clitunno di Trevi. La storia narra di un triste Principe che vive la vita chiuso nel suo castello senza aver mai il coraggio di uscire e rapportarsi con il mondo. Ha paura, il nostro principe. Il mondo gli pare pieno di pericoli e ostacoli e preferisce rimanere al sicuro nella sua gabbia dorata. Da solo nel castello però, spesso si annoia fino a quando un bel giorno Rondinella riesce ad entrare e a rischiarare, con il suo cinguettio melodioso, quelle stanze tristi e vuote. Principe rimane incantato e sente nascere dentro di sé la bellezza ed il nutrimento che porta l’incontro con l’altro: un’emozione che lui non ha mai provato. E, come capita ahimè troppo spesso, l’oggetto d’amore diventa ossessione tanto da impedirne la libertà per la necessità di sentire che quella Bellezza sia un dono esclusivo per sé. E così succede anche al nostro Principe che, ebbro dell’emozione mai provata, chiude Rondinella in una gabbia assicurandosi così che lei non possa mai abbandonarlo. Ma, in gabbia, ogni bellezza sfiorisce e così avviene anche alla nostra reclusa che, vedendosi impedire il volo e la libertà, non riuscirà più a cantare. Principe non riesce a comprenderne il motivo: tutto l’amore e la dedizione che riversa sulla Rondinella non sono sufficienti? Grazie alla pazienza di Rondinella, Principe imparerà a mettersi davvero in relazione e a scoprire il valore della fiducia e della libertà. Lo spettacolo, ha molti elementi interessanti ma non ha ancora perfettamente a fuoco il centro drammaturgico. La storia infatti affronta il tema importante, comune ai bambini come agli adulti, del possesso delle cose o delle persone e riuscirebbe ad essere molto più incisivo se riuscisse a far concorrere gli elementi di sviluppo della storia proprio in quella direzione. L’argomento è vasto, delicato e necessario e, a nostro avviso, sarebbe più efficace non mescolarlo con altri elementi drammaturgici, come suggerisce invece il finale esplicitando una morale riassumibile nel concetto “Insieme si può cambiare il mondo” che in qualche modo porta fuori dallo sviluppo della storia che si è voluto dare fino a quel momento. Molto preziosi i linguaggi con i quali si è deciso di narrare la storia: le ombre cinesi e la sand art di Oscar Strizzi, concorrono a portare lo spettatore in uno spazio evocativo emotivamente coinvolgente ma il loro utilizzo è ancora da registrare per fare in modo che possano restituire pienamente un flusso continuo e non frammentato di emozioni. Talvolta infatti, la loro sovrapposizione o il cambio di luce rompono la magia del contesto onirico nel quale ci conducono. Ci sentiamo di suggerire inoltre, un cambio di prospettiva affidando la voce di Rondinella ad un adulto e non ad una, peraltro bravissima, bambina. Riteniamo infatti che l’immedesimazione così incisiva da parte del bambino in Rondinella prigioniera non sia necessaria ma, anzi, eccessivamente turbante. Interessante l’apporto di Edoardo De Piccoli, Principe appunto, anche se non sempre convincente. Si intravvedono le potenzialità che si affineranno nel tempo con la messa in scena dello spettacolo. Dati i molti spunti, la storia coinvolgente e necessaria e le tecniche utilizzate messi in campo, siamo certi che questo spettacolo riuscirà nel tempo a rivelare completamente le sue intenzioni e il suo prevedibile e evidente valore.

ROSSELLA MARCHI





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