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Eolo
recensioni
GIOCATEATRO 2016 A Torino
LE RECENSIONI DI MARIO BIANCHI,EUGENIA PRALORAN, ELENA SCOLARI

Dopo la “ striminzita” edizione dell'anno scorso, a Torino, la Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus ha invece, in modo molto appropriato e gioiosamente proficuo, festeggiato i primi10 anni della Casa Teatro Ragazzi e Giovani con una corposa e ben nutrita XX edizione del “Giocateatro”, la manifestazione che da 4 lustri chiama a raccolta nel Capoluogo piemontese il meglio del Teatro ragazzi non solo italiano.

In questo modo, dal 13 al 15 aprile 2016, la manifestazione promossa e organizzata in collaborazione dalle Compagnie del Progetto Teatro Ragazzi e Giovani Piemonte, con la collaborazione della Fondazione Piemonte dal Vivo e del Circuito Regionale Multidisciplinare, ha dato la possibilità al pubblico dei bambini e di operatori provenienti da tutta Italia, ma non solo, di vedere ben 18 spettacoli dedicati all'infanzia e alla Gioventù.

La giornata iniziale ha avuto il suo clou nella celebrazione dell'anniversario dei primi dieci annidella Casa Teatro Ragazzi e giovani a cui hanno partecipato tutti quelli che hanno contribuito alla sua realizzazione. Presentati dal direttore artistico della struttura Graziano Melano, sono stati applauditi tutti i politici di diversa provenienza, gli operatori e gli artisti che hanno fatto sì che questo luogo , unico in Italia, potesse essere  creato, sviluppando progetti, programmando centinaia di spettacoli e  accogliendo migliaia di bambini, ospitando le strutture torinesi più importanti che si occupano di questa tipologia di teatro, ma non solo.


Edizione corposa si diceva, quella del Giocateatro, composta soprattutto da Compagnie piemontesi, ma che ha spaziato anche verso creazioni di altre regioni limitrofe, Lombardia e Liguria, in primis.


Molte, come detto, le produzioni piemontesi presenti, dall'ultima creazione di Giorgio Bocassi di Coltelleria EinsteinIl secreto di Dedalo”, promettente,ma ancora acerba e non pronta per un debutto adeguato, a “Roclòdella Compagnia "Claudio e Consuelo" che, coraggiosamente, seppur con esiti alterni, sempre con l'aiuto di Bocassi, ha cercato di proporre il suo consumato e divertente modo di stare in Strada sul Palcoscenico, a Eleonora Frida Moro la quale, dopo l'ottimo risultato dello spettacolo sulla figura di Giovanni Falcone, ha continuato il suo percorso di teatro civile, addentrandosi con “Maestro” nel mondo dello sport per narrare con efficacia la storia di redenzione a Scampia del giovane Filippo, su una lineare e figurativamente composta scenografia di Lucio Diana .


Il torinese Dottor Bostik, da parte sua, su ideazione di Alfonso Cipolla, ha regalato al festival un gustoso divertissement per un pubblico totale dedicato all' Aida verdiana dove piatti, posate, coperchi, cavatappi con l'aiuto di Oliviero Pari (basso), Laura Scotti (soprano) e della famiglia Arru, padre e figlio, ci hanno trasportato in un Egitto del tutto reinventato con risultati nel complesso godibili.

Il lombardo Dario Moretti di Teatro allImprovviso inLuna” invece ha composto un grazioso e poetico teatrino pittorico narrando le avventure di una maestra e dei suoi piccoli allievi.

Da ricordare anche gli ultimi venti minuti della compagnia Artekor Duet che in Cromosoma accompagna la vita nel suo lento trascorrere di una coppia felice attraverso il teatro danza e il circo. 

Per quanto riguarda il progetto DNA abbiamo rivisto il convincente Game Over della Compagnia GenoveseBeltramo, Oltreilponte Teatro,Agata e il suo piccolo mostrodi cui ci approfondirà stile e tematiche Eugenia Praloran eGiardinettidel Mulino di Amleto di cui parlerà invece Elena Scolari "Biciclette con le ali" di Onda Teatro.

La serata clou del Festival è stata dedicata a “Paracadutedella compagnia Nino DIntrona/Fondazione TRG Onlus, dove gli ottimi Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci imbastiscono un commosso omaggio alla figura del padre del regista in uno spettacolo che a nostro avviso é riuscito solo in parte a rendere universale un tema assai personale come quello della “Assenza”. Anche di questo spettacolo e di "Don Chisciotte" di Fondazione TRG Onlus ci relazionerà Elena Scolari.

Infine ne “La mia amica nuvola Olgadel Teatro dell'Archivolto, tratto da una storia della disegnatrice triestina Nicoletta Costa, con le musiche di Daniele Silvestri,  con Gabriella Picciau su regia e drammaturgia di Giorgio Scaramuzzino, nei 25 minuti che la nostra amichevole pazienza ci ha consentito di sopportare, abbiamo visto tutte le componenti che uno spettacolo dedicato ai bambini non dovrebbe possedere, secondo noi, e per il nostro gusto, almeno, conoscendo poi come attrice e regista sappiano parlare ai bambini in ben altro modo, adeguato e profondo.


Portare in scena per l'ennesima volta la fiaba anderseniana deIl brutto anatroccolo” é esperimento altamente rischioso ma nel contempo assai stimolante, tanto l'evolversi della fiaba sembra essere foriero di mille suggestioni e significati ancora oggi perfettamente attuali e quindi adattissimi da proporre per la scena per i ragazzi contemporanei e non solo per loro.

Silvano Antonelli per la Compagnia Stilema Uno teatro ci ha provato con esiti felicissimi componendo nel suo stile personalissimo un vero e proprio inno alla vita in tutte le sue forme.

Come sempre, partendo dagli stimoli e dalle risposte avuti dai continui laboratori effettuati nelle scuole e dalle frequentazioni dirette con il pubblico di riferimento, l'artista piemontese entra direttamente nella sensibilità del mondo infantile con poesia e leggerezza.

Cosa ti fa sentire "a posto" oppure "in difetto"rispetto a come "si dovrebbe essere"? Ha chiesto a decine di bambini ponendo l'accento sulle mille identità che l'universo mondo possiede.

Lo spettacolo quindi in modo naturalissimo e senza alcuna forzatura retorica ci parla di diversità ma non solo.

La scena e' dominata da un grande uovo da dove escono di volta in volta, attraverso uno stile che ben conosciamo, i componenti della numerosa nidiata di una mamma, che diventa paradigma della molteplicità del mondo in cui per fortuna viviamo.Ognuno ovviamente dei piccoli, come accade nella vita é assai diverso dall'altro e fanno bella mostra di sé sparsi per tutto il palcoscenico, mentre le stagioni della vita e del tempo passano.

E poi anche come in ogni classe che si rispetti ci sono le gemelle sapienti, c'è chi fa fatica a camminare, chi ha gli occhiali e fa fatica a leggere (ma si sa poi che la parola é formata da occhi e ali), c'è chi ha la pelle un po' più scura e chi più chiara, chi fa il simpaticone e nel contempo chi fa fatica a scavalcare un gradino con la sedia a rotelle, o chi povero lui, è un po' troppo sensibile. Così accade anche per i cigni, che non possono essere tutti belli, perchè se no chi sa che noia il mondo, insomma, un mondo dove ognuno ha un suo modo particolare di volare.

E' una cantilena quella di Antonelli, a volte irriverente, pervasa da un filo di ironia che bacchetta giustamente anche gli adulti, così presi a fare il loro lavoro troppo in fretta per accorgersi di chi resta indietro . E così lo spettacolo senza che noi quasi ce ne accorgiamo parla di diversità, di bullismo, di inadeguatezza ma anche di accettazione della vita per quella che è, perchè ognuno di noi la vita in fin dei conti deve costruirsela da sé, la vita, facendo diventare le nostre fragilità una forza, accettando le differenze e le unicità di cui ognuno è portatore.

E perfino il volo, diventato ormai paradigma stucchevole nel teatro ragazzi, diventa metafora bellissima e qui sì necessaria, quando l'immagine dei bambini, quelli veri che hanno ispirato le storie vissute sul palcoscenico, appaiono sullo schermo. Perchè il teatro in fin dei conti sono dei pensieri che si travestono.






Rischiosissimo e per questo assai raro trovare nel teatro ragazzi il tema della malattia, sia per l'argomento considerato stoltamente (come del resto la morte e la sessualità) un tabù e quindi da non offrire in nessun modo al giovane pubblico, sia per l'alto tasso di retorica che il tema potrebbe contenere. Ci ha provato con buoni risultati Santibriganti Teatro conAhi!Ahia! Pirati in corsia”dove Luca Busnengo e Fulvia Romeo sono rispettivamente Camillo, un giovane infermiere e Nina, una ragazza malata che si ritrovano in una stanza di ospedale.

Lo spettacolo attraverso la rappresentazione di vari spezzoni di vita, spesso accompagnati da sole azioni, intromette gli spettatori nei riti di una quotidianità composta dai soliti gesti che accompagnano la lunga degenza di una piccola malata alla ricerca di una cura per una malattia grave, rappresentata da una bandana che ricopre il capo di Nina.

Il rapporto tra i due protagonisti, prima conflittuale, si trasforma piano piano in un 'amicizia che si fa sempre più forte, attraverso la metafora proposta dalla lettura dell'Isola del Tesoro di Stevenson, insita soprattutto nel rapporto tra il giovane Jim e Long John Silver, il pirata paternalmente cattivo, non solo rappresentato dall'infermiere ma dalla stessa malattia sempre in agguato.

E così in questo modo Nina e Camillo affrontano insieme giocando la loro battaglia contro il male , alla fine sconfiggendolo. Si ritroveranno senza saperlo, molto tempo dopo, ancora una volta in ospedale per un incontro inatteso che ci ammonisce come la speranza ci debba sempre accompagnare, anche nei momenti più difficili.

Ahi!Ahia! Pirati in corsia”parla in modo dolcemente furtivo, senza quasi mai accennarli, al dolore e alla sua paura, in qualche modo puntando il suo accento piuttosto sulla ospedalizzazione che sul tema più spinoso della malattia, ma lo fa in modo rispettoso verso uno spettatore bambino che della morte ne ha appena sentito parlare.

Dopo “YoYo perdiruota” , nato dal desiderio di raccontare la disabilità che incontra l’abilità, lo spettacolo ne continua il tema in modo interessante, attraverso l' incontro con l’UGI-Unione Genitori Italiani e con i volontari, genitori, infermieri, medici, ma soprattutto bambini ospiti dell’Ugi e ricoverati nei reparti di lunga degenza dell’ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino.

MARIO BIANCHI


BICICLETTE CON LE ALI – In volo con i fratelli Wright | Onda Teatro


di Silvia Elena Montagnini e Bobo Nigrone
con Silvia Elena Montagnini
regia Bobo Nigrone
disegno luci Simona Gallo
collaborazione all’allestimento tecnico Edoardo Giuliani


Un’avventura di cocciutaggine e sacrificio. Il sogno di due meccanici con l’ambizione di inventare “una macchina volante”.
Biciclette con le ali racconta la vita dei due fratelli Wilbur e Orville Wright, nell’America del primo novecento, che partendo dal meccanismo di corone e catene della bicicletta arrivano a realizzare il Flyer, il primo mezzo motorizzato più pesante dell'aria ad aver eseguito un volo controllato, il 17 dicembre 1903, a Kitty Hawk, una ventosa cittadina marittima della Carolina del nord.
E’ una convincente Silvia Elena Montagnini a narrare questa avvincente storia di esplorazione volante, con il solo ausilio in scena di una bicicletta e due bombette. La vicenda è raccontata con precisa fedeltà ai punti salienti della ricerca dei Wright, le spiegazioni tecniche sono facili da seguire e il testo bada all’essenzialità senza appesantire di nozioni troppo complesse: ci viene detto abbastanza per capire pur non essendo esperti di fisica aerea o di calcoli ingegneristici. Ma soprattutto ci viene restituito con efficacia l’entusiasmo di due giovani uomini con un sogno, un sogno che inseguono con testardaggine e costanza, alternando delusioni e slanci, successi e fallimenti. Fino alla riuscita finale: il volo di 13 secondi del pioneristico Flyer, pilotato da Orville Wright.
Biciclette con le ali gode della decisa regia di Bobo Nigrone, un segno limpido e senza fronzoli, con la giusta fantasia nell’usare pochi oggetti per rappresentare personaggi e atteggiamenti, Montagnini è brava nel dare caratteri ben distinguibili ai due fratelli e agli altri personaggi di contorno come la sorella e il padre. Un esempio di come una bella storia, la salda capacità interpretativa e un testo scorrevole e ben scritto siano ingredienti necessari e sufficienti per far immaginare luoghi e situazioni coinvolgendo il giovane (e non) pubblico.
Con questo lavoro Onda Teatro dimostra come si può trasmettere l’importanza dell’impegno e della fatica per ottenere risultati in ciò che ci appassiona senza essere moraleggianti. A questo proposito segnaliamo che i fatti di Hiroshima e Nagasaki (tragedie indirettamente rese possibili dall’invenzione dell’aereo) necessariamente solo accennati, risultano troppo superficiali perché la riflessione abbia la giusta sostanza. Lo spettacolo ci sembra completo con la chiusura della parabola familiare, ciò che accadrà dopo non è materia di questo volo.


PARACADUTE/PARACHUTE 

Cie Nino D’Introna (Francia) - Fondazione TRG onlus

Testo, regia e concezione visiva Nino D'Introna | Con Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci | musiche e universo sonoro Patrick Najean | luci Andrea Abbatangelo | costumi Robin Chemin | tecnici dello spettacolo Agostino Nardella, Sara Brigatti

Collaborazione alla versione in lingua francese Angelique Heller

Collaborazione alla versione in lingua italiana Anna Montalenti


In Paracadute abbiamo avuto il piacere di vedere due bravi attori, Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci, dei quali abbiamo nuovamente apprezzato la disinvoltura di una recitazione completa per la capacità di passare fluidamente da registri leggeri a toni più seri e per una particolare padronanza dello spazio scenico. Lo spettacolo presenta due personaggi, fratelli, in un tempo sospeso dalla loro nascita alla loro età adulta passando per episodi cardine come i giochi dell’infanzia, il rapporto con i genitori, il collegio lontano da casa e la colonia al mare, i primi batticuore fino alla scelta di un lavoro.
Ogni situazione è ben delineata e le differenze caratteriali dei due fratelli - il maggiore più avveduto e il minore più istintivo - disegnate con cura. Meno approfondita è invece la modalità con cui sono affrontati temi complessi e importanti come la difficoltà di capire un padre che lascerà la famiglia per creare una nuova coppia e che provocherà quindi un distanza, o l’amore per la madre, tenerissimo e incondizionato da parte di entrambi. Rappresentare i sentimenti è un’operazione delicata ed è facile sfiorare il sentimentalismo, qui si sente una mano registica senz’altro poetica ma non esente da qualche atteggiamento retorico, coerente con un apparato scenico di grande effetto ma che indulge ad alcuni cliché un tantino frusti: grandi teli bianchi che diventano il mare o cieli trapunti di stelle grazie a proiezioni e luci blu, lunghe corse sugli immancabili stridii di gabbiani…

Il Paracadute del titolo diventa soprattutto elemento di scena ma non ci sono sembrati chiari alcuni passaggi del testo legati al senso forse metaforico di questo oggetto simbolo. Rendere più intelligibili alcuni nodi drammaturgici potrebbe essere d’aiuto per evidenziare il valore universale di esperienze personali.


DON CHISCIOTTE | Fondazione TRG


Regia e drammaturgia Luigina Dagostino | Con Claudio Dughera, Daniel Lascar, Claudia Martore | Scenografia Claudia Martore

Spettacolo realizzato in collaborazione con la Fondazione Bottari Lattes in occasione del progetto Don Chisciotte, Monforte d’Alba (Cn)

Quest’anno ricorre anche l’anniversario della morte di Cervantes, oltre che di Shakespeare e questo Don Chisciotte ci ricorda quanto ci siano indispensabili la fantasia e l’immaginazione che l’autore ha messo nel proprio capolavoro, pieno di fantastiche invenzioni e ingenue finzioni. Le avventure e le disavventure del Cavaliere della Mancha sono qui messe in scena con grande energia e con una travolgente spontaneità che coinvolge i bambini nei giochi dei tre giovani attori.

La regia di Luigina Dagostino è dinamica e movimentata, forse eccede un po’ in macchiettismo a scapito di una più sfaccettata rappresentazione di don Chisciotte che – almeno nella prima metà dello spettacolo – appare più sciocco di quanto non sia in realtà, è solo nella parte finale che gli viene resa giustizia, spiegando il senso della sua follia e il valore della sua falsificazione della realtà. Numerose soluzioni sceniche rendono vivace una durata un po’ dilatata e che insiste molto sul registro comico che si stempera solo in chiusura.

L’adattamento dal romanzo sceglie alcuni degli episodi più noti dell’opera di Cervantes, rendendo il tutto una grande girandola di giochi e sketch spassosi, a discapito di una lettura che potrebbe essere – crediamo -un poco più poetica, anche se rivolta al pubblico dei bambini.



GIARDINETTI | Il mulino di Amleto


Drammaturgia di gruppo, parole di Fabio Bisogni

con Fabio Bisogni, Marco Lorenzi, Barbara Mazzi, Alba Maria Porto

luci e fonica Giorgio Tedesco foto di scena Giorgio Sottile


Giardinetti è uno spettacolo piuttosto anomalo nel panorama del teatro per ragazzi. Il lavoro è infatti caratterizzato da uno stile surreale e da una cifra recitativa corale retta da una buona amalgama tra i quattro attori in scena, impegnati a mantenere un ritmo serrato di circostanze-tipo affrontate con originalità. Si vogliono indagare il comportamento problematico di una mamma distratta e costantemente al cellulare, in difficoltà nel mostrare affetto alla figlia, la signora finirà per perdere la bambina ai giardinetti, appunto, e questa temporanea perdita darà la stura ad un percorso di maturazione per entrambe. In una struttura che avanza per quadri, vedremo una serie di incontri bizzarri e di situazioni ironiche nelle quali poche parole saranno i perni intorno a cui far girare personaggi improbabili, bambini con nomi di cartoni animati che tutti i nati negli anni ’70 hanno seguito, mamme in continua ricerca dei figli che – simbolicamente – sono sempre altrove e vivono una loro personale via di fuga e di crescita che farà loro scoprire l’importanza di provare anche ciò che non si conosce.
In Giardinetti si apprezza la scelta di utilizzare un linguaggio originale per trattare argomenti che si ritengono tradizionalmente temi chiave per rappresentare gli aspetti difficoltosi del processo di formazione. E’ senz’altro interessante l’idea di scardinare la fluidità narrativa a favore di una più spiazzante tecnica “destrutturante”, sicuramente gradevole per i grandi, non sappiamo se completamente leggibile anche da parte dei bambini.

ELENA SCOLARI


Candeline a sorpresa per il Decimo compleanno per la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani


Decimo compleanno per la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani, un tempo Cabina Elettrica di Corso Galileo Ferraris, quindi rudere semidiroccato, poi cantiere, e oggi grande e rodato spazio teatrale con due sale e spazi per laboratori che ci piacerebbe veder utilizzare davvero a fondo, accogliendo sempre più compagnie, iniziative ed artisti da Torino, dal Piemonte, dall’Italia, dal mondo, per un cartellone costantemente ampio, rappresentativo e prestigioso, a partire dal fatidico chilometro zero.

Il fatidico e speriamo beneaugurale decimo compleanno è stato festeggiato la sera di sabato 2 aprile con una replica di “Out”, della Compagnia Unterwasser, e con la prima italiana di “Ficelles” della Compagnia belga Les Pieds Dans Le Vent, spettacolo ben rodato, adatto anche al pubblico più giovane, che ha collezionato centinaia di repliche prima di sbarcare finalmente a Torino con una versione in lingua italiana.

Per la regia di Véronique Dumont, storia, oggetti e manipolazione di Valérie Joyeux e Vincente Raoult, intelligente scenografia di Artaud Van Hamme, divertenti costumi e piccoli decori di Marie Kirsten. Testi brevissimi: poche felici battute, tutto è questione di gesto e di ritmo, ritmo, ritmo.

Monsieur Ficelle s’amuse. Attorno e all’interno di un grande e ingegnoso teatrino, una coppia di colorati e coloriti attori/manipolatori dà vita a una gradevole antologia di brevi avventure di piccoli personaggi realizzati con corde, spaghi, funicelle, fili, e quant’altro può essere annodato, appeso, sospeso, tirato in gioco, in ballo, in guerra, in volo. I gesti lenti ed antichi di un mestiere oggi dimenticato, ma un tempo fondamentale, scandiscono gli intervalli fra un episodio e il successivo. Alla fine dello spettacolo, sarà svelato il mistero del gesto, e il mestiere di chi lo compiva affinché alcuni potessero ordinar dodici dozzine della migliore, e altri accontentarsi di un mozzicone…

Interessante anche la colonna sonora, con arrangiamenti di brani tratti dal repertorio del Carnevale belga, ricco degli apporti delle tante etnie che nei decenni hanno cercato, e trovato, in Belgio casa e lavoro. Un travolgente arrangiamento di Bella Ciao celebra il patrimonio musicale delle tante famiglie italiane un tempo emigrate e oggi, dopo grandi sacrifici, integrate in Belgio, ma il ricco panorama sonoro celebra le culture di diversi continenti. Molto piacevole!





Agata e il Suo Piccolo Mostro: Fabiana Ricca Oltre Il Ponte


La Compagnia torinese Oltreilponte Teatro si è caratterizzata fin dalla fondazione nel 2004 per l’assoluto rigore nella ricerca di una contaminazione coerente degli universi del Teatro d’Attore e del Teatro di Figura, insieme a una forte vocazione per il Teatro Popolare. Oltreilponte Teatro crea validissimi spettacoli sia per il pubblico adulto che per l’infanzia, e avendo ben presente la lezione di Rodari non tratta mai il pubblico più giovane con stucchevole condiscendenza, come troppo spesso si vede fare da parte di Compagnie che pure dichiarano aver per missione l’intrattenimento e l’educazione dei pargoli.

Beppe Rizzo, attore, musicista, drammaturgo, compositore e burattinaio, fondatore e direttore artistico di Oltreilponte Teatro, persegue con tenacia la realizzazione di forme contemporanee nella continuità della tradizione. Laureato con lode in Lettere e Filosofia, Beppe Rizzo ha studiato composizione musicale presso il Conservatorio di Torino, e si è formato presso la GRM-Scuola di Teatro diretta da Giovanni Moretti e Alfonso Cipolla, inoltrandosi sempre più in profondità nell’universo del Teatro di Figura.

Quando, nel 2011, Fabiana Ricca ha integrato la vita della Compagnia, avrebbe potuto accontentarsi della propria formazione ed esperienza come interprete di Teatrodanza, limitandosi ad applicare le convenzioni dei linguaggi da cui proviene, essendosi formata presso l’Atelier di Teatrodanza della Scuola di Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano, e presso il DAMS di Torino dove ha conseguito la laurea con lode in Storia della Danza. Persone con un bagaglio ben inferiore al suo non dànno segno di volersi smuovere di un millimetro dalle loro piccole isole. Ma Fabiana Ricca, che peraltro si era già avvicinata al Teatro Fisico e di Narrazione, ha deciso di seguire Beppe Rizzo nella multidisciplinarietà della ricerca, per apprendere l’arte del Teatro di Figura lungo la strada ripida della drammaturgia teatrale più rigorosa.

Là dove l’interprete di Teatrodanza, e spesso anche l’attore, convenzionalmente decora e ricama con il gesto e la parola, imponendo la propria fisicità e presenza scenica, Fabiana Ricca sta rapidamente imparando a mettersi al difficile servizio del burattino e dell’oggetto scenico, che esigono l’assoluta umiltà, dedizione e trasparenza del manipolatore, e ad applicare il feroce metodo a levare, che in drammaturgia dà meravigliosi risultati. Ha già dato prova di valido mestiere. Valga l’esempio della Gatta Cenerentola, con la quale insieme a Beppe Rizzo ha ottenuto il Premio Giocateatro 2012 e vinto il Bando Next 2015 promosso da Piemonte dal Vivo/Regione Piemonte.

Per Giocateatro 2016 Fabiana Ricca ha presentato la prima di “Agata e il suo piccolo mostro”, creazione di freschissimo conio, ancora tutta da rodare, tour de force in cui per la prima volta è unica narratrice, manipolatrice, burattinaia.

Con il linguaggio caratteristico della Compagnia Oltreilponte, Fabiana Ricca narra la storia di una bambina pestifera e viziatissima che dovrà imparare a convivere con il resto del mondo e anche con la rabbia derivante dall’impossibilità di comandar tutti a bacchetta… fino a scoprire che la vita in armonia con gli altri è assai più ricca e bella di quanto non lo sarebbe quella di una piccola tiranna che spadroneggia con arroganza.

Ideato e creato da Beppe Rizzo e Fabiana Ricca nell’ambito del Progetto D.N.A., Drammaturgie Non Allineate a cura di Unoteatro, “Agata e il suo piccolo mostro” è uno spettacolo di narrazione e Teatro di Figura di elevato valore educativo, che parla di maturazione, di piccole rabbie e grandi dispetti, della difficoltà di crescere ma anche di educare, della necessità di costruire il futuro attraverso il giusto approccio al presente, in casa e a scuole e nella vita di tutti i giorni.

Reso agile da una scheda tecnica leggerissima, adatto a spazi scenici anche minimi e anche a spazi non convenzionali, “Agata e il suo piccolo mostro” nella forma in cui è stato presentato risulta piuttosto lungo, e deve trovare tempi, ritmo e respiro, ma è decisamente interessante. Siamo grati a Fabiana Ricca, che ha il coraggio di allontanarsi dagli asfodeli di Tersicore e dai garofani di Pina per navigare Oltre Il Ponte, alla conquista di ulteriori frontiere del Teatro. Insieme a Beppe Rizzo i risultati non mancheranno.

EUGENIA PRALORAN






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