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ANDREA ALFIERI CI PARLA DEL FESTIVAL"IMPERTINENTE"A PARMA
IL FESTIVAL DI TEATRO DI FIGURA ORGANIZZATO DALLE BRICIOLE


IMPERTINENTE

FESTIVAL DELLE FIGURE ANIMATE

Parma, Teatro al Parco, 4-10/12/2015





L'impertinenza trova casa a teatro, e curiosamente lo fa con un festival dedicato al teatro di figura. Forse un contesto che sembrerebbe il meno indicato, forse spettacoli di marionette, burattini o maschere e pupazzi dovrebbero essere relegati a un immaginario di semplici giochi innocenti per bambini. Forse la ricerca o l'innovazione teatrale sono ambiti più seri e importanti per incontrarli in una rassegna dove è l'animazione a farla da padrone. Ma forse basterebbe solo allontanare i soliti pregiudizi per rendersi conto che è proprio l'impertinenza, con il suo spirito irriverente e anticonformista, a valorizzare questo genere di linguaggio. Un linguaggio dall'antica origine popolare e abituato ad accogliere un pubblico eterogeneo, con le sue tecniche artigiane e le sue culture universali. Il Teatro delle Briciole di Parma ha dedicato una settimana, dal 4 al 10 dicembre, a presentare un ricco programma di spettacoli, eventi ed incontri a questa preziosa arte. Un progetto, giunto alla seconda edizione, che ha esplorato la maestria di raccontare la vita e le passione umane, senza sottrarsi a nessuno degli aspetti della realtà, mettendo al centro la figura, trasformando gli oggetti in soggetti. Perché come bene ha espresso Manuela Ferrari, patrona della omonima e storica famiglia di burattinai parmensi, “pupazzi e burattini sono attori e attrici, e necessitano di uno scultore che dia loro vita”. Dalla tradizione alla sperimentazione, sono stati numerosissimi gli appuntamenti che hanno costellato con un alveare di racconti e immagini non solo il Teatro al Parco, sede della compagnia delle Briciole, ma anche musei, gallerie e biblioteche. Non solo teatro quindi, ma anche duecento anni di storia di spettacoli di burattini della famiglia Monticelli, in una curatissima mostra sulla collezione della secolare famiglia d'arte ravennate, dall'ottocento all'attuale compagnia Teatro del Drago. La presentazione del libro Pupazzi, di John McCormick e Paolo Parmiggiani, una ricostruzione sulla formazione delle raccolte del Castello dei Burattini, sede del museo Giordano Ferrari con il suo fondo di oltre mille pezzi sul mondo del teatro di figura, e dove si è inoltre tenuto un laboratorio didattico per famiglie su marionette e burattini, oltre a un altro laboratorio per bambini condotto da Riserva Canini, l'incontro con l'artista Massimo Arbarello sul connubio tra le discipline teatrali e le ombre, e l'installazione Moop, il museo degli oggetti ordinari dove sono gli stessi abitanti a comporre l'esposizione con i loro materiali donati o prestati, completano il caleidoscopio di proposte di un festival che sa onorare appieno la ricchezza e le infinite possibilità creative di un genere di teatro unico.

Inoltrandoci nel programma degli spettacoli incontriamo anche qui una molteplicità di espressioni e variegate identità artistiche, sia italiane che internazionali, in un fecondo susseguirsi di visioni e contaminazioni disciplinari.

La compagnia francese Flop con Dal Vivo! apre la rassegna con un bizzarro dispositivo luminoso, un telo bianco come sfondo dove luci e ombre dipingono un flusso particellare di narrazioni in balia delle sfocature e dei riflessi, creati in tempo reale da un attore artigiano che dirige un'orchestra di innumerevoli oggetti e attrezzi riverberati sul fondale. Una composizione organizzata in continue rivelazioni pigmentate, una poetica ricognizione sull'empirica inventiva della luce che lascia quasi ipnotizzati davanti all'accadere.

Clocwork Metaphysics è il titolo del primo studio con cui Coppelia Theatre si ispira ai quadri della pittrice surrealista Remedios Varo. Diretto e interpretato da Ilaria Drago con l'ideazione e l'animazione di Jlenia Biffi, è un'opera che miscela teatro fisico e di figura. Una fiaba arcana dalle atmosfere gotiche dove la complessità della tecnica delle marionette da polso, inventata dall'ingegnere siberiano Vladimir Zakharov in cui la robotica viene applicata al teatro di animazione, accompagnano una storia crepuscolare e senza parole incontrando la muta fisicità della Drago. Una ricerca scenica che si sviluppa sui diversi livelli della drammaturgia, della musica e della costruzione scenotecnica, coniugando la magia e il mistero evocati dai lavori dell'artista spagnola con l'enigmatica carnalità di Ilaria Drago, ma che non sembra sfruttare al massimo le potenzialità creative delle componenti. La stessa Drago risulta quasi a disagio in questa veste di ibrida narratrice.

Anche per Irene Vecchia e il suo Un caso cromosomico, autrice insieme a Gyula Molnàr, si ha come la sensazione di avvertire un certo impaccio nella gestione narrativa del lavoro. Liberamente tratto da Certe favole si capiscono troppo tardi di Marcello Fois, che a sua volta ha rivisitato la fiaba dei fratelli Grimm Il vecchio e il nipotino, è una storia sulla circolarità del destino. Raccontata con piccole statue e burattini, la vicenda si svolge a Napoli e verte attorno a una famiglia e le sue congenite eredità di errori, bivi inconsapevolmente o meno lastricati di errori e omissioni condannati a perpetuarsi, o forse a ravvedersi. Inscenata sotto forma di racconto-lezione accademica, non è avara di momenti ironicamente coinvolgenti, anche se l'esposizione a tratti si incaglia in una cadenza discontinua e frenata.

Le storie invece diventano un costume per Emanuela Dall'Aglio, nel senso letterale del termine. E ad un certo punto arrivò un cacciatore è la fiaba di Cappuccetto Rosso cucita addosso in un manufatto organico, un indumento impregnato dai frammenti della favola, confezionato da mani esperte diviene l'abito della narratrice. Tasche, pieghe e risvolti sono la dimora di un minuzioso percorso scenografico, e la lunga strada che separa Cappuccetto Rosso dalla amata nonna si schiude in una ingegnosa animazione sartoriale, dove racconto e messa in scena calzano a pennello.

Uno degli artisti che più sta conducendo in Italia un autonomo e autorevolissimo cammino all'interno del teatro di figura è Gigio Brunello. Teatrante estroso e fuori dagli schemi, dal 1978 è un punto di riferimento prezioso per le nostre scene. Nel teatro di Brunello l'animatore convive e colloquia con i suoi burattini che amano, soffrono, si sorprendono e muoiono come tutti gli esseri umani. Lumi dall'alto. Corse clandestine in città è una disarmante storia di tenerezza e dolcezza, in cui l'autore veneto si serve dei burattini per raccontare la Mestre dei migranti attraverso la storia di Kira, della sua fuga dall'Albania, del suo matrimonio e della dolorosa relazione con chi resta nel paese di origine.

Altra figura che si dedica proficuamente alla ricerca in ambito di teatro di animazione è il parmigiano Patrizio Dall'Argine e il suo Teatro Medico Ipnotico. I suoi spettacoli sono sempre legati a un'idea di burattino liberato dai soliti luoghi comuni che lo inquadrano come una innocua reliquia. Il cappello a cilindro è la storia di una città dei giorni nostri colpita da una maledizione, uno spazzino chiede ad una statua di togliere il sortilegio dalla comunità e nel frattempo arriva in città una compagnia di comici. Ecco quindi che lo spettacolo diventa un'allegoria sul potere e lo scontro tra caste, approfondendo il rapporto tra parola e movimento.

La ricerca, storica in questo caso, è l'orizzonte de La favola delle teste di legno della gloriosa famiglia di burattinai parmense Ferrari. Un excursus in forma di spettacolo dimostrativo sulle origini del teatro di animazione, una vera e propria conferenza animata sulle tecniche che hanno viaggiato per piazze e teatri dal medioevo ai giorni nostri, dalla Grecia all'estremo oriente, passando per le maschere della commedia dell'arte e le suggestioni del teatro di ombre.

Le nuove generazioni sono ben rappresentate al festival da due giovani compagnie dalle poetiche diverse ma dai più che incoraggianti esiti, Unterwasser e Dispensa Barzotti.

Out di Valeria Bianchi, Aurora Buzzetti e Giulia De Canio, che compongono Unterwasser, è stato menzione speciale dell'osservatorio studentesco del Premio Scenario Infanzia 2014. È uno spettacolo raffinato e magistralmente gratificante per gli occhi, ispirato al viaggio iniziatico di un bambino che ha un uccellino in gabbia come torace. Amministrando con cura praticamente tutto il vocabolario del teatro di figura, dalla plasticità della materia ai giochi di luci e ombre senza trascurare marionette e strutture scenografiche, Unterwasser crea un flusso ininterrotto di musiche, suoni e onomatopee uniti alla meticolosa stilizzazione degli spazi. La vivacità delle immagini colpisce tanto quanto l'intento di instillare un messaggio universale di apertura emotiva e abbandono al coraggio.

Sempre dalla fucina del Premio Scenario, ma dalla sezione dedicata alle nuove proposte della scena italiana, arriva Homologia di Dispensa Barzotti, menzione speciale all'edizione di quest'anno. Un lavoro pregevolissimo per la sua ricerca matura di un linguaggio scenico non convenzionale, e l'approfondimento consapevole sull'uso del teatro di figura in contagio con la fisicità attoriale e le illusorie atmosfere nell'artificio di apparizioni e apparenze. Un tragitto attraverso ambienti mentali per approdare all'imprescrittibilità del reale nella vita solitaria di un anziano nel suo salotto, il cui perenne dormiveglia è frustrato da intromissioni surreali e ricordi di una vita che fu.

Chiude la rassegna la compagnia belga Compagnie Karyatides con Les Miserables da Victor Hugo. Un allestimento sontuoso ed evocativo, adattato nella configurazione da tavolo e in lingua originale. Il romanzo cardine della letteratura europea ottocentesca viene vivificato poeticamente tramite un turbinio di statuine ed effetti visivi, abbracciato da un suggestivo fondale dipinto raffigurante i tetti di una Parigi nebbiosa e misterica. Karine Birgé e Marie Delhaye sono le due animatrici attrici che sanno vivere in simbiosi con i personaggi dell'opera, trasportandone emozioni e sentimenti nel coinvolgimento delle tragiche avventure. Nonostante forse l'eccessiva durata, Les Miserables sa trascinare lo spettatore in una dimensione immaginifica e visivamente possente, fondendo teatro popolare, sapiente artigianato e solida capacità interpretativa.

ANDREA ALFIERI


















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