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Eolo
recensioni
TEATRI DI NAPOLI/LE RECENSIONI
A cura di NICOLA VIESTI E MARIO BIANCHI

TEATRI DI NAPOLI

La tendenza dei festival di teatro ragazzi a presentare proposte per l’infanzia con quelle più legate ad un teatro di ricerca si sta dimostrando estremamente proficua ed una riprova viene proprio da Napoli che ha ospitato la seconda edizione degli incontri di teatro contemporaneo e teatro per le giovani generazioni. Si possono così scoprire dei territori spettacolari di frontiera come “Se77e” di Pulcinella di Mare, una formazione legata alla tradizione dei burattini napoletani, che, con questo spettacolo concepito da Gaspare Nasuto, è stata la vera sorpresa della rassegna. Nasuto si ispira al celebre film di Bergman “Il settimo sigillo” per incantarci ed inquietarci con un Pulcinella alle prese con le grandi e drammatiche domande dell’umanità mentre cerca di parlare con Dio per sfuggire alle grinfie della Morte. Il piccolo teatro per burattini diviene la cupa rappresentazione di un mondo smarrito alla ricerca di se stesso e Nasuto, senza rinunciare al più classico dei divertimenti, imbastisce però una rappresentazione laica di gotica e sontuosa fascinazione forse adatta ai ragazzi ma certamente dirompente per un pubblico adulto.
Grande rilievo in questi “Teatri di Napoli” alla supremazia della parola e, quindi, di una drammaturgia di peso espressa al meglio nell’ ”Assedio” di Mariano Dammacco per il Centro Diaghilev, un impegnativo lavoro intorno all’eroicità di Achille sorretto dalla precisa e scandita regia di Simona Gonella e dalla bravura dei due interpreti Christian Di Domenico e Saba Salvemini.
Convince anche la riflessione sul potere elaborata da “ Nessuna omelia” del Crest e Lindbergh Teatro mentre grande successo di pubblico hanno riscosso le messe in scena dedicate allo sport. Tra “Clinch” di Francesco Pititto con Stefano Jotti, che ci mostra il ritratto di un pugile “senza qualità” giunto al suo ultimo incontro, e la figura di Maradona evocata da Antonio Marfella ne “Nella solitudine dei campi di pallone”, prodotto da Rossotiziano e da Le Nuvole, preferiamo “Il cielo sopra la traversa” di Vesuvioteatro con e di Claudio Di Palma che, pur dimostrandosi meno compatto drammaturgicamente, conta però su di una accattivante resa interpretativa e su fulminee visioni spesso di irresistibile impatto.
Interessante il “Mac e Beth” di Alberto Astorri e Paola Tintinelli che, anche se caratterizzato da numerosi nodi non risolti, sa rivelarsi però vitale nel suo caos rappresentativo e consapevole di una teatralità emotivamente coinvolgente in alcuni suoi momenti. Molto atteso il nuovo lavoro di Masque Teatro “Il ragazzo criminale” che purtroppo sembra voler a tutti i costi lambire una teatralità di segno estremo che, in ultima analisi, si dimostra convenzionale ed artefatta pur contando su di una indiscutibile sapienza visionaria e su di una costruzione scenica di grande bellezza forse non completamente sfruttata.
Delude anche la produzione di Libera mente e Scene Mobili, le “Tre sorelle”, ovviamente da Cechov , nell’elaborazione di Lisa Ferlazzo Natoli. Uno spettacolo che risente fortemente di un’impronta laboratoriale con cinque giovani attrici che inseguono ognuna un proprio birignao ed una regia che non riesce ad evidenziare nella frammentazione testuale di un capolavoro un senso “forte” o almeno l’intensità di un’emozione.

SENZA MISURA
ideazione e progetto Renata Coluccini e Simona Gonella
con Renata Coluccini – regia Simona Gonella
prod. Teatro del Buratto
La Signorina Intelligenza è una tipa che ne ha viste e sopportate tante eppure, stupita o indignata, offesa o lusingata, non si è mai tirata indietro, sempre indaffarata tra un continente e l’altro chiamata ora da questo ora da quello. Soggetta ad ogni sorta di misurazione, protagonista anche controvoglia di qualsiasi, astrusa discettazione di illustri e meno illustri scienziati e studiosi, ha sopportato con olimpica pazienza – e qualche momento di doverosa stizza – le elucubrazioni che nel corso degli ultimi secoli alcuni celebri saggi hanno trasformato in teorie, a volte strampalate, tese alla misurazione degli uomini nel convincimento di dimostrare la superiorità di una razza sull’altra, di alcuni individui su altri ancora. Certo a volte “il lavoro” si dimostrava piacevole, specie quando prevedeva trasferte nella Parigi “fin de siècle”, e in alcuni casi anche entusiasmante ma la nostra Intelligenza, che ovviamente tutto può essere meno che stupida, ha dovuto ogni volta ricredersi nelle capacità di una umanità sempre in preda, anche se spesso in buona fede, di antichi vizi di onnipotenza e sopraffazione.
Simona Gonella e Renata Coluccini firmano una efficace carrellata sulle più famose, e pericolose, teorie che, forti di un presunto e inconfutabile valore scientifico, hanno condizionato i rapporti tra gli uomini dalla rivoluzione francese ai nostri tempi. Un racconto che le autrici hanno voluto dispiegare tra scienza, mito e realtà e che, nonostante l’impegno, si fa costantemente leggero e divertente in una drammaturgia attenta alle ragioni della scena ed ai suoi ritmi. La regia della Gonella, come suo solito, con rigore e precisione scandisce la narrazione in uno spazio che coniuga le fascinazioni del laboratorio medico – quanti teschi! - a frivolezze tutte squisitamente femminili. A reggere l’impegnativo peso di una proposta il cui equilibrio è in buona parte affidato alle capacità dell’interprete, Renata Coluccini si dimostra, con molta bravura, la miglior scelta possibile.
NICOLA VIESTI


Si è dimostrata oltremodo vincente,certo in conformità con i tempi che corrono, l’idea di “Teatri di Napoli” di far incontrare per il secondo anno consecutivo il teatro di ricerca con il teatro ragazzi nella città partenopea. Modalità e stili diversi si sono rincorsi per un percorso pieno di sorprese che ci ha consegnato nel bene e nel male uno spaccato molto ampio del teatro italiano di riferimento. Dalla ricerca più sfrenata,(apparentemente) più sfrenata di Masque teatro , al teatro Di figura napoletano e non solo, sino alla tradizione di Carpentieri che, impersonando Gustavo Modena, interpreta magistralmente Alfieri nel momento più emozionante del festival.
La moda dello sport a teatro rappresentata da tre spettacoli per altro tutti convincenti (“Clinch” di Stefano Jotti,”Il Cielo sopra la traversa” di Claudio Di Palma,” Nella solitudine dei campi di pallone” di Antonio Marfella) si è mescolata con lampi di drammaturgia lacerante di grande risalto,come quella proposta da Mariano Dammacco in “Assedio” ,protagonista un Achille di forte rilievo.
Molto intrigante il progetto di Libera Scena Ensemble “Museum “ dove nei giardini di San Martino si sono ascoltate tra le altre le storie di Nadar con un Lello Serao in forma smagliante , Muller e Socrate in un labirinto di emozioni intelligentemente costruito.Piuttosto defilati il peso e la consistenza delTeatro ragazzi di cui rimandiamo alle recensioni per le novità più interessanti.

TEATRO LITTA/ROBERTO CORONA
WOLFI BAMBINO PRODIGIO

Difficile spiegare ad un pubblico di ragazzi il genio di Mozart, difficile rendere compiutamente sul palco tra biografia ed approfondimento psicologico tutto quell’impasto a volte contraddittorio di sensualità, melanconia, soavità celestiale che lo contraddistingue senza cadere nel didascalico. Possiamo dire che Roberto Corona nel compiere l’ardua impresa in “Wolfi, ragazzo prodigio” prodotto dal Teatro Litta, abbia brillantemente superato la prova .
E’ pur vero che il cammino non è ancora pienamente compiuto, vi è ancora qualche scompenso drammaturgico e interpretativo ma l’orizzonte si intravede sgombro di nubi.
Dirompente e geniale l’inizio dello spettacolo con la statua di Amadeus che come “Il Commendatore” nel “Don Giovanni” prende vita e piano piano, aiutato dal maestro Massimo Cottica e dal soprano Gabriella Locatelli che accompagnano musicalmente il regista/autore nell’impresa, il grande musicista in persona incomincia a raccontare della sua vita. Seguiamo Wolfi nel suo peregrinare per l’Europa, comprendiamo il suo disagio nei confronti del padre Leopold e della società salisburghese, percepiamo la sua profonda melanconia, tastiamo con mano la sua difficoltà nel rapportarsi con l’altro sesso, ascoltiamo e gustiamo dal vivo ed in registrazione la sua musica.
Infine quando Wolfi fugge dal palcoscenico per immergersi nel caos della nostra vita di tutti i giorni ne comprendiamo tutto il disagio che è poi in definitiva il nostro e sarà proprio per questo che la sua musica è uno dei nosri rimedi preferiti a tutto questo sconquasso. Insomma lo spettacolo è una specie di puzzle composto di tanti tasselli che nell’intento di Corona devono riconsegnarci se non tutta la consistenza del genio Mozartiano( sarebbe impossibile) almeno i contorni del suo mondo.
Come detto l’intento ci pare riuscito, sacrificheremmo volentieri qualche cenno biografico troppo prolisso ad un maggiore approfondimento di altri aspetti della sua anima ma il mix tra contenuti didascalici e più prettamente teatrali ci pare Adeguato. L’impronta di Roberto Corona è molto forte sul palcoscenico sia nella costante ironia che pervade lo spettacolo sia nell’uso della scenografia (a partire dal pozzo magico da cui scaturisce la musica mozartiana ) sia soprattutto nella sua presenza spesso perfino troppo ingombrante ma che deve necessariamente sopperire a volte alla poca dimestichezza con la recitazione dei due comprimari ma anche questa asperità con il tempo verrà sicuramente smussata.

PULCINELLA DI MARE
GASPARE NASUTO
SE77E
Sarà un caso ma lo spettacolo che più ci è piaciuto a “Teatri di Napoli” è stato uno spettacolo di burattini, “SE77E “ di Gaspare Nasuto un incanto per l’intelligenza e per il cuore,uno dei rari casi , in cui i confini della baracca si dilatano fino a non esserci più, sostituiti da un mondo in cui immergersi sino in fondo. Ispirandosi niente meno che a “Il settimo sigillo”di Bergman , Nasuto, colloca Pulcinella in un mondo di guerra e di dolore, rischiarato solo dalla consapevolezza che la vita debba essere vissuta anche contro la morte che infatti come succede in tutte le guarratelle che si rispettino gli si para davanti. Per salvare la sua famiglia Pulcinella dovrà giocare,, come esattamente accade nel film di Bergman a scacchi con lei .Nel frattempo dovrà andare a trovare Dio . Pulcinella parte cercandolo ovviamente tra gli umili come lui e come in una caccia al tesoro piena di rimandi alla fine riuscirà a salvare la sua famiglia concedendosi alla morte. Uno spettacolo dove le tipiche soluzioni delle guarratelle vengono stravolte in un gioco solo apparentemente intellettuale , pieno invece di grande umanità dove ognuno di noi ci si può ritrovare,un gioco dove regna indimenticabile il personaggio del matto che alla fine dà l’unica risposta plausibile,Dio è amore. Gaspare Nasuto si conferma, burattinaio di razza che mischia sapientemente ricerca a tradizione in uno spettacolo melanconico ma molto divertente dal ritmo prodigioso e incalzante .
MARIO BIANCHI




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