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Eolo
recensioni
Oh, boy spettacolo sull'omosessualità
Ls recensione di Mafra Gaglardi sullo spettacolo di Fondazione Aida diretto da Nichetti

Dagli anni Novanta in poi la letteratura per ragazzi, secondo la bibliografia prodotta l'anno scorso dalla rivista LiBer, ha pubblicato un'ottantina di libri di fiction più una decina di divulgazione in cui compare il tema dell'omosessualità. E si tratta spesso di opere tradotte da altri paesi, più avanti di noi nella lotta contro i pregiudizi e le stereotipie che riguardano la sfera dell'amore gay.
E il Teatro Ragazzi? Non mi risulta che l'argomento sia mai stato affrontato (o almeno io non lo conosco).Il primo spettacolo che tratta apertamente di questo tema tabù l'ho visto in anteprima a Trento a metà novembre (al Teatro Cuminetti del Centro s. Chiara ) nell'ambito di un progetto promosso dalla Fondazione Aida di Verona. Si intitola Oh,boy!, come il romanzo che l'ha ispirato, e Maurizio Nichetti, noto uomo di cinema, (ma agli inizi della carriera ha lavorato per un periodo con Quelli di Grock), lo firma per la regia Oh,boy !di Marie-Aude Murail, pubblicato in Italia dalla Giunti otto anni dopo l'edizione francese ( e anche questo la dice lunga sulle esitazioni degli editori nostrani) è un romanzo bellissimo.

Ha ottenuto nel 2008 il premio come miglior libro dell'anno per ragazzi e racconta una storia in cui si rintracciano molti dei topoi della letteratura infantile: l'orfanità, l' abbandono, l' adozione, la lotta contro la malattia.Ma il protagonista ,o meglio il co-protagonista, - perché è importante anche il personaggio del fratellastro Siméon, un quattordicenne intellettualmente superdotato - è un giovane omosessuale dichiarato e impenitente, Bartélemy detto Bart.
Un 'finocchio ' nella definizione spregiativa della sorellastra Josiane, 'totalmente inaffidabile ' secondo la giudice che deve decidere a chi affidare i tre piccoli Morlevent, suoi fratellastri, rimasti senza genitori. Ma i tre orfani, sorretti da un tenace attaccamento alla vita e da un senso forte di reciproca solidarietà, vorrebbero proprio Bart come tutore e la sua casa come dimora.
E Bart, senza rinunciare alla sua giocosa spensieratezza, intraprende, quasi senza rendersene conto, un percorso fatto di generosità e altruismo: si prende cura di Siméon, quando si ammala di leucemia, e lo assiste in ospedale, nonostante svenga alla vista del sangue. E' lui che va e viene dalla scuola al letto del malato per permettergli di continuare a studiare, lui che offre il suo sangue per una trasfusione e accoglie infine Siméon nella propria casa. Insomma, è l' eroe di tutta la storia. Un eroe sui generis, che odia ogni retorica e vive con leggerezza..
' Mettere in scena il romanzo di Murail - dichiara Nichetti - è stata una gran bella sfida. E come tale l'ho accettata, perché mi piacciono le cose difficili. Lavorando nel cinema, ho sempre cercato di produrre film di qualità 'per tutti '. Non ho mai amato gli spettacoli che classificano il loro pubblico per età e la drastica divisione tra spettacoli per adulti e spettacoli per bambini (tranne quelli molto piccoli).E Oh,boy!, sembra lo spettacolo ideale per interessare un tout public, composto da ragazzi (delle Superiori) ma anche da genitori e insegnanti. '
In effetti, in tempi di Gay Pride e di diritti civili, il tema deve coinvolgere tutta la comunità: c'è un gran bisogno di opporsi all'intolleranza e all'esclusione, di combattere i pregiudizi omofobi, di vincere le resistenze ad affrontare un tema tabu'.
Difficile, in particolare, era rendere sulla scena il protagonista gay senza cedere a una rappresentazione caricaturale , ( 'la checca tutta mossettine e gridolini ') e d'altronde senza farne un retorico eroe: Bart, con tutte le sue fragilità e contraddizioni, è un personaggio positivo non in quanto gay (il che sarebbe fuorviante), ma nonostante sia gay.

La regia ne disegna la diversità sessuale disseminando lo spettacolo di indizi in principio appena accennati , poi via via più espliciti, e lo fa sempre con grande delicatezza, quasi con pudore I giovani spettatori capiscono al volo. ' Abbiamo capito che Bart era gay, diranno poi nel dibattito a fine spettacolo,una volta rotto il ghiaccio - quando dice che ha un amico 'geloso '. Dunque fin dall'inizio la sua cosiddetta devianza si inscrive in un investimento affettivo degno di rispetto.
L'interpretazione del personaggio di Bart da parte di Filippo Garlanda centra l'obiettivo: grande espressività corporea, movimenti quasi danzanti, alcuni gesti adottati come tic distintivi (il gioco acrobatico con le palline, le strimpellature al pianoforte). Bravo, indubbiamente, con una recitazione calibrata tra candore e ironia.
La regia di Nichetti lo mette al centro dello spettacolo, eliminando tutte le figure di contorno, ad eccezione di un personaggio femminile, ( Flora Sarrubbo), che interpreta alternativamente la figura della giudice tutelare e della sorellastra Josiane, e affidando i personaggi dei tre fratellini Morlevent a tre sagome mobili, a cui a volte viene prestata la voce ( e forse questa scelta registica raffredda un po' il tessuto emotivo dello spettacolo).
La traduzione scenica riesce anche a salvare quella che è una caratteristica peculiare della scrittura di Murail: l'uso intermittente di un registro comico. In effetti, assistendo allo spettacolo, nonostante la drammaticità delle vicende rappresentate, ci scappa anche la risata: che non è derisione o sberleffo, è autentica condivisione del senso positivo della vita che, tutto sommato, il protagonista trasmette: l'accettazione di se stessi e degli altri, dell' identità di ciascuno e /o della sua diversità. MAFRA GAGLIARDI




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