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Eolo
recensioni
FESTIVAL DELLA NARRAZIONE DI ARZO
IL REPORT DI MARIO BIANCHI DELL'EDIZIONE 2016

Abbiamo frequentato con gioia anche quest'anno, seppure per un solo pomeriggio, il Festival internazionale della narrazione di Arzo, il piccolo paese del Mendrisiotto, situato sul Monte San Giorgio, nello svizzero Canton Ticino, che ha festeggiato la sua diciasettesima edizione.

Seguendo da anni con grande interesse il teatro di narrazione, avevamo già visto molti degli spetta coli presenti ad Arzo, che, dobbiamo subito dire, ha offerto quest'anno un programma di assoluta rilevanza, avendo raccolto molta parte delle eccellenze del teatro di narrazione italiano, con almeno 4 capolavori che nel corso di questi tre anni abbiamo avuto l' occasione di incontrare in altre manifestazioni:Amore e Psiche” di Daria Paoletta, “Per Obbedienza” di Fabrizio Pugliese, “La bella e la Bestia” del Baule Volante e “Più veloce di un raglio” dei sardi del Cada die.

Daria Paoletta dei “Burambò”, che ad Arzo ha presentato anche il suo lavoro in divenire” Il Fiore Azzurro” dedicato ai più piccoli, ha deliziato il foltissimo pubblico che ha gremito la Corte dell'Aglio, narrando il famoso mito di “Amore e Psiche”, storia resa celebre da Apuleio nelle sue Metamorfosi, infondendo a tutti i personaggi, dai protagonisti ai comprimari, soprattutto gli dei, attraverso la sua voce e i suoi gesti, uno spessore umano di forte epicità che viene trasmesso pienamente al pubblico per mezzo anche una ironia calda e coinvolgente.

Fabrizio Pugliese in “Per obbedienza” su tutt'altro versante, con il suo stile sommesso e partecipativo, qui racconta con grande commozione empatica, su un testo di Francesco Niccolini e regia di Fabrizio Saccomanno, della vita terrena di Giuseppe da Copertino, il santo che vola, il santo demente, innamorato della Madonna, che ha illuminato con la sua presenza un’età, quella del '700, dove “trionfano ricchezza e cupidigia da una parte e malattie gravi, infezioni, una giustizia ingiusta, una Chiesa onnipotente dall’altra”.

Infine due eccellenze assolute del teatro ragazzi italiano “La bella e la bestia “, dove la famosa fiaba con la regia di Roberto Anglisani, non viene solo raccontata da Andrea Lugli e Liliana Letterese, ma si fa davvero fiore, carne, giardino, paura e incanto e “ Più veloce di un raglio” dei sardi Cada die, liberamente ispirato a “L'asino del gessaio” di Luigi Capuana, in cui Mauro Mou e Silvestro Ziccardi, in un continuo gioco di rimandi precisi e calibratissimi, tra racconto, rappresentazione e contrappunto musicale, narrano una storia dove nulla è come appare, e dove soprattutto “sono gli umili ad avere la loro giusta rivincita sulle ingiustizie operate dai nobili e dai prepotenti”.

Ma quasi tutti gli spettacoli presenti al festival sono di grande rilevanza, a cominciare dalle due creazioni di “ Anfiteatro” : “Una piccola storia con le ali” e “ Gaya “ un' attenzione fragile, che con lievità e commozione porta in scena il tema dell'omosessualità e della sua accettazione in un mondo ostile, attraverso il racconto in prima persona di una giovane ragazza interpretata con sobria proprietà da Naya Dedemailan. “Una piccola storia con le ali”, invece, sempre scritta e diretta da Giuseppe Di Bello, con in scena ancora la Dedemailan ed un ottimo Marco Continanza, racconta la storia di una coppia di anziani e di una piccola creatura che un giorno trovano ai piedi di un cespuglio e che cambierà la loro vita.

Ad Arzo è stato anche proposto il bel lavoro visto al Festiva “Segnali” del “socievole e avventuroso” Abderrahim El Hadiri di Cicogne Teatro Arte Musica “Buon Viaggio”, su testo di Claudio Simeone, che racconta il dramma di Tarek, il bambino che vuole raggiungere l’Italia dal suo paesino situato tra Senegal, Mauritania e Mali. Il narratore, aiutato da pochissimi elementi di scena, reti da pesca, minuscoli sacchettini, alcuni giocattoli, tra cui un pallone e un camioncino in miniatura e una grande vela-carta geografica, rende umana e toccante una vicenda che purtroppo le cronache ci hanno abituato a considerare come consuetudine e non come tragedia personale di ogni essere umano, unico e irripetibile.

Abbiamo visto invece per la prima volta “ Digiunando, davanti al mare” che fa uscire dalla memoria, rendendone omaggio, la figura di Danilo Dolci, figura umanissima di un grande intellettuale, ma soprattutto di un uomo che nel dopoguerra fu sempre in primo piano in Sicilia, al fianco degli ultimi, dei diseredati, dei banditi come li chiamava lui stesso.

Giuseppe Semeraro di Principio Attivo, su un testo, scritto ancora una volta da Francesco Niccolini, nella sua accorata narrazione, dove interpreta i due personaggi, mette in relazione l'intellettuale Dolci con il diseredato Ambrogio Gallo, “ lu Zimbrogi”, fratello di lotta, che lo accompagnò in tantissime manifestazioni e scioperi in difesa dei diritti dei contadini, dei pescatori, dei disoccupati. sino al famoso grande “Sciopero alla rovescia” del Febbraio 1956, manifestazione che rivendicava il fatto che dei disoccupati per protesta andavano a lavorare rendendosi utili in lavori per la collettività. Semeraro narra con trasporto e adesione umanissima l'amicizia dei due personaggi così diversi ma mai così simili, senza nessun orpello scenico se non, accompagnato dalla musica del “divino” Johan Sebastian Bach, una semplice sedia ed un lenzuolo dove piano piano appare un'altrettanto semplice e rivelatrice scritta “Ciascuno cresce solo se sognato”.

Il Festival, percorso dai suoni festosi del gruppo Musicae Terrae, ha presentato, oltre che allo spettacolo musicale “La solitudine dell'ape” con Andrea Perdicca e gli Yo Yo mundi, anche i lavori dei gruppi svizzeri che da anni seguono il festival “ I Confabula” e “I Giullari di Gulliver” mentre Gaby Luthi e Francesco Mariotta, attraverso una narrazione a tratti ironica a tratti didascalica in “ Le mille e una golena” rendono omaggio alle zone golenali dei fiumi che rischiano di sparire per sempre.

Lo spettacolo del Sabato sera nella grande piazza di Arzo è stato invece “Potevo essere io” anche questo da noi gustato nelle sue due versioni, scritto da Renata Ciaravino; un affresco dai numerosi colori del periodo di infanzia vissuto ai margini di Milano, con la straordinaria presenza di Arianna Scommegna, una delle interpreti più prestigiose della scena italiana.

La diciassettesima edizione del Festival internazionale di Narrazione, è iniziata però giorni prima del tradizionale Week end di fine agosto, mercoledì 24 nel Chiostro dei Serviti di Mendrisio con Fabrizio Saccomanno in “Occhi che raccontano” Shoah: frammenti di un racconto di parole e musica, accompagnato dal violoncellista Claude Hauri e un ensemble musicale con il mezzosoprano Valentina Londino , Giovedì 25 nella grande piazza di Arzo con Ferruccio Cainero, che,ha dato voce a due millenni di storia con il suo “L'Arco di San Marco” e con “Milite ignoto. Quindicidiciotto”, il racconto di Mario Perrotta che, venerdì 26, ha ripercorso l'orrore della guerra attraverso le diverse, umanissime parole dei soldati che morirono a frotte provenendo da tutte le regioni italiane, durante la prima guerra mondiale.

Bene, dunque, e complimenti ai curatori del Festival e auguri per la prossima edizione !







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